film

all’inizio degli anni Trenta, in concomitanza con la ripresa della produzione nazionale, grazie soprattutto alla Cines (Buccheri 2004), si apre in Italia un dibattito, pur con interventi sporadici, sul tema della scenografi a cinematografica. Il dato significativo è che alcuni articoli sono pubblicati da riviste di architettura e arredamento come “La Casa Bella” (poi “Casabella”) e “Domus”. In particolare Edoardo Persico, nel numero di ottobre del 1931 di “La Casa Bella”, interviene per commentare il lavoro di scenografia che due giovani pittori torinesi, Carlo Levi ed Enrico Paulucci, che fanno parte del famoso Gruppo dei Sei, hanno realizzato per il film Patatrac (Righelli, 1931), di imminente uscita nelle sale cinematografi che. Nel giudicare positivamente sotto tutti gli aspetti la messa in scena di Levi e Paulucci, degna di stare alla pari di quelle tedesche dell’UFA o di quelle americane della Paramount, a Persico preme sottolineare come essa rappresenti anche «il progetto di un vero e proprio arredamento moderno. […] Questi interni, e queste botteghe, sono gli stessi che potremmo vedere nella realtà di tutti i giorni se gl’italiani compissero un passo decisivo verso il rinnovamento di un gusto che non può reggere ormai il confronto con quello di altri paesi» (Persico 1931b, p. 23).È un rinnovamento verso una scenografia moderna e vicina alle coeve avanguardie internazionali, che è anticipato da un film singolare come La Compagnia dei matti (Almirante, 1928), con scenografie del pittore Giulio Boetto (Bertozzi 1999), e che si ritrova, ancora nel 1931, in La segretaria privata di Goffredo Alessandrini. In quest’ultima pellicola le scenografie di Vinicio Paladini degli uffici di una banca e della lussuosa casa del direttore risentono dell’influenza della scuola del Bauhaus nell’organizzazione degli spazi di lavoro e abitativi in cui si muove con grande vivacità e felicità Elsa Merlini, nei quali si possono riconoscere i mobili componibili di Franz Schuster, le sedie e il tavolo di Gerrit Thomas Rietveld, la lampada di Luciano Baldessari insieme a innumerevoli altri mobili e oggetti moderni (De Santi 1999). Il cinema può proporsi, attraverso il genere della commedia, come un possibile modello ideale cui gli italiani possono ispirarsi per realizzarlo (o sognarlo, nella maggior parte dei casi) nella realtà dei propri spazi abitativi. Lo afferma nuovamente Persico in “La Casa Bella” del novembre 1932, a proposito delle scenografie di Gastone Medin realizzate per i film Due cuori felici (Negroni, 1932) e O la Borsa o la vita (C.L. Bragaglia, 1933): «Il lettore guarderà oggi a questi interni non come a scenari, ma a vere e proprie case moderne; tanto più attuali e di buon gusto in quanto l’architetto Gastone Medin le ha pensate come uno specchio della realtà, il più esatto e “realistico”, per creare l’illusione della vita vera. […] Oggi, modelli esemplari si possono prendere dai film» (Persico 1932, pp. 32-33). L’influenza dello stile internazionale ha valso alla commedia del periodo la recente definizione di “cinema déco” (Brunetta 1993 e De Santi 1999) per indicare apporti che vanno dal costruttivismo al Bauhaus e che si ritrovano in molte pellicole degli anni tra le due guerre. Ciò è evidente, per esempio, nell’opera dell’architetto Gastone Medin, autore della quasi totalità delle scenografie dei film della Cines (1930-1934) e di molti altri per lo più appartenenti al genere della commedia, nei quali agisce con eclettismo e disinvoltura, tenendo ben presente i modelli cinematografi ci internazionali − da quello tedesco, che comprende anche le cosiddette commedie “ungheresi”, a quello hollywoodiano, senza dimenticare la Francia − e adattandoli spesso a uno stile italiano. Medin raggiunge in un film come Gli uomini, che mascalzoni... (Camerini, 1932) uno dei risultati migliori non solo nell’ambientazione alla Fiera Campionaria di Milano, ma negli arredi moderni della profumeria dove lavora la protagonista. Nella sua lunga fi lmografi a, oltre alle pellicole già citate, si possono ricordare La Canzone dell’amore (Righelli, 1930), primo film sonoro italiano, con il grande negozio di dischi; La telefonista (Malasomma, 1932); Il presidente della Ba.Ce.Cre.Mi. (Righelli, 1933); Tempo massimo (Mattoli, 1934); Giallo (Camerini, 1933) e Il signor Max (Camerini, 1937). Nel suo vasto repertorio di arredi e spazi diversi - che vanno dagli interni delle case, ai bar, ai ristoranti, ai locali notturni fino ai negozi - Medin accumula come in una grande mostra oggetti e mobili moderni di provenienze diverse, estere e italiane, con presenze di elementi liberty e di salotti e, soprattutto, camere da letto più tradizionali: il rischio di questa eterogeneità è quello di cadere nel falso moderno o in errori e deformazioni rispetto all’originale, come osserva puntualmente l’architetto Carlo Enrico Rava a proposito del Signor Max nella rubrica La casa nel film pubblicata da “Domus” in sei numeri fra il novembre 1937 e l’ottobre 1938. Al contrario, Rava apprezza le scenografie di Enrico Paulucci per La Contessa di Parma (Blasetti, 1937) per «la fresca ambientazione cinematografica resa con sensibilità elegante» (Rava 1937, p. 31) e propone come modello di arredamento elegante e moderno gli interni da lui stesso realizzati per il film Gli ultimi giorni di Pompeo (Mattoli, 1937). In altre parole, Rava persegue l’obiettivo di presentare, con realizzazioni esemplari d’interni, un arredamento italiano che susciti nel pubblico un nuovo gusto: in quest’ottica realizza le scenografie, insieme a Salvo D’Angelo, di L’argine (D’Errico, 1938) e soprattutto di Inventiamo l’amore (Mastrocinque, 1938), vero manifesto di divisione razionalista degli spazi e di arredamento moderno. In questa rapida carrellata sulle scenografie nel cinema déco italiano, vanno infine ricordati Virgilio Marchi per Non ti conosco più (Malasomma, 1936) e soprattutto Guido Fiorini, certamente più originale e rigoroso di Gastone Medin nella realizzazione di scenografi e innovative. Basti pensare a Come le foglie (Camerini, 1934), con le scene ambientate nella cucina di una lussuosa villa dove tutto è perfettamente funzionale a partire dai piccoli elettrodomestici; o a quelle che si svolgono nel ricco salotto dell’avventuriera contessa Orloff; per passare poi alla sala da pranzo di un milionario pazzo fuggito dal manicomio, che sembra disegnata da Le Corbusier, nella pellicola Quei due (Righelli1935); all’incredibile scala elicoidale con rivestimento in linoleum e il corrimano in tubolare metallico verniciato in bianco che collega diversi appartamenti del medesimo palazzo in Trenta secondi d’amore (Bonnard, 1936); per finire con il grande salone delle sequenze iniziali di Lo squadrone bianco (Genina, 1936), dove un lungo mobile libreria assemblato insieme a vetrine ove sono esposte statuette in legno, probabilmente africane, divide in due lo spazio dell’ambiente. nel quale si trovano vetrinette con vasi e oggetti in vetro di Murano, poltrona e divano Frau e una chaise longue su cui si sdraia la protagonista a fumare. Sembra di essere davanti a un catalogo esemplare dell’arredamento di una casa moderna che si potrebbe trovare esposto nei magazzini di La Rinascente di Milano, ricostruita fedelmente a Cinecittà da Fiorini per il film Grandi Magazzini (Camerini, 1939), archivio simbolico della modernità e dei desideri degli italiani. Semplici sogni, per molti, che tuttavia aggiornano il gusto di casa a standard più evoluti e internazionali. 


1 - La compagnia dei matti (Mario Almirante, 1928 - Scenografi e di Giulio Boetto) 


2 - Due cuori felici (Baldassarre Negroni, 1932 - Scenografie di Gastone Medin) 

3 - Gli uomini, che mascalzoni... 
(Mario Camerini, 1932 - Scenografi e di Gastone Medin) 

4 - Quei due (Gennaro Righelli, 1935 -Scenografie di Guido Fiorini) 

5 - Lo squadrone bianco (Augusto Genina, 1936 - Scenografie di Guido Fiorini) 

6 - Il signor Max (Mario Camerini, 1937  - Scenografie di Gastone Medin)

7 - La contessa di Parma (Alessandro Blasetti, 1937 - Scenografie di Enrico Paulucci) 

8 - Grandi magazzini (Mario Camerini, 1939 - Scenografie di Guido Fiorini) 













ANNI '30
ANNI '30
Arti in Italia oltre il fascismo
Nell'Italia degli anni Trenta, durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vede schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall'espressionismo all'astrattismo, dall'arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall'emergere del design e della comunicazione di massa - i manifesti, la radio, il cinema - che dalle ''belle arti'' raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. Un'epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l'affermazione di un'idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare ''la via italiana alla modernità'': nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo - francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo -, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione - quella italiana del Trecento e Quattrocento. Pubblicazione in occasione della mostra: ''Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo'' (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013). La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell'epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Raccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività.