Grandi mostre. 1
Libero spazio libero a Bologna

DALLA PARTE
DELLE DONNE

Qual è lo spazio dell'arte? A questa e ad altre domande rispondono cinque artiste internazionali, diverse per formazione, generazione e linguaggi. Cinque donne impegnate, anche, nel sociale, in politica, nelle questioni ambientali, antropologiche e culturali.

Marcella Vanzo

IL COLLETTIVO CLAIRE FONTAINE CRITICA I MASSIMI SISTEMI DI PENSIERO, LE STRUTTURE DI POTERE, LA POLITICA, LE ISTITUZIONI, PORTA AVANTI IL FUOCO SACRO DELLA RIVOLTA, È PROVOCATORE, SERIO, ALTRUISTA E GIOCOSO

Uno degli aspetti più interessanti delle mostre curate da Fabiola Naldi è il fatto che il suo lavoro ci sprona sempre ad allargare il nostro orizzonte cognitivo. Lei, che è anche storica d’arte, critica e docente, costruisce impianti teorici che vanno ad azzannare realtà forti, stimolanti quanto i lavori delle artiste che presenta. Figure femminili da scoprire, manifesti da leggere, opere di cui non sapevamo nulla sebbene avessimo creduto di conoscere bene le loro autrici. Opere condite di filosofia, concreta, contemporanea, spicciola, di quella che serve a rispondere alle domande urgenti del presente insomma.

Il tutto per mostrare cinque protagoniste per le quali, ancora una volta, la performance è al centro del loro lavoro. Sono personalità “storiche”, italiane e straniere. Artiste che sono anche donne impegnate in più campi: dall’insegnamento all’attivismo politico, dall’editoria all’ecologia. Stiamo parlando di Giulia Niccolai, Martha Rosler, Lucy Orta, Claudia Losi e del collettivo noto con lo pseudonimo Claire Fontaine. Andremo a scoprire le modalità con cui ognuna di loro, con la propria pratica, va a invadere lo spazio oppure il tipo di spazio che crea.


Lucy Orta, Refuge Wear, Ambulatory Survival Sac (1995).

Nel volume, non un catalogo, ma un libro vero e proprio che accompagna la mostra e raccoglie testi perlopiù inediti e interviste alle artiste realizzate per l’occasione, Naldi cita Habermas - celebre filosofo tedesco e uno dei principali esponenti della Scuola di Francoforte - e la sua visione dello spazio, ovvero il «luogo sociale come un dispositivo a tre livelli di “dissoluzione discorsiva del potere” ». Habermas ritiene che lo spazio tocchi tre sfere: la «sfera pubblica effimera », quella tipica della vita quotidiana (rappresentata dal bar o dalla strada per esempio); la «sfera pubblica messa fisicamente in scena », che troviamo nei musei, a teatro, nei concerti o nella vita politica condivisa; e infine la «sfera pubblica astratta », creata dai mass media, dai social media e dal pubblico in rete.


Naldi si interroga su quale di questi sia lo spazio dell’arte e come lo affronti ogni artista, perché nella pratica di ciascuna, attraverso scelte ben precise, troviamo una spe-cifica risposta. Quelli dell’arte sono spazi liberi o sono spazi di libertà? Sono oggetto di appropriazione o sono a disposizione? A chi appartengono? Come viene declinata la comunicazione degli spazi dalle cinque protagoniste dell’esposizione?


Giulia Niccolai (1934-2021) è stata artista, poetessa, editrice e infine monaca buddi-sta. Il suo percorso l’ha portata ad attraversare il secolo breve occupandosi di poesia sonora, visuale e concreta. Insieme al suo compagno, Adriano Spatola, ha fondato nel 1972 “Tam Tam”, una rivista trimestrale dedicata alla poesia sperimentale. A Niccolai interessava mostrare la poesia, renderla esplicita, darle corpo, farla uscire dalle pagine del libro, giocare coi suoni. Fotografa bilingue (la madre era americana, il padre italiano), dall’immagine passa alla poesia, ovvero a parole e suoni che le immagini creano, descrivono, raccolgono. Arriva alla poesia passando per un romanzo, Il grande angolo, dove racconta appunto il periodo trascorso come fotografa, che si lascia poi alle spalle.

In mostra troviamo alcuni pezzi rari, quali Poema del 1980 e Untitled (“Poema”), non datato, provenienti dal Museion di Bolzano.


Martha Rosler è quello che possiamo chiamare “un mostro sacro” . Classe 1943, vive a Brooklyn e lavora con video, fotografia, testo, installazione e performance. È stata tra le prime artiste a denunciare la guerra in Vietnam e la violenza come spettacolo quotidiano offerto a lettori e spettatori come “intrattenimento” attraverso giornali e telegiornali.

I suoi fotomontaggi, nati in quel periodo, sono una forma di indagine e accusa sociale.

Un modo per capire come la guerra - elemento sempre presente nella politica americana - raggiunga e invada la sfera privata, per allargare poi lo sguardo su temi più inerenti l’esplorazione della sfera pubblica (le logiche del controllo di massa, gli stereotipi femminili e la pubblicità). È veterana del femminismo e il suo video Semiotics of the Kitchen, dove presenta il comico cortocircuito di una casalinga, è materia di studio nelle accademie d’arte di tutto il mondo. Autrice di diversi saggi, invitata a grandi mostre e biennali internazionali, la sua retrospettiva Irrespective è stata ospitata al Jüdisches Museum di Berlino tra il 2018 e il 2019. Nel percorso espositivo attuale troviamo due video di Rosler: Vital Statistics of a Citizen, Simply Obtained del 1977 e Secrets from the Street: No Disclosure del 1980.


Claire Fontaine, Untitled (Anemic Moon) (2018).


Martha Rosler, Secrets From the Street: No Disclosure (1980), frame da video.

Lucy Orta (1966), inglese d’origine e francese d’adozione, ha fondato con suo marito, l’artista argentino Jorge, lo Studio Orta, situato in una cartiera riconvertita a est di Parigi.

Insieme a lui si occupa di reinventare il mondo e le modalità di abitarlo. L’abito, la moda, l’ecologia sono il campo di indagine e le materie di insegnamento di Lucy all’University of the Arts di Londra. L’artista analizza le modalità di interazione tra persone e luoghi attraverso gli indumenti.

Ha creato, per esempio, la serie Refuge Wear, ovvero abiti che permettono agli “homeless” di avere al contempo un vestito e un riparo vero e proprio: abiti che si trasformano in tende o sacchi a pelo. Orta mette in discussione il sistema moda dal suo interno e invece che presentare i frutti della sua ricerca sulle passerelle, lo fa per la strada. Ha deciso di non lavorare nella moda ma nell’arte e fa indossare i suoi abiti a intere comunità di persone che diventano protagoniste dell’opera artistica. In questo modo coinvolge il pubblico, interrogandolo sulle questioni più urgenti che riguardano il benessere del pianeta. In mostra troviamo due esempi della serie Refuge Wear: Mobile Cocoon with Detachable Baby Carrier del 1994 e Ambulatory Survival Sac del 1995 insieme a un disegno preparatorio.

Claire Fontaine, collettivo artistico concettuale femminista (composto da Fulvia Carnevale e James Thornhill), è stato fondato a Parigi nel 2004, con base a Palermo, dove lavora con i ready-made. Il nome deriva da una celebre marca di prodotti di cancelleria francese. Claire Fontaine si appropria di tutti gli oggetti creati per battersi, per manifestare, per andare contro lo status quo. Espone come opere d’arte monetine che nascondono piccole lame e mattoni rivestiti con copertine di libri, i Brickbats, entrambi usati come armi fai-da-te nelle manifestazioni di protesta. La sua è una poetica politica che viene dalla strada, dagli spazi autogestiti, dalla rivolta e che finisce sulle passerelle di Dior, nei musei, nelle gallerie. Il collettivo critica i massimi sistemi di pensiero, le strutture di potere, la politica, le istituzioni, porta avanti il fuoco sacro della rivolta tra una biennale e l’altra, è provocatore fino in fondo, serio, altruista e giocoso. In mostra, oltre agli oggetti, troviamo installazioni site-specific con testi di Claire Fontaine sulle pareti della sala espositiva.

“Last but not least” Claudia Losi (Piacenza, 1971). Ultimamente è stata invitata come artista in residenza allo Studio Orta in Francia, al JCVA (Jerusalem Center for the Visual Arts) in Israele, all’Art Omi International di New York e al NTU CCA (Nanyang Technological University Centre for Contemporary Art) di Singapore. È famosa per le sue balene, animali enormi e mitici realizzati in tessuto, portati sulle spalle di performers in giro per le città. La sua è un’invasione poetica dello spazio, quasi mimetica, ci fa scoprire l’arte là dove non ce l’aspettiamo, con una dolcezza inusitata e un’intensità profonda. Nella sua opera Transatlantic Flowerbed, per esempio, Losi crea paesaggi disegnandoli sulle lenzuola stese ad asciugare. Oppure, invitata a lavorare sul monte Adamello, lascia tracce quasi effimere, frasi scolpite sulle pietre durante i suoi cammini. È regista di diversi progetti collettivi che mettono al centro la comunità.

Qui ci presenta Dettaglio foto documentarie delle tappe del viaggio della balena Goliath, 1959-1977 e Lost in Wonder, un intervento site-specific.


Claudia Losi, Dettaglio foto documentarie delle tappe del viaggio della balena Goliath, 1959-1977 (2021).

Libero spazio libero

a cura di Fabiola Naldi
Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
palazzo Paltroni, via delle Donzelle 2
fino al 15 aprile
orario 10-18, chiuso sabato e domenica
La mostra è accompagnata da un volume edito da SETE edizioni
www.fondazionedelmonte.it

ART E DOSSIER N. 396
ART E DOSSIER N. 396
Marzo 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Poli opposti si attraggono; CORTOON - La strana coppia; BLOW UP - Biennale fotografia femminile; DENTRO L’OPERA - La pittura come specchio sul mondo; GRANDI MOSTRE. 1 Libero Spazio Libero a Bologna - Dalla parte delle donne; GRANDI MOSTRE. 2 Ruth Orkin a Bassano del Grappa - La freschezza dell’istante; XX SECOLO Gli autogrill di Angelo Bianchetti - Come ponti sul fiume di Laura Graziano; GRANDI MOSTRE. 3 Sophie Tauber-Arp a New York - L’incarnazione della modernità; OUTSIDERS - Evgen Bavčar: fotografo dell’invisibile; GRANDI MOSTRE. 4 Maria Maddalena a Forlì - La leggenda della santa peccatrice; GRANDI MOSTRE. 5 Plautilla Bricci a Roma - L’architettrice, la sua storia; PAGINA NERA - I sacelli di cultura hanno vita proprio dura; GRANDI MOSTRE. 6 Le donne nella pittura da Tiziano a Boldini, in due mostre a Milano e a Brescia - Un’ossessione dai mille volti; GRANDI MOSTRE. 7 La fabbrica del Rinascimento a Vicenza - Quattro eroi all’opera; STUDI E RISCOPERTE Il fuori campo nell’arte dal Trecento al Seicento - L’assenza presente; IN TENDENZA - Con Anguissola paga anche l’incertezza. GUSTO DELL’ARTE - Stinking rose.