Musei da conoscere. 2
Il Museo Nazionale Atestino a Este

LA CULLA
DEI VENETI ANTICHI

Un tesoro di reperti archeologici è quanto offre il museo nazionale atestino, importanti testimonianze storico-artistiche rinvenute nella cittadina ai piedi dei Colli Euganei

Marta Santacatterina

Este: due sillabe, e affiora il ricordo di quella gloriosa casata che per secoli governò città come Ferrara e Modena. Ma Este è anche un toponimo, e sulla carta geografica lo si trova a sud di Padova, ai piedi dei colli Euganei. La graziosa cittadina conserva un ricco patrimonio di reperti archeologici che si scopre visitando le undici sale, alcune delle quali decorate da affreschi del XVII secolo attribuiti a Giulio Carpioni, del Museo nazionale atestino. Lo ospita palazzo Mocenigo, un edificio costruito nel 1560 sui resti del castello del marchese Alberto Azzo II – ritenuto il capostipite degli Estensi e vissuto nell’XI secolo –, riedificato nel 1339 dai padovani da Carrara.

Era il 1834 quando venne istituito un primo Museo civico lapidario con lo scopo di raccogliere, acquisendole da privati cittadini, quelle che allora si definivano “antichità”. Tuttavia l’evento cruciale per il piccolo museo fu la nomina di Alessandro Prosdocimi a suo conservatore nel 1874: il giovane professore, venuto a conoscenza di molti ritrovamenti casuali di manufatti di pregio, ebbe l’intuito di promuovere vaste campagne di scavi archeologici che portarono alla luce estese necropoli preromane costituite da centinaia di sepolture ancora integre e con i loro corredi funerari. Gli oggetti rinvenuti confermavano l’esistenza a Este di un’importante civiltà precedente l’arrivo dei romani e attirarono l’attenzione degli studiosi di paletnologia di tutta Italia, compreso il massimo archeologo dell’epoca, Luigi Pigorini. Il rilievo assunto da queste raccolte comportò la trasformazione del museo civico in Museo nazionale atestino, solennemente inaugurato nell’attuale sede il 6 luglio 1902. A Prosdocimi va anche riconosciuto il merito di aver trasferito nel progetto museografico, basato su un accurato ordinamento topografico e sulla rigorosa distinzione dei corredi tombali, la sua profonda conoscenza della cultura atestina, dando così vita a un modernissimo modello scientifico di studio delle età protostoriche e svelando i primi dati sui veneti antichi.

LE SITULE ERANO CONSIDERATE PREZIOSE: MOLTE SONO DECORATE A CESELLO E A SBALZO, SULLA BASE DI UN REPERTORIO FIGURATIVO DI ISPIRAZIONE ORIENTALIZZANTE


Ma quali sono i fattori che rendono ancora oggi le collezioni di Este così interessanti? In generale, l’abbondanza dei rinvenimenti e la completezza dei corredi, molti dei quali in ottimo stato di conservazione. E poi la particolarità di alcuni oggetti che vengono radunati sotto la definizione di “arte delle situle”, un’arte fiorita improvvisamente verso la fine del VII secolo a.C. proprio a Este, località che divenne uno dei maggiori centri per la loro produzione e diffusione come ha ribadito la recente mostra Le fiere della vanità. L’arte dei Veneti antichi, allestita nel museo fino allo scorso 3 ottobre. Le situle altro non sono che secchielli realizzati in lamina di bronzo e destinati a contenere il vino durante i banchetti delle élite dei villaggi. Una volta rovinate o non più utilizzabili, erano reimpiegate nelle sepolture come contenitori di vasi che a loro volta racchiudevano le ossa del defunto dopo la cremazione, e venivano deposte insieme ad altri oggetti attestanti il genere, il rango, la professione e l’età del defunto. Le situle erano considerate senza dubbio preziose: molte sono infatti decorate a cesello e a sbalzo, sulla base di un repertorio figurativo di ispirazione orientalizzante, con l’intento di celebrare l’aristocrazia dei veneti antichi e di mostrare i momenti salienti legati all’acquisizione del potere. All’arte delle situle, eccezionali testimonianze di un’identità culturale veneta decisamente differente rispetto a quella etrusca, afferiscono inoltre coperchi, cinturoni, foderi di coltello e qualche elemento d’arredo. Capolavoro indiscusso e simbolo del museo è la situla Benvenuti 126 (datata al 620 a.C. circa e rinvenuta nel 1880), al cui interno riposavano le ossa di una bambina. Sulle pareti del vaso bronzeo, «il poema epico dei veneti antichi», come lo definì Giulia Fogolari - che fu direttrice del museo dal 1947 al 1963 - si snodano tre registri figurati. In quello inferiore le immagini scorrono a ritmo serrato per raccontare una battaglia condotta dall’esercito di Este: un guerriero colpisce un uomo nudo, con folta chioma e seduto su un seggio vegetale, evidentemente un “barbaro” delle foreste; altri tre soldati, con scudi, conducono in patria dei prigionieri; da ultimo compare il principe che, su un carro, guida un corteo trionfale. Il fregio del registro centrale mostra un leone alato, un cervo, uno stambecco, un grifone, una sfinge: animali che, in chiave simbolica, presentano uno stretto legame con la geografia del territorio. Più in alto si svolge la festa: il sovrano brinda al cavallo destinato al sacrificio, mentre altri dignitari bevono e gareggiano a pugilato. Chiudono il racconto un centauro, un gabbiano con pesce nel becco, una colomba e una sfinge, forse emblematici di un allineamento celeste.


ESTESE NECROPOLI PREROMANE CON CENTINAIA DI SEPOLTURE ANCORA INTEGRE E CON I LORO CORREDI FUNERARI


Tomba di Nerka (III secolo a.C., rinvenuta nel 1984).


Situla Benvenuti 126 (620 a.C. circa e rinvenuta nel 1880).

Ganci di cintura in ferro traforato (fine V - inizi IV secolo a.C.).


Vaso a forma di palmipede (fine IX - inizi VIII secolo a.C.).

«A Este, ovunque si scavi, emergono reperti», confessa il restauratore e conservatore Stefano Buson mentre ci accompagna nella visita al museo, che comincia dai resti della palafitta di Arquà Petrarca (III millennio a.C. - XIII secolo a.C.) e giunge alle testimonianze altomedievali. I contesti antichi si sono ben conservati anche a causa della perdita di importanza della città, complice da un lato la catastrofica rotta dell’Adige del 589 d.C., che deviò il corso del fiume, e dall’altro l’affermarsi della più potente Padova. Oltre alle situle, gli scavi hanno portato alla luce altre testimonianze uniche, basti pensare a una lamina con un testo in caratteri venetici straordinariamente lungo, non ancora decifrato, agli innumerevoli ex voto in bronzo realizzati per i santuari locali e la cosiddetta Tomba di Nerka (III secolo a.C., rinvenuta nel 1984), integralmente ricostruita in modo da mostrare, oltre a eleganti gioielli d’importazione, un flabello in bronzo e addirittura un modellino di telaio e una panchetta decorata secondo la tecnica delle situle.

A documentare l’avvenuta romanizzazione di Ateste (da Athesis, l’Adige), che divenne “municipium” nel 49 a.C., spiccano una porzione di soffitto affrescato di una grande “domus”, rarissimo nel contesto dell’Italia settentrionale; uno dei tre esemplari esistenti dell’aureo di Augusto (II a.C.); una raffinata placchetta con testa di Medusa; un curioso orologio solare portatile ritrovato nella tomba di un medico del I secolo d.C.

Ma queste sono solo le punte di diamante di un’esposizione assai ricca e, al termine di un itinerario così intenso tra i tesori emersi dalla terra, appare al visitatore una delicatissima Madonna col Bambino: la dipinse Cima da Conegliano nel 1504 per la chiesa francescana di Santa Maria delle Consolazioni, su commissione di un medico atestino e di due nobili veneziani. Il Comune di Este, che ne è proprietario, l’ha concessa al museo per una maggior tutela e per garantire a tutti la possibilità di ammirarla.

Museo nazionale atestino

Este (Padova)
www.atestino.beniculturali.it

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.