Grandi mostre. 5
Antoine De Lohny a Torino

una bottega
transnazionale

Instancabile viaggiatore, pittore, miniatore, maestro di vetrate, disegnatore di ricami, scultore, De Lonhy ha lasciato una traccia importante nel rinascimento europeo. Eppure è rimasto ignoto finché, all'inizio del secolo scorso, alcuni studiosi non si sono accorti di lui.

Maurizia Tazartes

Oltre cento anni di studi e un pittore sconosciuto che riemerge con tutta la sua importanza e bellezza: Antoine de Lonhy. E con lui riaffiorano i profumi dell’antica Savoia, dei valichi alpini, delle corti, dei castelli, quando la geografia era ben diversa da ora, e Chieri era più importante di Torino, e Moncalieri sede di corte, come Ivrea e Vercelli, anche se per breve tempo. Tutto un altro mondo, con un fascino sottile, e molta bravura.

Il nome del pittore Antoine de Lonhy o Antoni de Llonye spicca per la prima volta nel 1906 in un grande lavoro sulla pittura catalana di Salvador Sanpere i Miquel, Los cuatro cientistas catalanes, dove si cita un documento del 4 maggio 1462 in cui il pittore viene indicato come «pictor habitator ville de Villana in Ducatu Savoye». Chi è questo maestro che nel 1462 abita nel ducato di Savoia, e lavora in Catalogna? Quasi in contemporanea, nel 1909, Pietro Toesca si accorgeva che un pannello di polittico con Trinità e angelo piangente, che entrava allora nel Museo civico di Torino, non era di un artista piemontese, ma di un pittore oltramontano, «forse un artefice borgognone del XV secolo ». Oggi si ritiene che la tavola provenga dall’altare della Trinità in Santa Maria della Scala di Moncalieri, di patronato Panissera, e appartenga ad Antoine de Lonhy. Ma allora non si sapeva e l’anonimo pittore viene chiamato Maestro della Trinità di Torino.

Negli anni successivi, in particolare dai Settanta in poi, per strade diverse, studiosi come Giovanni Romano, John Plummer, François Avril, Charles Sterling si imbattono in opere di questo straordinario artista. La sua mano viene riconosciuta in un prezioso codice, il Libro delle ore di Saluzzo, attribuito all’anonimo Maestro delle ore di Saluzzo, e conservato alla British Library di Londra. Fu proprio Charles Sterling nel 1972 ad accostare il Libro delle ore di Saluzzo alla Trinità e angelo piangente del Museo civico d’arte antica di Torino e a vedervi un unico artista, che nel 1989 viene identificato con certezza da François Avril in Antoine de Lonhy, il cui “corpus” si era intanto chiarito e arricchito. Così Antoine de Lonhy incorporava tutte le miniature attribuite al Maestro delle ore di Saluzzo e i dipinti riferiti al Maestro della Trinità di Torino.

Gli studi successivi hanno permesso di rintracciare gran parte della complessa attività di questo capo bottega molto ricercato, pittore, miniatore, maestro di vetrate, disegnatore di ricami, scultore e frescante che dalla natia Borgogna gira l’Europa sino a fermarsi nel ducato di Savoia. Un maestro abile in diverse tecniche e di cultura europea.

A ricostruirne il percorso è una grande mostra, Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy, curata da Simone Baiocco e Simonetta Castronovo per la sezione di Torino (palazzo Madama, fino al 9 gennaio 2022) e da Vittorio Natale per quella di Susa (Museo diocesano di arte sacra, fino al 7 novembre), con oltre cinquanta opere, tra dipinti, miniature, sculture, dell’artista e di esponenti del medesimo contesto. Una rassegna che non solo attraversa tutte le tappe dell’attività di De Lonhy, dalla natia Borgogna al ducato di Savoia, ma mette in rilievo l’ambiente e la cultura in cui si trova a operare, e l’influenza che lui stesso esercita, con la sua vivace e polivalente bottega, nelle terre in cui passa. Un ricco catalogo sonda i meandri certosini della produzione, con saggi e scoperte.

De Lonhy, originario di Autun, si forma nella Borgogna meridionale intorno al 1440 su modelli fiamminghi di Jan van Eyck e Rogier van der Weyden. Nella sua terra esordisce e lavora dal 1445 al 1450. Nel 1446 è al servizio del potente cancelliere Nicolas Rolin, pagato per aver fornito al maestro vetraio Euvrard Rupert i disegni per le vetrate (perdute) della cappella del castello di Authumes. Il contratto, firmato l’8 ottobre 1446, è il più antico documento noto sul pittore. Protetto da Jean Germain, vescovo di Chalon-sur-Saône, De Lonhy, già esperto nella tecnica vetraria, lavora anche come miniatore, come dimostrano diversi manoscritti di quegli anni, tra cui il Libro d’ore secondo l’uso liturgico di Chalon-sur-Saône del 1446-1449 circa, esposto a palazzo Madama.

Nonostante una committenza così prestigiosa, De Lonhy lascia Autun per Tolosa, dove giunge poco prima del 1454 e si ferma sino al 1461, attratto dal mercato e dalla minore concorrenza rispetto alla Borgogna. A Tolosa, dov’è molto documentato, realizza opere per il suo nuovo mecenate, Bernard de Rosier, arcivescovo della città dal 1452. Apprezzato per la capacità di trattare diverse tecniche, lavora a dipinti murali e a vetrate. Del 1454 sono i suoi primi affreschi rimasti, per la cappella di Santa Caterina della chiesa di Notre-Dame de la Dalbade, di cui sono presentati a Torino alcuni frammenti staccati. Minia messali, libri d’ore e manoscritti, ritrovati in varie collezioni europee, ricomposti ed esposti nella sede torinese (Libro d’ore all’uso di Roma, 1455-1460, giunto da Rennes; Due fogli di un messale all’uso di Tolosa, 1460 circa, prestati da Praga e da Los Angeles), che rivelano una tecnica raffinata, senso dello spazio e dei volumi, contatti con la pittura nordica.


SI FORMA NELLA BORGOGNA MERIDIONALE INTORNO AL 1440 SU MODELLI FIAMMINGHI DI JAN VAN EYCK E ROGIER VAN DER WEYDEN


Polittico della Vergine, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino (1461-1462 circa), corpo principale, Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya.


Trinità e angelo piangente, (1465-1470 circa), Torino, Palazzo Madama - Museo civico d’arte antica.

MINIA MESSALI, LIBRI D’ORE E MANOSCRITTI, RITROVATI IN VARIE COLLEZIONI EUROPEE, CHE RIVELANO UNA TECNICA RAFFINATA, SENSO DELLO SPAZIO E DEI VOLUMI, CONTATTI CON LA PITTURA NORDICA


Alla ricerca di nuove commissioni, De Lonhy pur non abbandonando Tolosa, dal 1460 agli inizi del 1462 comincia una serie di soggiorni più intensi a Barcellona, dove realizza in breve tempo il suo capolavoro, il rosone per la chiesa di Santa Maria del Mar. Un’opera ambiziosa, dal linguaggio audace e la tecnica originale, con vetri colorati acquistati in Italia e in Germania, in cui domina il blu, come nelle miniature. Nel contratto, firmato l’11 giugno 1460 presso il notaio Antoni Vilanova di Barcellona, l’artista accetta di essere presente in città nel febbraio del 1461 per dirigere il posizionamento dell’opera. La paga, quattrocento fiorini, gli viene saldata di fronte al notaio Peyronis di Tolosa. De Lonhy continua intanto a lavorare a miniature e pitture di retabli, come il prezioso Polittico della Vergine, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino, del 1461-1462, per il monastero agostiniano della Domus Dei a Miralles, bellissimo fondo oro che, con la sua storia intrigante, ha fatto impazzire gli storici dell’arte dai primi del Novecento agli anni Cinquanta. A Torino è presentata, insieme a due scomparti con storie di santi giunti dal Museu del Castell de Peralada (Girona), l’affascinante tavola centrale del Museu Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona, in cui, inginocchiato ai piedi della Madonna, è ritratto il donatore Bertran Nicolau, fondatore del convento di Miralles, riconosciuto dal suo stemma. Il linguaggio ormai maturo del pittore rivela influenze catalane nelle decorazioni a intaglio e a rilievo in pastiglia, mescolate alle novità pittoriche franco-fiamminghe.

Ma ecco che l’inquieto, girovago, itinerante maestro si sposta e questa volta in Piemonte, ad Avigliana, dov’è presente il 4 maggio 1462. Comincia un’attività frenetica per lui e la sua équipe in città come Chieri, Moncalieri, Novalesa, Torino e Aosta, dove lavora sino alla fine della vita per la corte dei Savoia e illustri committenti. Un tragitto ricostruito dagli studiosi pezzo per pezzo, con caparbia e tenacia, in molti anni. Ogni volta una scoperta e un’aggiunta al catalogo, ogni volta un «coniglio» che esce dal cappello del prestigiatore come scrive l’appassionato, purtroppo scomparso, Giovanni Romano.

E ora le vediamo queste meraviglie piemontesi del Quattrocento, con tutte le loro storie. Opere a volte consunte come la tavola con San Francesco e Pietà (esposta a Susa), superstite di un polittico ritrovato presso una cappella della frazione Battagliotti nel Comune di Avigliana (Torino). O la già citata Trinità e angelo piangente di Torino, proveniente dall’altare della Trinità, di patronato Panissera, in Santa Maria della Scala a Moncalieri. O meglio conservate come il Polittico Molinari con Natività e santi, del 1465-1470, per la chiesa di San Domenico di Chieri, diviso tra il Museum Mayer van der Bergh di Anversa, una collezione privata e la Galleria sabauda di Torino. Esposto con tutto il suo splendore, fiammingo e sabaudo, con una Madonna dai tratti gentili, i santi dai volti caratteristici, la devota con lo spesso velo bianco nordico. Un’opera che lascia traccia sulla pittura piemontese. E poi ci sono gli affreschi dell’abbazia della Novalesa del 1480-1485, di cui, a Susa, sono stati esposti frammenti, insieme a tavole superstiti di polittici, realizzati in tutta la Savoia con l’aiuto di anonimi collaboratori, in una bottega vivace e di successo, fucina di formazione per una generazione di artisti, dagli ancora anonimi Maestro dell’Adorazione Tana, Maestro del Compianto di Chivasso, Maestro della Madonna delle Nevi e altri, ai più noti Martino Spanzotti e Gandolfino da Roreto.

Il Rinascimento europeo di Antoine de Lonhy

a cura di Simone Baiocco e Simonetta Castronovo
Torino, Palazzo Madama - Sala Senato
fino al 9 gennaio 2022
Susa, Museo diocesiano di arte sacra
fino al 7 novembre 2021
orario 10-18, giovedì 13-21, martedì chiuso
catalogo Sagep Editori
www.palazzomadamatorino.it
www.centroculturalediocesano.it

ART E DOSSIER N. 392
ART E DOSSIER N. 392
NOVEMBRE 2021
In questo numero: SCOPERTE: Il Museo Atestino di Este; Palazzo Butera a Palermo. VISIONARI: Arturo Schwarz, intuito e anarchia; Paolo Gioli, alchimie su pellicola; I poster giocosi di Yokoo; l'ordinario fiabesco di Edita Broglio. IN MOSTRA: Miró a Mamiano di Traversetolo; O'Keeffe a Parigi; Dante e Napoleone a Brescia; Grand Tour a Milano; De Lonhy a Torino.Direttore: Claudio Pescio.