LA FORMAZIONE
E IL SOGGIORNO TRENTINO

Nato ad Albino (in Val Seriana, Bergamo) tra il 1520 e il 1524, Giovan Battista Moroni è stato uno dei maggiori ritrattisti del Cinquecento, oltre che un importante interprete dello stile controriformato nella produzione di genere sacro.

Le prime notizie sulla vita del pittore risalgono al 1532, quando il padre Francesco, di professione capomastro, si trasferisce con la famiglia nel Bresciano, ad Azzano Mella; in questo giro d’anni Giovan Battista entra a far parte della bottega di colui che diverrà il suo maestro, Alessandro Bonvicino detto il Moretto. Nel 1537, proprio nel periodo in cui Moroni svolge il suo apprendistato, Moretto riceve il pagamento per la Madonna col Bambino e santi destinata alla chiesa di Sant’Andrea in Porta Dipinta a Bergamo: quest’opera, sia per la soluzione compositiva che per il naturalismo spinto e i colori intensi (in particolare l’indimenticabile natura morta in primo piano), sarà un riferimento costante per il pittore albinese.


In questi anni Moroni trae una serie di schizzi di bottega, immortalando dettagli di santi, sia singoli che di gruppo, ripresi dalle pale d’altare del Moretto. Per questo risulta fondamentale la Madonna col Bambino e santi oggi a Brera (un tempo in Santa Maria degli Angeli a Gardone Val Trompia, nel Bresciano): dal prototipo morettiano, l’allievo fisserà a penna un Sant’Antonio e un San Gerolamo, più volte ripresi nel corso della sua carriera di pittore sacro.


Al 1545-1548 risale il primo episodio rilevante del Moroni ritrattista, la tela che immortala Marcantonio Savelli, un personaggio come riferito dall’iscrizione incisa sul plinto appartenente a un’antica famiglia del patriziato romano.

L’immagine denuncia una forte presenza “fisica” del protagonista, della scultura classica e della possente architettura sullo sfondo; lo stile di Giovan Battista viene filtrato in questo caso attraverso riferimenti quali la pittura nordica e i ritratti di Moretto, Romanino e Lorenzo Lotto (che fu lungamente attivo a Bergamo, dal 1513 al 1525).


Impegnato tra Bergamo, Brescia e Trento (città in cui nel 1548 realizza un’Annunciazione e una Santa Chiara), Moroni rimane comunque nell’alveo morettiano, tanto che il 14 giugno 1549 risulta testimone, insieme al compagno di bottega Agostino Con la metà del secolo l’artista si stabilisce definitivamente a Trento, una scelta felice se si pensa che in quel momento la città è un vero e proprio crocevia europeo, sede del grande Concilio (1545-1563) destinato a segnare la vita della Chiesa per i successivi quattro secoli.


Moretto, Madonna col Bambino e santi (1543 circa); Milano, Pinacoteca di Brera.


San Gerolamo (1543); Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo.

Nella città trentina è attivo sia come pittore sacro che come ritrattista. Entrato in contatto con l’egemone famiglia dei Madruzzo, tra il 1551 e il 1552, nel momento della seconda sessione conciliare, ritrae a figura intera i nipoti del principe-vescovo della città nonchè organizzatore del Concilio, il cardinale Cristoforo Madruzzo. Le immagini di Ludovico (ecclesiastico, cardinale e vescovo di Trento dal 1567) e Gianfederico (futuro diplomatico nelle maggiori corti d’Europa) si differenziano dalla contemporanea effigie, ugualmente a figura intera, dello zio Cristoforo dipinta da Tiziano. Rispetto al pomposo e ufficiale “ritratto di Stato” concepito dal pittore veneziano, Moroni, senza rinunciare al formato monumentale, rende i suoi ritratti più accattivanti grazie ai brani “di verità lombarda”, come i visi dei personaggi fissati con perizia e i cani a ravvivare la scena.

Gli esponenti della famiglia Madruzzo non sono gli unici privilegiati a essere immortalati in quegli anni dal pittore albinese, dato che ci è pervenuto anche il Ritratto di Alessandro Vittoria, lo scultore di origine trentina conosciuto alla corte dei Madruzzo e destinato a diventare il maggior esponente della scultura manierista veneziana. Vittoria si volge verso l’osservatore con uno sguardo intenso e profondo, rivelando la propria attività attraverso l’opera che regge tra le mani; è un’immagine moderna, che dimostra come l’estrazione sociale dell’effigiato non sia una prerogativa assoluta per essere immortalati in un ritratto.

Tiziano, Ritratto del cardinale Cristoforo Madruzzo (1552); San Paolo, Museu de Arte.


Ritratto di Gianfederico Madruzzo (1551-1552 circa); Washington, National Gallery of Art.


Ritratto di Ludovico Madruzzo (1551-1552 circa); Chicago, Art Institute.

Al contrario, lo scultore si dimostra fiero del proprio lavoro, con il dettaglio “artigianale” della manica arrotolata a significare la fatica della sua professione. Da questo momento Moroni si rende autonomo, almeno nel filone ritrattistico, rispetto al maestro: anche grazie all’esempio della pittura nordica, Antonis Mor in testa, sviluppa infatti uno stile originale e profondo che lo porterà a diventare uno dei grandi interpreti della ritrattistica del Cinquecento e dell’intera storia della pittura. A Trento si afferma anche come pittore sacro, toccando l’apice nella Madonna col Bambino e santi nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Trento, un’opera che dimostra ancora una volta la dipendenza dai modelli del maestro bresciano: Giovan Battista riprende in questo caso una pala sacra del Moretto oggi a Francoforte, oggetto di uno degli schizzi giovanili realizzati per costituirsi un repertorio cui ricorrere nel collaudato schema della pala controriformata. Rilevante è la presenza dei quattro Dottori della Chiesa, giustificata dal clima conciliare trentino in cui la pala è concepita: un esempio di fede e santità in risposta all’eresia luterana, che al contrario aboliva il culto dei santi.


Madonna col Bambino e santi (1551 circa); Trento, Santa Maria Maggiore.

GIOVAN BATTISTA MORONI
GIOVAN BATTISTA MORONI
Luca Brignoli, Enrico De Pascale
Giovan Battista Moroni si forma a Brescia nella bottega del Moretto e inizialmente non si discosta troppo dalla tradizione pittorica devozionale tipica della Lombardia del XVI secolo. Nella seconda metà del Cinquecento si afferma soprattutto come ritrattista della borghesia emergente della sua città, e non solo. Caratterizzano questa sua produzione la naturalezza, la semplicità, la dignità con cui colloca i suoi soggetti nel clima operoso in cui vivevano. Si tratta di personaggi non necessariamente di alto lignaggio, ma di sarti, maestri, magistrati locali. La sua pittura sobria, costruita sui contrasti di pochi colori, sui chiari e gli scuri, prepara in qualche modo il retroterra lombardo di Caravaggio.