RITRATTI

Gustav Klimt oltre a non aver realizzato mai ufficialmente un suo autoritratto, a eccezione di quello giovanile sul soffitto del Burgtheater in cui compare insieme al fratello nella “scena” dedicata a Romeo e Giulietta di Shakespeare, ha dipinto pochissimi ritratti maschili e soprattutto numerosi ritratti femminili. Klimt ha realizzato circa tremila disegni, molti dei quali erotici, in cui ha esplorato pose ed espressioni del mondo femminile. Come diversi artisti europei suoi contemporanei, Klimt ha stabilito un peculiare codice visivo con le sue modelle. Serge Sanchez in un libro dedicato a Klimt nel 2017 e pubblicato da Gallimard, dedica alcune pagine al racconto di come diverse modelle nude o in petite chemise abitassero quotidianamente lo studio dell’artista in Josefstadterstrasse. Tale assidua frequentazione ha creato una sorta di leggenda metropolitana di sicuro effetto sugli uomini ma anche per le donne che ambivano a essere ritratte da quello che nei primi anni del Novecento si era andato affermando come il più importante artista di Vienna. Come nota ancora Sanchez, Arthur Schnitzler nel 1924 ha scritto un racconto, La commedia della seduzione, ispirandosi a Klimt, che conosceva e ammirava, descrivendo un artista erotomane Gysar che attirava nel suo atelier, con giardino selvaggio (come quello di Klimt), giovani e belle fanciulle desiderose di un ritratto. Comunque, al di là dell’aspetto per così dire libertino, della creazione di una sorta di acquario femminile ricreato dall’artista all’interno del suo studio, è ancor oggi interessante notare come le modelle avessero essenzialmente una funzione teatrale, di posa e di recitazione non verbale ma a causa delle posture del proprio corpo. Lo psicoanalista viennese Bruno Bettelheim, nel suo ultimo libro La Vienna di Freud (pubblicato in Italia nel 1990) afferma che le donne dipinte da Klimt, ad esempio nel pannello della Filosofia per l’Università di Vienna, siano delle “donne isteriche” a causa della loro postura arcuata. Probabilmente Bettelheim aveva in mente le sedute alla Salpêtrière organizzate da Charcot e seguite per un anno da Freud. Tuttavia, e senza trasformarci in novelli e apprendisti warburghiani possiamo ben immaginare un atlante in cui collocare, in maniera orizzontale e antistorica, ninfe e reperti archeologici, riflessioni filosofiche nietzschiane sulla tragedia greca, rapimenti dionisiaci insieme a movenze e posture che si riflettono nella allora patologia isterica o nelle pose fatali delle grandi attrici dell’epoca come nelle grandi dame protagoniste della Belle Époque. In breve, si trattava sempre e comunque di un “gran teatro”, in cui l’occhio dell’artista, del grande artista, analizzava, persino attraverso la pratica dei tableaux vivants, antesignana delle moderne performances, movimenti ed espressioni, il senso corporeo della manifestazione dei sentimenti e dei desideri sessuali.

Klimt è senza dubbio uno dei più grandi ritrattisti sensuali dell’epoca moderna. A differenza di Stuck, che sposò una delle sue modelle, Klimt ebbe per gran parte della sua vita una relazione platonica con Emilie Flöge, e diverse relazioni carnali con le sue modelle, da cui ebbe figli chiamati in maniera sintomatica “Gustav” e probabili incontri “ravvicinati” con le signore in posa nel suo atelier.


Klimt ebbe una vita regolata, interessato solo alla pittura, si alza presto al mattino, disegna o dipinge, e poi va a letto presto. Si potrebbe pensare persino alla vita regolata di Immanuel Kant, con la quale gli abitanti di Königsberg regolavano persino gli orologi. Tuttavia, è proprio da questo contrasto tra una regola di vita e una ossessione e una pratica artistica che il mondo femminile espresso dall’arte di Klimt assume una profondità e un’ambiguità, relativa al contesto storico, di grande fascinazione.

  

Dal punto di vista stilistico, sicuramente è stata di fondamentale importanza per Klimt la conoscenza delle opere di Fernand Khnopff, tra i maggiori artisti del Belgio assieme a George Minne e Jan Toorop, presentati già nel 1898 a Vienna in occasione della I mostra della Secessione fianco a fianco con le opere di Alfred Kubin, Erich Mallina, Leopold Blauensteiner e dello stesso Klimt. La particolare tecnica di Khnopff, che sfumava i contorni fino a renderli impalpabili, indistinti con abili cancellature, conferendo alla figura una distanza fatalmente misteriosa, se non malinconica e vagamente inquietante, influenzò immediatamente Klimt, come si denota in Ritratto femminile del 1894, e Signora davanti al caminetto del 1897-1898.

 
Come ritrattista Klimt si dedicò soprattutto a immortalare le donne dell’alta borghesia viennese, come Sonja Knips, Margaret Stonborough-Wittgenstein, Marie Henneberg, Hermine Gallia, Eugenia Primavesi moglie di Otto Primavesi, generoso finanziatore della Wiener Werkstätte, Fritza Riedler e ovviamente la sua compagna e musa Emilie Flöge. Già nel 1898, Klimt decide di utilizzare il formato quadrato e ritrae la figura, in questo caso Sonja Knips, in posizione decentrata. La donna sta guardando in direzione dello spettatore, seduta quasi in punta della sua poltrona, poggia la mano sinistra sul bracciolo come per sostenersi, nell’istante in cui sta per alzarsi o al contrario sedersi. L’artista cattura quel momento di sospensione e incertezza tra due stati d’animo, riesce a creare una sottile tensione e lo fa anche rafforzando il contrasto tra il fondo scuro e la luce filamentosa che scivola ed evapora dall’abito, più simile a una cascata che a un rigido vestimento. I contorni sfumano, quasi risucchiati dall’atmosfera dell’ambiente. Nell’angolo in alto a destra si accenna pure a un motivo floreale in funzione decorativa, elemento che in seguito diventerà prevalente, fino a invadere sotto forma di segno astratto e di tessera colore quasi tutto lo spazio di rappresentazione.

 
Il ritratto di Adele Bloch-Bauer è considerato uno dei capolavori di Klimt e tra i quadri più importanti del Novecento. Assieme al Bacio rientra tra i lavori del cosiddetto “periodo aureo”. Prima di porre fine a questo ritratto, eseguì un centinaio di disegni preparatori, frutto di un incredibile numero di sedute, a riprova di quanto Klimt cercasse la soluzione perfetta per rendere eterne le sue donne e con esse lo stile di vita di un’epoca. A poco a poco si assiste a una completa fusione tra scienza del ritratto e pittura simbolico-decorativa. Adele è come affogata nell’oro, trasfigurata in una dimensione spirituale nuova che però ha origine nell’arte bizantina. La superficie pittorica riluce e si scompone in tessere maggiori, oppure in un pulviscolo crepitantedi luce. La profondità dello spazio è quasi del tutto annullata a favore di una dimensione luminosa che compenetra anche la figura, il cui abito anch’esso dorato, è risolto con una tappezzeria proliferante di simboli e ornamenti, come quadrati di diversi colori, ricami ondulati, mezzelune, occhi stilizzati, triangoli e spirali, in un continuum bidimensionale che avrà un corrispettivo formale nella celebre Stanza rossa di Henry Matisse del 1908. Nell’ultimo periodo della sua vita anche i ritratti subiranno quell’ultima metamorfosi stilistica caratterizzata da un’estrema esaltazione della funzione decorativa della pittura. E così degli idoli dell’alta borghesia austriaca non resteranno che i volti enigmatici chiusi nella loro misteriosa bellezza, come antichi resti di una civiltà dello sguardo che Klimt preserva ricoprendo di superfici piatte tempestate di fiori e di gemme preziose, un’increspatura dell’immagine che quasi abbaglia e da vertigine, tanto è vicina a effetti di caleidoscopica scomposizione della visione. A questa data Klimt rappresenta una posizione alternativa alla grande arte di Picasso e Braque, fondatori del cubismo, e come questi è lontano anni luce dalla tradizione classica, che aveva raggiunto il culmine della perfezione formale con i ritratti eseguiti dal pittore francese Jean-Auguste-Dominique Ingres, perfettamente idealizzati e dunque senza l’affondo nella psiche dei ritratti di alcuni decenni dopo.

 
Attraverso l’acquario femminile del suo atelier, Klimt ci ha donato nuovi archetipi moderni di differenti tipologie di “giovani fanciulle in fiore”, di donne fatali e di misteri e di enigmi in cui si mescolano erotismo delle stampe giapponesi, letteratura, psicoanalisi e in sostanza quello che ancor oggi noi non siamo e non comprendiamo. Una forma di intimità, irrisolta, segna la grandezza di questo artista il cui merito principale risiede nell’accanimento e nella acribia nel disegnare e fissare posture, sguardi e punti di vista. Con una certa dose di anacronismo, Klimt è stato un modello per la contemporanea body art.

 
Ecco, sganciandoci da tutte le possibili riletture filologiche, l’attualità, o meglio l’inattualità di Klimt, risiede proprio nel suo essere modello per la danza e la coreografia contemporanea. Il corpo femminile, il suo movimento ci riportano ad artisti come Sol LeWitt e alla coreografa Lucinda Childs, insomma a una storia contemporanea che volge i suoi occhi al passato. L’angelo della storia ha qui il suo volto diretto al passato che si riflette, come in uno specchio, in ciò che oggi ci riguarda.

GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti