pallade atena

1898 olio su tela
cm 75 x 75 Vienna,
Historisches Museum der Stadt 

pallade Atena è stato l’idolo, o forse anche il feticcio, delle Secessioni. Lo è stata per la Secessione di Monaco nel 1893, per Franz von Stuck, e successivamente anche per Klimt nel manifesto per la Secessione viennese nel 1898.


In entrambi i casi, è evidente l’influenza di Friedrich Nietzsche che pensava alla sopravvivenza degli antichi dèi pagani all’interno di un’apparente dicotomia tra dionisiaco e apollineo, in una dimensione atemporale segnata “dall’eterno ritorno”.


Quelle che potremmo definire non solo apparenze stilistiche, ma vere e proprie categorie psicologiche (o “tipi psicologici” per seguire Carl Gustav Jung), corrispondono a una genealogia delle immagini e delle forme in cui la severa e androgina Atena di von Stuck e di Gustav Klimt si definiscono a partire da un accessorio: la vittoria alata (la Nike, per i greci) che la divinità reca in palmo di mano. Nel 1803, Antonio Canova scolpisce in marmo il celebre Napoleone Bonaparte come Marte Pacificatore. La statua monumentale in marmo, conservata oggi alla Apsley House di Londra (che fu abitazione, sintomaticamente, del vincitore di Waterloo, ossia del Duca di Wellington), così come il bronzo eseguito nel 1810, e che oggi campeggia al centro del Cortile d’Onore del Palazzo di Brera a Milano, raffigurano un “sin troppo atletico” e nudo, secondo il giudizio dello stesso Napoleone, eroe che sorregge sul palmo della mano destra una piccola vittoria alata in bronzo. Dai tempi di Canova e sino al Novecento, la forma della vittoria alata trapassa direttamente nell’immaginario e nel campionario visivo della Disney quando riformula il personaggio della piccola fata Trilli nella saga di Peter Pan.

Rispetto all’apollineo e neoclassico Canova, Franz von Stuck disegna e dipinge una vittoria alata, nel 1898, simile a un pesante soprammobile ligneo, scuro posto sulla mano di una Atena in veste di anacronistica supereroina.

Nel quadro di Gustav Klimt, dello stesso anno, la vittoria alata, appare invece come straordinario e originale modello che compendia e riassume virtuosamente le idealizzazioni canoviane e l’immaginario disneyano che ancora oggi ci appartiene.

La sua vittoria alata, infatti, è una trionfante e leggera divinità, un piccolo idolo femminile a cui volentieri si perdona l’eccessiva gelosia nei confronti di Peter Pan e questo sia nel romanzo di James Matthew Barrie, Peter e Wendy, che nei cartoni animati Disney (1953) e nei successivi film.

Nell’olio su tela del 1998 di Klimt, Pallade Atena appare con la sua lancia, l’elmo e l’egida ricavata dalla pelle di Medusa - mostruosa creatura scorticata dopo la decapitazione a opera di Perseo - il cui volto demoniaco appare sbalzato al centro della corazza. L’egida rifulge di lamelle d’oro, in verità scaglie di rettile per ricordare la natura dell’anguicrinita Gorgona e il suo potere di morte poi trasferito con un’inversione positiva alla maschera-talismano. Di nuovo Klimt propone l’immagine di Atena anche nel 1901 e nel 1903 come a testimoniare un’importanza del mito che non era solo mera citazione archeologica. Infatti, nell’interpretare la figura di Pallade Atena, il pittore austriaco fa suo il pensiero del filosofo Friedrich Nietzsche che aveva affrontato l’arcaismo in senso antistorico, come qualcosa di più vitale e originario alle fondamenta della coscienza europea. Per lo spettatore dell’epoca, educato al teatro e alla poesia romantica, l’aspetto virile della dea avrà pure ricordato quello di una moderna Valchiria. La musica di Wagner aveva, infatti, reso popolare lo spirito della tragedia greca nella tetralogia operistica Der Ring des Nibelungen (1848-1876). Lo sguardo glaciale e terribile di Ate-na-Brunilde, così realistico, di statua vivente, si contrappone a quello di Medusa che mostra la lingua in una specie di smorfia, un atto di sfida lanciato agli avversari della Secessione. Tuttavia, l’intento di Klimt, risulta ben più complesso. L’artista era consapevole che la razionalità, anche quella di Pallade, non può esistere senza il suo contrario, e che l’apollineo è sempre congiunto al dionisiaco, così come eros a thanatos. Il dipinto presentato in occasione della II mostra della Secessione provocò ironici commenti e l’aspetto androgino di donna contemporanea della divinità fu aspramente criticato dai detrattori dell’arte di Klimt i quali, da sostenitori del gusto neoclassicheggiante, consideravano la statuaria in marmo più consona alla rappresentazione delle divinità olimpiche.

Ritorniamo alla protagonista del quadro, ossia la vittoria alata o Nike. Questa personificazione in seguito diventerà la Nuda Veritas nel 1899, simbolo della sacra primavera viennese. La cornice sbalzata, con il motivo della Medusa ispirato a una metopa del tempio di Selinunte, è prova della elegante commistione tra arte e artigianato, tipica dello Jugendstil. Lo sfondo è risolto con motivi iconografici recuperati dai vasi attici a figure nere: vi si legge lo scontro tra Eracle e il mostro Tritone, a significare di nuovo la lotta tra il pensiero razionale e l’istinto. Atena nella versione arcaica del 1898 rappresenta dunque uno scarto nella produzione di Klimt; l’immagine è cosa ben diversa dall’evocazione storicista di epoche e stili passati che il più giovane pittore aveva sfoggiato nel pennacchio dello scalone del Kunsthistorisches dove nel 1890 aveva già raffigurato Minerva in posizione frontale e uno scudo alle sue spalle tanto luminoso come un sole allo zenith, a significare verosimilmente la luce del puro pensiero razionale, la Ragione assoluta della filosofia hegeliana, corretta dalla poetica-filosofica del già citato Nietzsche. 

GUSTAV KLIMT
GUSTAV KLIMT
Giovanni Iovane, Sergio Risaliti