2.05 FRANCO GENTILINI

(FAENZA 1909-ROMA 1981) Giovani in riva al mare 1934 tempera su tela; cm 162 x 130 Roma, Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale,
inv. AM 1042

l'

opera entra nelle collezioni civiche romane nel 1935 quando, esposta alla II Quadriennale d’Arte Nazionale, viene acquistata dal Governatorato romano. La grande tela segna il momento di maggior avvicinamento di Gentilini alla poetica espressa dalla pittura di Corrado Cagli, esponente di quel versante della Scuola romana che guarda al mito come fonte d’ispirazione, in un fare pittorico costruito attraverso calibrati e scanditi rapporti tonali. Giunto a Roma nel 1929, dopo il soggiorno parigino, Gentilini è diviso fra l’influenza esercitata dai lavori di Cagli, Cavalli e Capogrossi e le suggestioni espressionistiche e visionarie della pittura di Scipione, di Mafai e della Raphaël. Tuttavia, Giovani in riva al mare è soprattutto improntato a un arcaismo dai toni chiarissimi che viene dalla formazione faentina dell’artista sulle riproduzioni delle opere di Giotto, Paolo Uccello e Piero della Francesca (i nudi del Battesimo di Cristo), alla cui misura la composizione si ispira anche per la vocazione architettonica. Prospettiva, luce, geometria e senso dello spazio permeano il dipinto che, come lo stesso Gentilini ricorda nel 1984, a proposito della propria pittura del tempo (Giacomozzi 1984), irrigidisce, secondo una maniera chiara e naturale (alla quale si sostituiranno a partire dagli anni ’40 modi altrettanto “scuri”), i nudi, togliendo loro l’emozione perché diventino “simboli”, “allegorie”, simili alle figurazioni dei frontoni delle cattedrali romaniche, al di fuori dello scorrere del tempo e distaccate dalla fragilità dei sentimenti umani.
Silvia Vacca

Bibliografia
Quadriennale 1935, n. 13, tav. LII; Arte moderna in Italia 1967, p. 379, fig. 1863; Gentilini 1985; Jouffroy 1987, p. 52, tav. 6; Gentilini 1991, p. 61, n. 5, tav. 5; Appella 2000, p. 152-153, n. 115, tav. XVIII; Gentilini 2009, p. 62, n. 10. 




ANNI '30
ANNI '30
Arti in Italia oltre il fascismo
Nell'Italia degli anni Trenta, durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vede schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall'espressionismo all'astrattismo, dall'arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall'emergere del design e della comunicazione di massa - i manifesti, la radio, il cinema - che dalle ''belle arti'' raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. Un'epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l'affermazione di un'idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare ''la via italiana alla modernità'': nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo - francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo -, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione - quella italiana del Trecento e Quattrocento. Pubblicazione in occasione della mostra: ''Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo'' (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013). La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell'epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Raccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività.