filosofia
medicina e giurisprudenza

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fin dalla metà dell’Ottocento, Vienna era stata sottoposta a radicali cambiamenti in linea con quanto stava avvenendo nelle altre capitali europee. Lungo la Ringstrasse furono innalzati alcuni dei nuovi edifici, tra cui l’Università in forme neobarocche. A Klimt, che aveva già lavorato per decorare alcune pareti del Kunsthistorisches Museum, venne richiesto di realizzare una serie di pannelli allegorici per l’Aula Magna della prestigiosa istituzione. Il ministero della cultura e dell’istruzione, committente del lavoro, pretendeva dall’artista una celebrazione in stile storicistico dei più significativi protagonisti nelle tre discipline di Filosofia, Medicina e Giurisprudenza. Il problema sorse dal momento che tra l’iniziale commissione del 1894 e la reale esecuzione dell’opera trascorsero svariati anni, e quando Klimt presentò la prima tela della Filosofia alla VII mostra della Secessione nel 1900, lo stile del maestro era cambiato profondamente da quello della fase più giovanile. Fu uno shock per gran parte del pubblico, non per i sostenitori del nuovo movimento. Ludwig Hevesi, il maggiore tra questi, commentò l’impresa in termini entusiastici, rilevando “l’oscurità mistica”, il concerto di forze elementari e l’apparente caos. Quello che allora videro i viennesi e soprattutto i committenti (i professori universitari) non era l’apollinea rappresentazione della vita umana e delle sue migliori facoltà di pensiero; difatti, il tema generale dell’intero progetto era “La vittoria della luce sulle tenebre”. In termini accademici e “positivi” si richiedeva a Klimt una ottimistica, positiva celebrazione allegorica dei principi di razionalità, progresso e, come si direbbe oggi, di vittoria luminosa delle humanities. Di contro, Klimt aveva progettato e dipinto un incubo cosmico, una melanconica rappresentazione del destino e delle età dell’uomo, il manifestarsi di un sinuoso e perverso cammino terreno di dolore e angoscia. Con un sincronismo temporale, che oggi ci appare sorprendente, Sigmund Freud, nel 1899, pubblicava la sua fondamentale Interpretazione dei sogni, ponendo le basi del maggiore contributo filosofico-geografico del Novecento e della contemporaneità: la psicoanalisi. E non a caso, e in straordinaria sintonia con la visione di Klimt, Freud pone in esergo a questo testo fondamentale una celebre citazione da Virgilio: Si flectere nequeo superos, Acheronta movebo (“Se non posso piegare gli dèi superni, muoverò - verso - l’Acheronte”). L’inferno è realmente sulla terra ma anche e soprattutto al di là di quel fiume che segnala un inesplorato territorio psichico fatto di malattia, vecchiaia e profondo disagio. Quello che ci racconta per immagini Klimt, attraverso questi tre grandi pannelli è, in un certo senso, il risultato di una discesa agli inferi.
La Filosofia cui l’artista faceva riferimento non era certo quella positivista, convinta del dominio razionale dell’uomo sulla realtà. Un groviglio di figure occupa il lato sinistro del pannello, sembrano trascinate in alto, vivono emozioni diverse, sono preda dei sentimenti più cupi e deprimenti. Ci sono giovani uomini e donne, madri e bambini, anziani disperati, e pure gli amanti sono malinconici. Possiamo dire che Klimt avesse colto indicazioni dalla filosofia esistenzialista di Søren Kierkegaard e dalle visioni profonde e complesse di Friedrich Nietzsche e di Arthur Schopenhauer. Lo “schermo” mostra l’eterno destino dei mortali, il conflitto con le insondabili potenze dell’inconscio, la vita come calvario sentimentale. Accanto a questa “scala di Giacobbe” da cui non discendono angeli ma salgono disperati, si configge un volto, un’icona misteriosa - l’enigma del mondo - incastonata in un cielo punteggiato di stelle cui fa da contrappunto sul fondo del dipinto una seconda apparizione femminile avvolta in un’aureola di neri capelli. Questo inquietante e arcaicizzante volto femminile è posto in basso e quasi al centro e guarda direttamente negli occhi lo spettatore. Questo volto femminile sembra essere la trasposizione delle erme greche, quelle sculture in cui un uomo barbuto veniva posto a protezione e segnalazione dei crocicchi, delle biblioteche e delle palestre. Il dio superno a chi le erme erano dedicate era Ermes. Klimt sostituisce il principio maschile dell’intelligenza e del commercio con un volto arcaizzante di (sua) contemporanea femme fatale. Come a dire, anacronisticamente dopo Freud e Jacques Lacan, che il mistero, l’enigma dello sguardo proviene da una figura femminile.

GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti