la fattoria
delle betulle

1900
olio su tela
cm 80 x 80
Vienna, Österreichische Galerie Belvedere 

il dipinto è quasi un monocromo, tutto giocato sulle tonalità del verde. L’inquadratura è modernissima, e risente nel taglio sia dell’influenza dell’immagine fotografica, sia dei piani bidimensionali delle stampe giapponesi. L’inquadratura, infatti, è più importante del soggetto. La linea dell’orizzonte è salita così tanto in alto da fuoriuscire quasi dalla cornice. Pochi elementi ci dicono che si tratta di un paesaggio. Dipingere un paesaggio è questione di “ingrandimento” e di immersione che sostituiscono la visione dell’insieme a favore di un punto di vista ravvicinato, che favorisce una visione e una ricostruzione interiore. Il formato quadrato diventa una sorta di modulo seriale che ritroviamo anche nel quadrato, impiegato da Koloman Moser o Josef Hoffmann (soprannominato “Hofmann il quadrato”) sia nell’impaginazione grafica di testi e immagini che negli esterni e interni delle architetture, sui pavimenti e nei soffitti, per tavoli, tende, infissi, per il vasellame e i gioielli, senza escludere la moda e la tappezzeria. Figura e simbolo di armonia e stabilità, di simmetria e regolarità, il quadrato diventerà marchio di fabbrica del modernismo viennese, “che si caratterizza rispetto al modernismo europeo per il prevalere della linea retta sulla curva e dell’aspetto geometrico su quello organico, dal punto di vista sia decorativo che strutturale” (Eva di Stefano, 2006). Il quadro si pone a questo modo al limite dell’astrazione. La profondità prospettica sopravvive solo grazie a pochi esili tronchi di betulla che guidano lo sguardo ritmicamente dal primo piano verso il fondo, dove sul margine ultimo del terreno si riconosce una fattoria. Abbiamo la sensazione di essere molto lontani dal punto di arrivo, indice del titolo. Come in un sogno le cose nello spazio sono senza peso. Il dipinto è costruito come un tessuto o un arazzo; un passo ancora in avanti e saremmo nel collage. Dalla scena è esclusa la figura umana, regna sovrano il silenzio della natura, e il tempo pare dilatarsi. Benché il quadro sia stato principalmente dipinto en plein air, il risultato finale è frutto di una più accurata meditazione compiuta nello studio. Se fosse un movimento musicale si tratterebbe di un adagio, come quelli composti da Gustav Mahler solitamente intrisi di dolce malinconia. Intenzione dell’artista è superare la pittura naturalistica, proponendo un linguaggio internazionale, ovvero consapevole di tutte le novità emerse in Europa. I viaggi all’estero e le mostre organizzate nel Palazzo della Secessione, metteranno Klimt nelle condizioni di conoscere le opere degli impressionisti, e quelle di Van Gogh. Gli esiti maggiori di quell’aggiornamento modernista si riconosceranno in dipinti come quelli realizzati dopo il 1903, anno in cui era stata organizzata l’esposizione intitolata “Sviluppo dell’Impressionismo in pittura e scultura”, dove assieme alle opere di Manet, Renoir, Degas e Monet erano stati presentati i lavori di Pierre Bonnard ed Édouard Vuillard. Tuttavia il riferimento più utile per capire la particolare tonalità di questi primi dipinti è ancora il belga Fernand Khnopff, tra i principali protagonisti del simbolismo, creatore di mistici paesaggi dell’anima. 

GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti