Oggetto misterioso

FRA NUVOLE DI MADREPERLA,
LA “PAZZIA”DI MUNCH

«Può esser stato solo un pazzo» a dipingere l’urlo, nel 1893. non siamo noi a dirlo, e neppure a pensarlo. Fu Munch a scriverlo, celando queste parole nel cielo della sua opera più famosa. Lo ha confermato di recente il Nasjonalmuseet di Oslo, che conserva il dipinto. Quando fu scritta quella frase? E quali segreti nasconde?

Gloria Fossi

Il 22 febbraio scorso il Nasjonalmuseet di Oslo ha dato la notizia. La scritta a matita nell’Urlo(1), nascosta nel cielo più drammaticamente rosso mai dipinto, è del suo autore, Edvard Munch (Ådalsbruk 1863 - Oslo 1944). La frase è stata resa nota in inglese: «Could only have been painted by a madman!»; cioè: «Può esser stato solo un pazzo a dipingerlo!». Non equivochiamo. Munch scriveva anche in inglese e in francese(2), ma non è questo il caso. Sono in norvegese le otto parole celate in grafia minuta fra le striature delle nuvole madreperlacee (fenomeno atmosferico, assai poetico, che spiegheremo poi). Se si osserva, alle pagine seguenti, la fotografia ingrandita, eseguita dai tecnici del museo norvegese, la frase è «Kan kun være malet af en gal Mand!». La grafia di Munch è nota grazie ai manoscritti, conservati al Munchmuseet di Oslo. Il confronto convince assolutamente.

Qui abbiamo fatto la prova con un’opera che abbiamo visto a Londra nella primavera 2019, all’ultima mostra su Munch prima del lockdown(3). È uno studio per il dipinto Disperazione (1892), anticipazione dell’Urlo. Il foglio di velina, a olio e carboncino, raffigura sullo sfondo due sagome maschili e in primo piano un uomo con bombetta, appoggiato a una staccionata, non di un ponte ma di un sentiero. È lo stesso paesaggio raffigurato un anno dopo nell’Urlo: il fiordo presso Oslo, a Ekeberg, con la baia di Bjørvika (dove ora sorge il Teatro dell’opera), e in fondo il promontorio con la fortezza di Akershus. A fianco del disegno, una scritta in norvegese rammenta le sensazioni provate una sera, al tramonto: «Stavo passeggiando con due amici e il sole stava tramontando. Sentii un soffio di nostalgia. D’un tratto, il cielo si fece rosso sangue. Mi fermai, mi sporsi dal parapetto, stanco morto. Vidi nuvole fiammeggianti come una spada insanguinata, e il fiordo nero con la città sullo sfondo. 

I miei amici continuarono a passeggiare, mentre io, tremante d’angoscia, sentii un infinito urlo attraverso la natura». È la Natura a urlare, e anche quella sorta di ectoplasma che vediamo nell’opera del 1893 non urla, ma si tappa le orecchie. Inoltre, le nuvole striate non sono, come si credeva, lo strascico della devastante eruzione del vulcano indonesiano Krakatoa (27 agosto 1883).

Si tratta invece di un fenomeno allora mai illustrato: le nuvole madreperlacee, che si formano nella stratosfera, a -78°, fra venticinquemila e quindicimila metri di altezza, visibili in giornate molto fredde, al tramonto o all’alba, a nord del pianeta(4). Munch non conosceva le ragioni di quel fenomeno, ma ne fu colpito, e confidò queste sensazioni, fra autunno 1891 e gennaio 1892 a Nizza, al pittore conterraneo Christian Skredsvig, con cui stava trascorrendo una vacanza(5). In seguito, per tutta la vita, con varianti e in diverse lingue, rammentò l’episodio.

Tornando alla scritta e alla scoperta recente nell’Urlo, per ottenere una buona definizione, Mai Britt Guleng (co-curatrice della grande antologica tenutasi a Oslo nel 2013)(6) ha fatto fotografare a raggi infrarossi l’opera, che soffre anche del viraggio progressivo dei colori. In tal modo, ha distinto nettamente le parole rispetto al fondo dipinto e verificato che in effetti esse corrispondono alla grafia dell’artista. Non è una vera scoperta, come lei stessa ha dichiarato, ma una conferma a ipotesi che circolavano da tempo, seppure ignorate dalla comunità internazionale degli studiosi e tanto più dal grande pubblico(7). Chi per primo notò la scritta, un critico danese alla mostra di Copenaghen del 1904, aveva pensato che a scrivere quella frase fosse stato un anonimo visitatore, scandalizzato da un dipinto non in linea con l’orientamento accademico. L’urlo faceva scalpore, d’altro canto, dal 1895, quando fu esposto in Norvegia, suscitando un dibattito a dir poco acceso.


Edvard Munch, studio per Disperazione (1892), Oslo, Munchmuseet.

È probabile, come oggi si propone, che Munch sia intervenuto con la matita in quell’occasione, probabilmente subito dopo la mostra. Abbiamo ricostruito la vicenda basandoci sulle fonti. Dunque, nel 1895, Munch aveva affidato diversi suoi dipinti alla più quotata galleria del suo paese, la Blomqvist Kunsthandel (tuttora esistente), al 35 di Karl Johans gate, il salotto buono di Kristiania (oggi Oslo). Scandalo immediato. Henrik Grosch, direttore del Museo di arti decorative e design, scrisse che non si poteva più «considerare Munch un uomo serio con un cervello normale». La Student Society organizzò una serata di discussione e il poeta Sigbjørn Obstfelder parlò di Munch (che era presente) in modo se non favorevole, quantomeno neutrale. Diversamente, lo studente di medicina Johan Scharffenberg mise in dubbio lo stato mentale dell’artista. La mostra fu chiusa dopo pochi giorni. L’episodio ci fa pensare alla reazione, stavolta nei confronti di Matisse, degli studenti di Chicago, che nel 1913 bruciarono in effigie lo “scandaloso” Nudo blu (Memorie di Biskra) proposto all’Armory Show dal pittore francese, che delle critiche non si curò più di tanto.


Edvard Munch, L’urlo (1893), particolare della scritta nascosta fra le nuvole, Oslo, Nasjonalmuseet.

Nel caso qui esaminato si trattava però di un uomo, Munch, definito pazzo. Che soffrisse di crisi ripetute, anche di origine genetica, aggravate da alcolismo, fumo, droga, è risaputo. Lui stesso non ne faceva mistero, e spesso fu internato. La teoria di Guleng è che Munch sia rimasto colpito dalle critiche di Scharffenberg sulla sua salute mentale, e per questo abbia scritto, con amarezza, quella frase. Concordiamo sul fatto che quella scritta sia tutt’altro che marginale nella fisionomia artistica e umana di Munch (certo non l’unico artista, nella storia, a soffrire di problemi psichici). Tuttavia, crediamo che si possa dare anche un’altra sfumatura a questa interpretazione. Già Jay A. Clarke nel 2009(8) aveva fatto notare che dopo lo scandalo del 1895 Munch aveva scritto alla sorella che non poteva aver avuto migliore pubblicità dell’accusa di pazzia. Anche in seguito, e per tutta la vita, pare aver approfittato, per così dire, di quell’aura di follia che lo circondava, per dirigere la sua arte in quella direzione. Pazzo o non pazzo che fosse, certo assolutamente lucido nei confronti della sua pittura. Come lo era stato Van Gogh, cui guardò spesso, e cui spesso viene non a caso paragonato.


Il fenomeno delle nuvole di madreperla nel cielo sopra Oslo, dopo il tramonto (24 dicembre 2014, ore 15.56).

(1) Tempera, matita colorata su cartone non preparato, 91 x 73,5 cm (Oslo, Nasjonalmuseet, NF.M.00939). Oltre a disegni e incisioni, sono note altre tre versioni dipinte: Oslo, Munchmuseet, 1893 e 1910, e collezione privata, 1895. Per una più ampia disamina, si rimanda al nostro L’oggetto misterioso. Enigmi, segreti, viaggi nell’arte, Giunti, Firenze, autunno 2021.

(2) Munch frequentò in Francia, Germania, Danimarca, artisti, filosofi, poeti, musicisti. Fra questi, a Parigi, Gauguin e il musicista Delius (cfr. G. Fossi, Nevermore, la tela peregrina di Gauguin, in “Art e Dossier”, n. 386, marzo 2021, pp.52-55). Per i suoi scritti: www.emunch.no.

(3) Edvard Munch. Love and Angst, catalogo della mostra (Londra, British Museum, 11 aprile - 21 giugno 2019), a cura di G. Bartrum, Londra 2019.

(4) F. Prata, A. Robock, R. Hamblyn, The Sky in Edvard Munch’s The Scream, in “Bulletin of the American Meteorological Society”, vol. 99, n.7, luglio 2018, pp. 1377-1390.

(5) C. Skredsvig, Dage Og Naetter Blandt Kunstnere, Oslo 1943, p. 152.

(6) Edvard Munch (1863-1944), catalogo della mostra (Oslo, Nasjonalmuseet e Munchmuseet, 2 giugno - 13 ottobre 2013), a cura di M.B. Guleng, B. Sauge e J.-O. Steihaug, Milano 2013.

(7) Dell’ipotesi che l’autore fosse Munch, abbiamo trovato traccia in S. Ragna, Edvard Munch: The Man and His Art, New York 1977, p. 106, e in J.P. Saunders (“The Scream”: Charles Tomlinson and Edvard Munch, in “Interdisciplinary Literary Studies”, vol. 1, n. 1, Fall 1999, p. 55. In seguito, a quanto risulta, il silenzio.

(8) J.A. Clarke, Becoming Edvard Munch: Influence, Anxiety, and Myth, Chicago 2009.

ART E DOSSIER N. 387
ART E DOSSIER N. 387
MAGGIO 2021
In questo numero: ARTISTE NONOSTANTE.: Le signore a Milano; le astrattiste a Parigi; Suzanne Valadon; Bourke-White la pioniera. FABIO MAURI il copro è poesia. CALLIGRAMMI MEDIEVALI: il corpo è scrittura. CREPAX: Valentina in mostra. LUOGHI LEGGENDARI: Il labirinto di Franco Maria Ricci; Il teatro di Aldo Rossi.Direttore: Claudio Pescio