tra il 1927 e il 1931 Ram esegue un gruppo di opere - Perlustrazione notturna, Idroscalo, Industria - in cui il tema della modernità si associa ad atmosfere sospese di immobilità contemplativa. Nello stesso 1931, insieme al fratello Thayaht, aderisce ufficialmente al Gruppo Futurista Toscano con la mostra alla Galleria Firenze, organizzata da Marasco e da Thayaht. Un’immagine come Industria diventa dunque esempio della particolare inflessione tra razionalistica e neometafisica del Secondo futurismo, attento a tradurre in immagini plastiche i simboli della vita moderna fra i quali si situano «i nuovi misteri creati dalle macchine» (Fillia 1930). In questo clima appare da inquadrarsi anche il rapporto di Ram con il Razionalismo architettonico, movimento sul quale egli risulta essere non solo ben informato, ma avere anche una propria precisa opinione consistente nell’anteporre al «predominante funzionalismo», le ineludibili «ragioni di un lirismo plastico» (Crispolti 1986, p. 292). Lo conferma una lettera indirizzata a Thayaht da Parigi nei tardi anni Venti, nella quale Ram si chiedeva «che cosa erano le case moderne allora invocate dai francesi se non delle rielaborazioni della Casa Gialla» (Toti 2005, p. 68), ovvero l’abitazione marina realizzata da Thayaht sulla spiaggia di Tonfano con volumi essenziali, adatti a uno stile di vita libero e moderno in accordo con la natura, a cui si lega il progetto Casolaria per le moderne case in serie (Scappini 2005a, pp. 79-86). Anche la collaborazione del 1933, al tempo del concorso per la Stazione di Firenze con gli architetti Bianchini e Fagnoni - per il progetto dei quali aveva realizzato una stele, «limpido elemento architettonico-scultoreo fatto di pochi segni che si compenetrano e che danno tutto il senso dell’edificio» (Bianchini-Fagnoni 1933) - sembra inscriversi in questa ricerca estetica di moderna purezza ritmica e volumetrica. Che, in certi dipinti del 1932 come Sposi, crea con l’ortogonalità essenziale degli elementi architettonici in rapporto alle figure, quasi un richiamo a quell’incanto spaziale divenuto già leggenda, del Padiglione tedesco all’Esposizione Universale di Barcellona del 1929, di Mies van der Rohe.
Susanna Ragionieri
Bibliografia Lucchesi 1997, p. 52, fig. p. 53; Il Futurismo in Toscana 2000, pp. 104, 140; Laghi 2009, p. 113, fig. p. 115.