La pagina nera

QUEGLI ESEMPI DI
ENERGIA IL PAESAGGIO
BUTTAN VIA

In nome della “green economy” sembra, ormai, che tutto sia permesso. Certo, l’inquinamento è ridotto e le bollette sono più leggere. Ma gli interventi per realizzarla talvolta deturpano il nostro ambiente naturale, alterandone bellezza e memoria storica. Un esempio è nel Viterbese, dove la corsa al fotovoltaico pare inarrestabile e di fronte alla quale la Soprintendenza e il Ministero dei Beni culturali possono fare ben poco.

Fabio Isman

Le energie alternative sono le “nuove frontiere” della “green economy”: inquinano assai meno, promettono risparmi sulla bolletta energetica. Ma, in vari casi, compromettono la massima ricchezza italiana, il paesaggio. Perché il suolo non è un’energia rinnovabile e il paesaggio è immagine della storia che, così, si cancella. Contro le pale eoliche, per esempio, famose le lotte di Vittorio Sgarbi, da sindaco di Salemi (Trapani); ma severe anche le posizioni di organizzazioni ambientaliste, come Italia Nostra o gli Amici della Terra. Non è servito granché: splendidi crinali, magari in Sardegna, sono irrimediabilmente adulterati. Ma anche il fotovoltaico compie danni; come magari nell’antica Etruria, spesso fatta ancora di paesaggi intonsi, senza aggiungere i fondamentali monumenti, e di centri storici che conservano la loro morfologia sociale, cioè la memoria del loro passato.

Solo attorno a Montalto di Castro (Viterbo), tra realizzati e progettati, una trentina di interventi, come dimostra una mappa dell’area. E talora deturpano il patrimonio esistente, che andrebbe invece salvato. Se tutti gli impianti venissero creati occuperebbero circa tremilasettecentocinquantasette ettari di suolo, pressoché totalmente agricoli: come trecentosettanta campi di calcio, allineati tra loro. Cellule fotovoltaiche, ma anche pale, che invadono spazi magari per larghe strade di cantiere. Un progetto non ancora approvato prevede sedici “aerogeneratori” alti duecentocinquanta metri: il doppio di quelli che hanno già mutato radicalmente lo scenario della conca del lago di Bolsena (Viterbo). Paragonabili ai più elevati al mondo che, di solito, sono però “offshore”: al largo delle coste e non vicini a centri abitati famosi per il patrimonio e l’ambiente.

Margherita Eichberg, soprintendente per la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, ne riassume così i caratteri dei paesaggi: quelli «degli etruschi e dei pellegrini, delle bande di ventura e dei liberi Comuni; il contado del mosaico agricolo e il pascolo del grande latifondo gentilizio, degli enti ospedalieri, dei papi; le terrazze tufacee e i dolci crinali assolati; le zone di bonifica e le valli che accompagnavano i fiumi al mare, tra torri, casali ricordati dai viaggiatori e fattorie, o complessi agricoli del Novecento già di tipo aziendale, disposti modularmente». Ora, invece, le campagne di Viterbo e dei comuni della provincia - Tuscania, Montalto di Castro, Canino, Vetralla - stanno per essere invase, e in parte già lo sono, da distese di centinaia di ettari non più verdi, ma di celle fotovoltaiche. A Viterbo, un impianto occuperebbe, da solo, ottanta ettari: una superficie quasi pari a quella del centro storico murato della città, che è di cento. Ma, a tre chilometri da Tuscania, un paio di impianti coprirebbe il doppio del suo centro antico costituendo così un nuovo e visibilissimo sfondo del borgo. Gli agricoltori faticano a coltivare, se non addirittura abbandonano le terre: chi offre dei quattrini per installarvi le energie alternative, è il benvenuto; e ormai, spiega qualcuno, «i prezzi sono stracciati». Vent’anni fa, gli incentivi agricoli europei favorivano la conservazione del paesaggio senese della val d’Orcia; ora rischiano di distruggere l’intera Tuscia, sotto l’assalto dei signori delle “rinnovabili”, che, se non le mafie, hanno dietro di loro chi maneggia i soldi; e chi orienta anche lo sviluppo dell’ex «bel paese» e dell’ambiente in cui viviamo.


Il “rendering”, realizzato dagli Amici della Terra e da AssoTuscania, di uno dei progetti, a Tuscania (Viterbo), dove sono ben visibili cinque altissime pale (e altrettante sono sullo sfondo), che sovrastano la chiesa medievale di San Pietro.

Gli agricoltori faticano a coltivare, se non addirittura abbandonano le terre: chi offre dei quattrini per installarvi le energie alternative, è il benvenuto


I paesaggi etruschi hanno stupito centinaia di illustri viaggiatori: cosa scriverebbero oggi, tra tante pale sullo sfondo, poste in modo casuale, dove conviene, e campi agricoli ridotti a un uso ben diverso dall’originaria vocazione, con altissimi elementi verticali che snaturano gli “skyline” e le bellezze naturali? Il peggio è che chi dovrebbe difendere, in ultima analisi, tutto questo fascino ha armi assai spuntate. Nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale, le soprintendenze possono far valere l’eventuale parere sfavorevole solo in caso di terreni vincolati. Altrimenti il progetto è approvato; e il Ministero dei beni culturali, se vuole, può appellarsi alla Presidenza del Consiglio. 


Questo accade anche perché gli impianti fotovoltaici sono considerati temporanei: «Ma durano venti o trent’anni; e poi, chissà che accadrà», dice Eichberg. In più, alle norme sfuggono le strutture, diciamo così, domestiche; di potenza minore di un megawatt, ma le cui pale eoliche arrivano a sfiorare i cento metri; o quelle fotovoltaiche fino a due ettari di superficie.

Nel dettaglio, la situazione dei quarantasette progetti presentati nella provincia di Viterbo nell’ultimo triennio è questa: ventitre conclusi; cinque, per centosessantatre ettari in attuazione, con il parere favorevole della Soprintendenza; altri diciannove ne ha autorizzati la Regione, per una superficie che è dieci volte tanto, nonostante il punto di vista negativo del Ministero. Di questi, appena due sono bloccati su decisione della Presidenza del Consiglio. Altri ventuno sono in fase di valutazione, e riguardano una superficie di millecentosessantatre ettari; e tre, di dimensioni non note, sono in arrivo: ogni settimana se ne aggiungono di nuovi.

Il “rendering”, realizzato dagli Amici della Terra e da AssoTuscania, di uno dei progetti, a Tuscania, è agghiacciante: sovrastano la chiesa medievale di San Pietro cinque altissime pale (e altrettante sono sullo sfondo), otto volte più alte delle tre torri superstiti, nate a difesa della città. Ma più ricorsi al Tar della Soprintendenza non hanno avuto l’esito sperato. Si dimenticano pure le prescrizioni dettate dai Beni culturali per limitare l’invasività degli impianti. Nel Lazio, non esiste un piano territoriale: quello che c’era, annullato dal Consiglio di Stato; in Toscana, almeno, sono stati individuati i luoghi dove questi scempi sono proibiti.
Nella Tuscia e non solo, una volta installati, i parchi eolici o fotovoltaici sono anche ampliati: a Rinaldone, nel Viterbese, uno di dieci ettari lo vorrebbero portare a ottanta. Un’antica tenuta dei Cavalieri di Malta (sempre assai invisibile e ignota), in località Sugarella, comune di Canino, intende passare da quaranta a duecentodieci ettari. A Pian di Vico, presso Tuscania, ne volevano duecentoquarantasei, ma è stata accolta l’opposizone del Mibact, avverso al provvedimento autorizzatorio regionale. Però, fino a quando? Torneranno all’arrembaggio, questo è sicuro. Conclude Margherita Eichberg: «Nessuna norma o legge ha previsto una pianificazione nazionale o regionale, un piano strategico che individui le aree. Con il Piano energetico regionale, il Lazio ha deciso di fornire soltanto cortesi e generiche indicazioni. Il paesaggio, non solo quello vincolato, è contemplato dalla Costituzione e dal Codice del 2004: confido che tecnici, amministratori, legislatori e magistrati se ne ricordino». Prima che sia davvero troppo tardi, e la terra degli antichi etruschi diventi soltanto quella anonima della transizione energetica.

ART E DOSSIER N. 387
ART E DOSSIER N. 387
MAGGIO 2021
In questo numero: ARTISTE NONOSTANTE.: Le signore a Milano; le astrattiste a Parigi; Suzanne Valadon; Bourke-White la pioniera. FABIO MAURI il copro è poesia. CALLIGRAMMI MEDIEVALI: il corpo è scrittura. CREPAX: Valentina in mostra. LUOGHI LEGGENDARI: Il labirinto di Franco Maria Ricci; Il teatro di Aldo Rossi.Direttore: Claudio Pescio