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ornato a Parigi nell’autunno del 1925, alla fine degli anni Venti de Chirico produce un gran numero di opere - anche per via del doppio contratto con i mercanti Léonce Rosenberg e Paul Guillaume - e lavora a nuovi soggetti, come i paesaggi nella stanza, i mobili nella valle e i gladiatori, protagonisti della serie di tele destinata al salone di casa Rosenberg. La poetica del ritorno al classico, uno dei fattori alla base della rottura del 1928 con il gruppo surrealista, dà forma a una nuova variante di un soggetto già trattato nel periodo ferrarese, i manichini. Identificate come “archeologi”, “manichini” o “filosofi”, queste figure pensierose dalle teste polite e dalle proporzioni bizzarre - ricettacolo d’improbabili montaggi di architetture, elementi di paesaggio e solidi geometrici multicolori, in netto contrasto con la generale monocromia delle composizioni - compaiono, singole o in coppia, in una quarantina di quadri. Seduti su poltrone imbottite, davanti a templi e quinte di case borghesi o, come in questa Canzone, immersi in uno spazio indistinto, animato solo dai filamenti diagonali di una pennellata che si sfalda, i nuovi manichini indossano il peplo e, di volta in volta pittori, matematici, navigatori, villeggianti, fondono richiamo all’antico e memoria individuale, animando una tematica che si fa via via più illustrativa. Dipinto intorno al 1930, Canzone meridionale viene presentato alla grande personale fiorentina dell’aprile 1932 - circa quaranta opere esposte nella galleria di Palazzo Ferroni dell’antiquario Luigi Bellini e in gran parte provenienti dalla collezione dell’amico Giorgio Castelfranco, che per qualche tempo ospita il “ritornante” de Chirico a Firenze - ed è acquistato in quell’occasione dalla Galleria d’Arte Moderna. Qui gli “archeologi” eseguono alla chitarra una canzoncina folkloristica, cullando nel ventre metafisico una candida casetta marina e il sole del Sud, ripreso dalle recenti illustrazioni per i Calligrammes di Apollinaire.Mariella Milan
Bibliografia
Castelfranco 1932; De Chirico 1932; Jahn-Rusconi 1934, p. 17; Brizio 1939; Bruni Sakraischik 1972, vol. VI, opere 1908-1930, n. 374 (1930); La Metafisica: gli Anni Venti 1980, p. 90; Fagiolo dell’Arco 1982, n. 108 e p. 119 (1929); Rivosecchi 1998, p. 118; Galleria di Palazzo Pitti 2008, n. 3394 (1930).