7.01 LIBERO ANDREOTTI

(PESCIA 1875-FIRENZE 1933) Orfeo che canta 1931 bronzo; cm 116 x 42 x 46 siglato sulla parte anteriore della base «L.A.» Genova, Galleria d’Arte Moderna, inv. GAM 763 

nel luglio del 1930 Andreotti fu invitato da Marcello Piacentini a realizzare un gruppo scultoreo da porsi all’interno di un singolare edificio a mausoleo che egli stava edificando ad Acqui Terme per i coniugi Ottolenghi; il tema del contrasto fra spirito e forza bruta, suggerito dallo stesso architetto, avrebbe dovuto essere espresso con la lotta fra un uomo e un leone, e siglato dall’impiego di un materiale prezioso come basalto, porfido o granito. A quella data, conclusa ormai da tempo la giovanile stagione parigina aperta all’assunzione di stilismi internazionali, Andreotti stava vivendo l’ultima e più grande fase della sua scelta, compiuta a partire dai primi anni Venti, di una forma spoglia di arcaismi, sostenuta, come avrebbe riconosciuto Luigi Pirandello, dall’aderenza fra materia e spirito attraverso «una linea ampia e tormentosa» (Casazza 1992, p. 230), e legata all’impegno sempre più intenso nel campo della scultura di destinazione pubblica. Che attraverso i Monumenti ai Caduti di Roncade (1922) e di Saronno (1924), la Cappella votiva alla Madre Italiana in Santa Croce a Firenze (1926), infine il Monumento ai Caduti di Bolzano (1928), per il quale aveva realizzato un’immota, «raggiante» figura di Cristo risorto (Del Bravo 1981, p. 36), era valsa a conquistargli grande notorietà in campo nazionale. Proprio per questo, quasi a marcare il proprio polemico distacco nei confronti degli equivoci insiti nel monumentalismo, dai quali non si sentiva affatto immune, e che riconosceva in agguato nelle parole di Piacentini, deciderà di rispondere a suo modo alla commissione ricevuta: «Sto facendo un Orfeo appoggiato ad un albero, che canta - scrive ad Aldo Carpi, cognato e amico - [...]. Piacentini mi aveva, ahimè, chiesto lo spirito che vince la materia! Eccolo servito. Il modello è bellissimo» (Casazza 1992, p. 230). Il tema di Orfeo come simbolo di spirituale fratellanza nel nome della musica, rimanda al sogno andreottiano di aprire un dialogo fra le varie arti; questione che avrebbe trovato viva rispondenza nelle voci della rivista “Solaria”, spingendo l’artista a istituire nel 1931 il Premio di Poesia “Antico Fattore”, assegnato da una giuria di soli artisti, nei tre anni della sua esistenza, a Montale, Quasimodo, Natoli. L’Orfeo, esposto nella sala personale (ordinata da Ojetti), che la Biennale del 1934 dedicherà allo scultore, a un anno dalla morte improvvisa, è pubblicato in quell’occasione con la data 1931; verrà acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna di Genova al termine di una lunga trattativa. 
Susanna Ragionieri 

Bibliografia 
Biennale 1934, p. 165, n. 15; Casazza 1992, pp. 228230, fig. 47; Giubilei 1995, pp. 43-44; Pizzorusso-Lucchesi 1997, p. 108, fig. 114; Giubilei 2004a, I, pp. 286-287, II, p. 353. 




ANNI '30
ANNI '30
Arti in Italia oltre il fascismo
Nell'Italia degli anni Trenta, durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vede schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall'espressionismo all'astrattismo, dall'arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall'emergere del design e della comunicazione di massa - i manifesti, la radio, il cinema - che dalle ''belle arti'' raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. Un'epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l'affermazione di un'idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare ''la via italiana alla modernità'': nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo - francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo -, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione - quella italiana del Trecento e Quattrocento. Pubblicazione in occasione della mostra: ''Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo'' (Firenze, Palazzo Strozzi, 22 settembre 2012 - 27 gennaio 2013). La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell'epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Raccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività.