dopo gli esordi nell’orbita di Casorati nella Torino dei primi anni Venti, la visione di Menzio si precisa nel 1928, al rientro dal primo soggiorno parigino, incentrandosi sempre più sul colore. La lezione di Modigliani, degli impressionisti e dei fauves - nel 1928 Matisse ha una sala personale alla Biennale, dove lo stesso Menzio espone sei dipinti - insieme a un temperamento sperimentale e a un “pariginismo” visto come sinonimo di modernità artistica, diventa un aspetto fondamentale del suo linguaggio pittorico maturo. Avviato nel 1929, l’anno successivo il gruppo dei Sei di Torino fa molto discutere alla XVII Biennale, ma il Corridore podista, esposto alla rassegna veneziana, viene acquistato dal Ministero dell’Educazione Nazionale per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Se i ritratti dell’artista torinese sono «larve» per Ugo Nebbia e figure «piatte e svanite, ingenue, sì, e molto fini di tono, ma ridotte alla brevità di un singulto» per Piero Torriano (Torriano 1930), il dettaglio del vaso verde dal profilo ondulato, un evidente debito matissiano cui Menzio ricorre come lemma decorativo in diversi altri ritratti - tra cui Figure maschili o Conversazione, anch’esso esposto a Venezia - si fa notare dalla critica ufficiale, ostile alle «francioserie» di quei «piemontesi impariginiti». Di Menzio, che interpreta il ruolo di capofila e che alla fine del 1930 torna nella capitale francese, Ojetti rimpiange la forza costruttiva precedentemente dimostrata, quando ancora non si dedicava all’evocazione di «spettri accanto ai vasi verdi» (Ojetti 1930). Emilio Zanzi scrive di «un’arte tutta disfacimenti, toni bassi, schizzi e abbozzi di un morboso impressionismo dernier cri», citando le «sinfonie di grigi, sinfonie di rosa, tenerezze perlacee di azzurri e di verdi [che] si trovano nelle figure fantomatiche presso le strane decorazioni di anfore verdi nelle tele di Francesco Menzio» (Zanzi 1930).
Mariella MilanBibliografia
Biennale 1930, p. 70, n. 31; Bovero 1965, p. 269, fig. 46; I Sei di Torino 1965; Menzio 1979; Fossati 1982, fig. 140; Rosci 1987, p. 29; I Sei di Torino 1993, p. 141, n. 66; Maiocchi 2000, pp. 185, 213.