2.01 ALIGI SASSU

(MILANO 1912-POLLENÇA 2000)
I Dioscuri 1931 olio su tela; cm 100 x 80 firmato e datato in basso a destra «31 / SASSU» Chieti, Museo Barbella,
Collezione Alfredo e Teresita Paglione

i Dioscuri sono i gemelli Castore e Polluce, secondo il mito - è immaginabile che Sassu attingesse a una fonte come la Mitologia classica illustrata di Felice Ramorino, pubblicata per la prima volta nel 1897 - nati dall’unione di Leda con Zeus in forma di cigno: guerriero e domatore di cavalli il primo, pugilatore il secondo, partecipano anche alla spedizione degli Argonauti. Tali loro inclinazioni - in questo dipinto non esplicitate - riflettono il doppio registro della pittura di quel Sassu, che nel connubio metastorico di uomo e cavallo e nel tema di epici combattimenti di cavalieri antichi si proietta nell’immaginazione di tempi perduti, mentre si ancora alla contemporaneità, e ai suoi miti, quando raffigura i boxeur (e i ciclisti), spostando in una figurazione programmaticamente “candida” fisicità e “dinamismi” di ricordo ancora futurista. Insieme ai cacciatori di nidi, ai giocatori di dadi e ai musicanti, gli Argonauti e i Dioscuri danno luogo alla serie di dipinti nota come degli “uomini rossi”, principale e più conosciuto soggetto di Aligi Sassu nei primi anni Trenta. In questa versione del tema, i pochi elementi che suggeriscono una minima localizzazione reale - una ringhiera, un vaso di fiori - non riescono a dissolvere la dimensione mitica della scena che, in generale, condivide quell’aspirazione al ”primordio” già diffusa fra tanti artisti intorno al 1930 e, in particolare, fa pensare ad altre invenzioni di spazi mentali e figure leggendarie: in primo luogo al perduto Uomo nero di Lucio Fontana scultore, che ancora in sintonia con Sassu si misura - per esempio nella tavoletta di cemento graffita e colorata del milanese Museo del Novecento - con l’idea di mitici e primitivi cavalieri. Come tutti gli “uomini rossi”, anche questi Dioscuri sono interpretabili in chiave antinovecentista: per il soggetto sfuggente, ambiguo, non catalogabile entro le consolidate categorie artistiche allora dominanti, e per la maniera pittorica, maleducatamente elementare.

Antonello Negri

Bibliografia
Carrieri 1971, n. 261; Barletta 1983, n. 45; Aligi Sassu 1983, n. 19; Aligi Sassu 1984, n. 1.21; Corrente 1985, n. 6; Sassu 1985, n. 261; Aligi Sassu 1987, n. 17; Immagini e figure 1988, n. 54; Sassu. Obras 1988, p. 20 / p. 49; Aligi Sassu 1993, n. 6; Aligi Sassu 1994, n. 4; Sassu 1995, p. 23; Negri 1995, n. 75; Arte per immagini 2004, p. 33; Negri-Pirovano 2011, p. 85, n. 1931. 




ANNI '30
ANNI '30
Arti in Italia oltre il fascismo
Nell'Italia degli anni Trenta, durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vede schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall'espressionismo all'astrattismo, dall'arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall'emergere del design e della comunicazione di massa - i manifesti, la radio, il cinema - che dalle ''belle arti'' raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. Un'epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l'affermazione di un'idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare ''la via italiana alla modernità'': nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo - francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo -, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione - quella italiana del Trecento e Quattrocento. Pubblicazione in occasione della mostra: ''Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo'' (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013). La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell'epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Raccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività.