Le prime notizie relative al fiasco, utilizzato prevalentemente come contenitore per vino, risalgono al XIV secolo. Sono riportate in due novelle del Decamerone di Giovanni Boccaccio. Il recipiente in vetro sostituiva un altro di analoga forma, ma realizzato in metallo stagnato, per impedire le frodi sulla lega con eccesso di piombo, dannoso per il vino. Il vetro invece, come noto sin dall’antichità, non trasmetteva odori né alterava aromi e proprietà della bevanda. Il fiasco aveva forma globulare, con collo corto, ed era coperto per intero di cordicelle orizzontali di erba palustre, detta “sala”, per proteggere il fragile materiale dagli urti e il contenuto dalla luce. Il fondo convesso era rinforzato con paglia più spessa per consentire maggiore stabilità al contenitore. La chiusura era affidata a batuffoli di stoppa, di bambagia o a ciuffi di paglia. Un’immagine di vivace impatto narrativo è offerta da un grande piatto in maiolica di produzione montelupina, databile ai primi anni del XVII secolo, che illustra un maestoso oste vestito con ampio abito a strisce colorate, grembiule bianco e cappello piumato, mentre sorregge un fiasco impagliato sino al collo, come fosse un trofeo destinato a imminente e abbondante libagione, rappresentata dal capiente bicchiere. La frase sul bordo, coerente con la esuberanza burlesca di queste raffigurazioni, inneggia alla qualità del vino: «VOI TU BER EGLI È BUONO».
Studi e riscoperte. 2
Il fiasco in Toscana
DI VETRO CON
L’ABITO DI PAGLIA
In Italia, le prime notizie sul fiasco, usato soprattutto come contenitore per vino, risalgono al XIV secolo. A cominciare dalla Toscana, dove la produzione e l’utilizzo di questo tipico recipiente furono particolarmente diffusi.
Silvia Ciappi
Il fiasco era utilizzato frequentemente anche se danneggiato, come mostra il dipinto di Jacopo Chimenti detto l’Empoli (per le origini della famiglia paterna), che lo pone al centro di una tavola con cibi appetitosi, accostato a un elegante calice, con ampia coppa, e a una piccola bottiglia.
Il recipiente impagliato, destinato al trasporto e alla vendita del vino, fu spesso oggetto di frodi e di ingegnosi trucchi per evadere tasse e gabelle. Seguirono bandi, sempre più severi con elevate multe pecuniarie sino a punizioni corporali, nel tentativo di arginare gli imbrogli. Era sufficiente, tuttavia, produrre fiaschi con un vetro più sottile o realizzare recipienti appena più grandi della misura consentita dalla legge per ingannare sulla reale quantità di vino, consuetudine illecita ma redditizia.
Nel 1574 un bando, rimasto attivo per oltre un cinquantennio, istituì la punzonatura di piombo da applicare sul rivestimento di paglia, che stabiliva la quantità legale del contenuto in “mezzo quarto”.
Dalla metà del XIX secolo la produzione di fiaschi divenne sempre più fiorente a seguito del progressivo miglioramento della qualità del vino e del processo di vinificazione. Quei recipienti, che sancivano il binomio tra vino e manifattura toscana, raggiungevano mercati sempre più lontani. Per questo motivo subirono alcune modifiche per ottenere una maggiore protezione del fondo e del collo che divenne più robusto in prossimità della bocca per consentire la tappatura, manuale o meccanica, con sughero.
ART E DOSSIER N. 387
MAGGIO 2021
In questo numero: ARTISTE NONOSTANTE.: Le signore a Milano; le astrattiste a Parigi; Suzanne Valadon; Bourke-White la pioniera. FABIO MAURI il copro è poesia. CALLIGRAMMI MEDIEVALI: il corpo è scrittura. CREPAX: Valentina in mostra. LUOGHI LEGGENDARI: Il labirinto di Franco Maria Ricci; Il teatro di Aldo Rossi.Direttore: Claudio Pescio