Grandi mostre. 2
Ruth Orkin a Bassano del Grappa

La freschezza
dell’istante

Voleva diventare regista, ma alla sua epoca a una donna non era consentito. E così è diventata una fotoreporter, colta, raffinata, sensibile, che ha mantenuto nel suo sguardo la prima passione: il cinema. A cento anni dalla nascita, i musei civici di Bassano le rendono omaggio con la prima retrospettiva italiana.
Ce ne parla qui la direttrice.

Barbara Guidi

Nell’estate del 1951, di ritorno da un reportage in Israele, la giovane fotoreporter americana Ruth Orkin si ferma a Firenze per realizzare un servizio che doveva narrare per immagini l’esperienza di una donna che viaggia da sola in un paese straniero. Protagonista di un vero e proprio “foto-racconto” è una giovane connazionale studentessa di storia dell’arte conosciuta per caso, Ninalee Craig, a cui Orkin chiede di fare da modella. «È una ragazza meravigliosa e certamente una modella utile», annota Orkin nel suo diario. «Fatto quello che fa un ricercatore di “Life”: noleggiato una bici, noleggiato una Vespa, uomini che la fissavano a bocca aperta, tutti collaborativi». In quelle giornate di eccitante, frenetico lavoro, durante una passeggiata per le strade del centro, il set naturale che si presenta davanti agli occhi delle due giovani, con un gruppo di uomini che s’infervoravano al passare di Craig, ispira a Orkin lo scatto che cercava da tempo e che sarebbe rimasto negli annali della fotografia.

Frutto di una situazione cercata, ma anche risultato di quella capacità del grande fotografo di capire che davanti ai suoi occhi sta per presentarsi quello che Cartier-Bresson definiva «il momento decisivo»: American Girl in Italy sintetizza, e così facendo tramuta in simbolo, un evento, un luogo, un’epoca. Essa coniuga, in un’alchimia perfetta e misteriosa, la freschezza dell’istante colto all’improvviso con la forza evocativa del racconto. È questa forse la caratteristica che, più di ogni altra, contraddistingue l’opera di Orkin, un’opera percorsa da un intrigante equilibrio tra l’estemporaneità della foto di strada e la studiata regia di un set cinematografico. Realismo e teatralità convivono spesso nelle sue immagini che si dilatano oltre la cornice del “tempo sospeso” per farsi storia, racconto, a prescindere dal soggetto. La sceneggiatura e la temporalità dell’immagine derivate dal cinema, suo primo amore, sono centrali in tutta la carriera di questa pionieristica figura di fotoreporter e cineasta ancora poco conosciuta, soprattutto in Italia.


American Girl in Italy, Firenze 1951. Questa e le altre fotografie fanno parte del Ruth Orkin Photo Archive.


Dall'alto, marinai, New York 1940.

I Musei civici di Bassano del Grappa (Vicenza), in collaborazione con diChroma Photography, le rendono omaggio, nel centenario della nascita, con una rassegna che presenta per la prima volta nel nostro paese un’ampia selezione della sua produzione storica, centosedici scatti che ripercorrono trent’anni di carriera, e che da Bassano inizierà un tour europeo.

Figlia di un’attrice del cinema muto e di un costruttore di giocattoli, Orkin cresce dietro le quinte della Hollywood degli anni Trenta con l’ambizione di diventare regista, professione allora preclusa alle donne. La scelta di ripiegare sul fotogiornalismo non le impedirà di acquisire e mettere a frutto conoscenze rispetto ai processi e al lessico filmico maturate osservando ciò che avveniva all’interno degli Studios dove entra come “galoppina”. Applicate alla sua attività di fotografa daranno vita a interessanti esperimenti di ibridazione formale e narrativa già a partire dagli “Scrapbooks” che Orkin realizza, quasi anticipando la poetica dell’“on the road”, per documentare il lungo e avventuroso viaggio in bicicletta che a soli diciassette anni la conduce da Los Angeles a New York per visitare la World’s Art Fair del 1939. Una consuetudine con quell’ambiente che alimenterà anche la straordinaria galleria di ritratti di personaggi celebri, da Orson Welles a Robert Capa, da Lauren Bacall a Marlon Brando, da Albert Einstein a Woody Allen, che tra gli anni Quaranta e Sessanta si lasceranno catturare dal suo occhio sofisticato e delicatamente penetrante.

Quando decide di trasferirsi a New York nel 1943, e grazie anche alla successiva adesione alla Photo League, Orkin inizia un percorso che la condurrà in breve a emergere quale una delle più interessanti esponenti della poetica di esplorazione della vita urbana secondo i dettami della fotografia documentaristica. Sequenze come I giocatori di carte - selezionata da Edward Steichen per essere esposta nella leggendaria mostra The Family of Man organizzata al MoMa nel 1955 - e Jimmy racconta una storia, le foto rubate alla Penne Station, o ancora gli scatti sospesi tra storia e cronaca, come Il giorno della vittoria in Europa, affondano le loro radici nella prospettiva antropologica con cui, a partire dagli anni Trenta, la fotografia guardava la società americana uscita dalla Grande depressione e che aveva permeato progetti come Documento su Harlem di Aaron Siskind o Chelsea di Sol Libsohn, e con i quali sembra misurarsi il meraviglioso Ragazzo che si tuffa nel fiume Hudson, cronaca di una afosa giornata di agosto a New York City.

Nell’opera di Orkin però tale sensibilità si alterna sempre a momenti di più lirico formalismo modernista, erede della Straight Photography e della Photo Secession di Alfred Stieglitz e Paul Strand, e a una certa tendenza alla sperimentazione; in particolar modo, quando il soggetto umano dei suoi scatti passa in secondo piano per consegnare il ruolo di protagonista alle fisionomie delle architetture e ai contrasti tra luci e ombre, di pieni e vuoti, in una ricerca di configurazioni di forme capaci di esprimere emozioni e significati, come in Uomo sotto la pioggia, West 88th Street o come nella quasi astratta serie di foto scattate perpendicolarmente da una finestra e intitolata Dall’alto, marinai.

Colto e sperimentatore, lo sguardo di Orkin si dimostra sempre efficace nell’esprimere lo spirito del proprio tempo, trovando il suo punto di forza nell’intersezione perpetua tra fotografia e cinema che ne alimenta l’opera.
Lo dimostra quell’autentico capolavoro, dalla sceneggiatura “di sole due pagine” e realizzato con una camera a mano da 35 mm, che segna i natali del cinema indipendente americano: Il piccolo fuggitivo. Firmata nel 1953 assieme al marito Morris Engel e Ray Ashley, la lirica e delicata pellicola narra l’esilarante e avventurosa giornata da fuggiasco di un bambino di dieci anni scappato di casa perché convinto di aver ucciso il fratello.
«Non saremmo riusciti a girare i film se non fossimo stati anzitutto fotografi», scrive sempre Orkin nel suo diario. E sebbene François Truffaut si fosse dimenticato di fare il suo nome quando nel 1960 rendeva omaggio alla pellicola senza la quale non sarebbe esistita la Nouvelle Vague, ogni inquadratura, ogni scena di quella semplice ma raffinata sceneggiatura tradisce la sua presenza, e dialoga con gli scatti, singoli o in sequenza di fotogrammi, presenti in mostra. Frammenti di un racconto per immagini con il quale Orkin ha saputo, come pochi altri, narrare quarant’anni della nostra storia.


REALISMO E TEATRALITÀ CONVIVONO SPESSO NELLE SUE IMMAGINI CHE SI DILATANO OLTRE LA CORNICE DEL “TEMPO SOSPESO” PER FARSI STORIA, RACCONTO, A PRESCINDERE DAL SOGGETTO.


I giocatori di carte, New York 1947.


Ragazzo che si tuffa nel fiume Hudson, New York 1948.

Ruth Orkin. Leggenda della fotografia

a cura di Anne Morin
Bassano del Grappa (Vicenza), Musei civici
fino al 2 maggio
orario 10-19, chiuso martedì
catalogo Musei civici di Bassano del Grappa
e diChroma Photography
www.museibassano.it

ART E DOSSIER N. 396
ART E DOSSIER N. 396
Marzo 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Poli opposti si attraggono; CORTOON - La strana coppia; BLOW UP - Biennale fotografia femminile; DENTRO L’OPERA - La pittura come specchio sul mondo; GRANDI MOSTRE. 1 Libero Spazio Libero a Bologna - Dalla parte delle donne; GRANDI MOSTRE. 2 Ruth Orkin a Bassano del Grappa - La freschezza dell’istante; XX SECOLO Gli autogrill di Angelo Bianchetti - Come ponti sul fiume di Laura Graziano; GRANDI MOSTRE. 3 Sophie Tauber-Arp a New York - L’incarnazione della modernità; OUTSIDERS - Evgen Bavčar: fotografo dell’invisibile; GRANDI MOSTRE. 4 Maria Maddalena a Forlì - La leggenda della santa peccatrice; GRANDI MOSTRE. 5 Plautilla Bricci a Roma - L’architettrice, la sua storia; PAGINA NERA - I sacelli di cultura hanno vita proprio dura; GRANDI MOSTRE. 6 Le donne nella pittura da Tiziano a Boldini, in due mostre a Milano e a Brescia - Un’ossessione dai mille volti; GRANDI MOSTRE. 7 La fabbrica del Rinascimento a Vicenza - Quattro eroi all’opera; STUDI E RISCOPERTE Il fuori campo nell’arte dal Trecento al Seicento - L’assenza presente; IN TENDENZA - Con Anguissola paga anche l’incertezza. GUSTO DELL’ARTE - Stinking rose.