il bacio

1907-1908
olio su tela
cm 180 x 180
Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

il bacio è il più celebre dipinto di Klimt. Fu esposto per la prima volta nella mostra alla Kunstschau del 1908, dove Klimt aveva una sala personale. Immediatamente l’opera ebbe grande successo di pubblico. Un uomo e una donna si abbracciano teneramente nel loro paradiso terrestre. Un paradiso floreale che in basso sostiene i corpi e uno sfondo non uniforme dorato.

 
I corpi dei due amanti sono avvolti da una sorta di mantello decorato sempre d’oro in cui sono inscritti una serie di rettangoli scuri e chiari. La donna, invece, ha un abito con decorazioni e motivi più lievi e sgargianti; l’abito lascia intravedere la silhouette del corpo femminile. L’uomo è in piedi mentre la donna è inginocchiata sul tappeto o meglio sullo sperone floreale che sostiene la coppia.

 
Il bacio in questione sembra essere casto. Lui la bacia sulla guancia. Ma dei loro corpi vediamo solo frammenti. Della donna, sono perfettamente visibili il volto reclinato all’indietro e una piccola porzione di spalla. Il gomito, piegato a v, e coperto in alto dal tessuto floreale dell’abito, mentre le mani, due dell’uomo e la mano della donna, quella che appartiene al gomito, sono perfettamente dipinte ai lati della spalla visibile. L’altra mano della donna si chiude invece appena abbozzata intorno al collo taurino dell’uomo di cui scorgiamo pienamente la capigliatura e uno scorcio del profilo. L’ultimo frammento di corpo visibile e dipinto sono le caviglie della donna e i suoi piedi con le dita piegate quasi volessero configgersi nello sperone floreale.

L’eros di questo quadro è ben lontano dalle deformazioni espressioniste di Schiele e Kokoschka. Non possiede nessuna carica sensuale esplicita. È una sorta di grande dipinto di maniera, anche nel senso positivo del termine, in cui Klimt si lascia alle spalle le sue esperienze artistiche precedenti, dallo storicismo giovanile al simbolismo sino allo Jugendstil, per inaugurare una sua nuova e brillante stagione artistica. Come per le sue opere precedenti, Klimt realizza una suggestiva messa in scena in cui l’elemento performativo della sua pittura si mostra in uno scintillante e dorato, proprio alla lettera, spazio bidimensionale. L’abbraccio ha una forma lievemente piramidale ma è tutta la straordinaria decorazione tessile a occupare la scena in cui i corpi emergono frammentati.

 
Un senso lievemente perturbante lo offre la posizione inginocchiata della donna, che pur nell'evidenza dei contorni del corpo rivela un senso di incompiutezza nella mano solo accennata che cinge il collo dell’uomo e soprattutto nei piedi con le dita reclinate (in posizione eretta, questa particolare postura dei piedi aveva attratto Aby Warburg che l’associava a una statua di una Ninfa romana e Freud attraverso la Gradiva di Jensen).

 
La grande originalità di Klimt appare evidente, e persino senza tempo, nel suo utilizzo della decorazione, con motivi e geometrie eteroclite, che rimuovono il corpo lasciandone solo frammenti. Tutto si gioca dunque su questa esaltazione della decorazione, e del lusso dell’oro, come forma della privazione o della sottrazione del corpo. Il manierismo pittorico di Klimt assume caratteri affini anche al manierismo psicologico che si muove tra adesione a un modello stereotipato e alla volontà di sfuggire a esso mediante la stravaganza e l’astrazione.

 
Il grande successo coevo di quest’opera, acquistata dallo stato austriaco per la Galleria d’Arte Moderna, si deve anche al fatto che in essa vi si identifica il ritratto di un’epoca, l’apparente sacra primavera dell’impero austroungarico insieme a un erotismo edulcorato e parzialmente cancellato, rimosso (e quindi ancor più profondo). Difficile non pensare alla poesia e alla musica viennese, alla psicoanalisi, al successo delle stampe giapponesi e della filosofia orientale, cui si erano appassionati sia Nietzsche che Schopenhauer. Nelle opere di Klimt succede sempre così. È immediato riconoscere il tempo in cui visse e operò l’artista. Sa, come solo i grandi sanno fare e come avrebbe detto Baudelaire, captare la moda, la morale e le passioni dei suoi concittadini tra la fine dell’Ottocento e la prima decade del Novecento. Intendiamo dire che le opere dell’artista sono quasi sempre allegorie a cominciare dalle giovanili decorazioni per teatri o università a quelle degli ultimi anni, quindi immagini costruite filosoficamente e tecnicamente che evocano e frangono in superficie i più profondi sentimenti e i turbamenti esistenziali di quella società che conobbe la dolce euforia della Belle Époque avvertendone però in anticipo la sua fine.

Quando guardiamo i due possibili e frammentati amanti racchiusi nella loro mandorla dorata, noi riconosciamo, - come scrive Schopenhauer - che “il rapporto sessuale è sempre al centro di ogni fare e agire degli uomini, al punto che non v’è alcun bisogno di spiegare le faccende connesse poiché sono del tutto ovvie… e che la pulsione sessuale è di per sé il nocciolo della volontà di vita… è ciò che perpetua e tiene unito l’intero mondo delle apparenze.”* Nello stesso tempo, e per mezzo della sua pittura Klimt, attraverso le sue tende dorate e geometriche, ci ricorda l’impossibilità dell’identificazione dell’uomo con la donna.

 
Lui la bacia sulla guancia e ciò che appare sembra essere la sua forza animale quasi senza volto. Lei si abbandona, leggiadra; ciò che resta impresso, oltre ai veli di Maya della decorazione sono i suoi piedi con le dita reclinate; una ninfa e una dea dell’amore che sorregge tutta la pesantezza di lui. Lei si è totalmente consegnata a lui, ha chiuso gli occhi e tutto quello che conosce di eros è sigillato nel silenzio del mondo e nella profondità della sua anima. L’infinito è a portata di mano. Il piacere sessuale, sembra dirci il pittore, è esperienza individuale per arrivare all’assoluto, è svuotamento e rinascita, morte e redenzione nell’unione con l’altro. Come scriveva Hegel: “La vera essenza dell’amore consiste nell’abbandonare la coscienza di sé, nell’obliarsi in un altro se stesso e tuttavia nel ritrovarsi e possedersi veramente in quest’oblio. Quindi è identificazione del soggetto in un’altra persona, è il sentimento per cui due esseri esistono solo in una unità perfetta e pongono in questa identità tutta la loro anima e il mondo intero.”* Non c’è bellezza senza tremore. Lui potrebbe essere Dioniso, il dio dell’ebbrezza e della condanna. Lei Arianna. Con questa indimenticabile immagine realizzata tra il 1907 e il 1908 Klimt ha enunciato la sua verità sull’amore.  


 








GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti