Luoghi da conoscere
Il Labirinto della Masone a Fontanellato

UN DEDALO DI
BELLEZZA E CULTURA

L’ultima grande impresa di Franco Maria Ricci, scomparso lo scorso settembre, è il Labirinto della Masone, un affascinante complesso, immerso in un’oasi di bambù, con la cappella, la biblioteca, la casa editrice e il museo, dove ha trovato casa l’eclettica collezione del noto intellettuale.

Marta Santacatterina

tutto cominciò con un colpo di fulmine. Correva l’anno 1963 e a Parma, nel palazzo della Pilotta, apriva al pubblico un’esposizione su Giambattista Bodoni (1740-1813), quel tipografo celebre nel mondo per la raffinatezza dei suoi caratteri e l’equilibrio compositivo delle sue pagine. «Fu un vero innamoramento», dichiarava Franco Maria Ricci. «Ero amico del direttore che stava allestendo il Museo bodoniano e decisi di riprodurre il Manuale tipografico», un libro che non è solo un catalogo di segni, «ma l’espressione della capacità di usare i caratteri»(*). Da quell’impresa audace, rischiosissima, nacque una casa editrice che ancora oggi ha per presupposti lo stile, l’eleganza, la ricercatezza. Alla prima edizione bodoniana del 1965 fecero seguito la ristampa dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, poi ci fu l’incontro con Borges e la creazione di collane di grande successo, come “La Biblioteca di Babele” e “I Segni dell’Uomo”, quest’ultima stampata su carta Fabriano fabbricata appositamente e corredata da immagini riprodotte su carta lucida, tagliate e incollate a mano. Peraltro è notizia recente che il marchio FMR (Franco Maria Ricci), dopo essere stato ceduto dal suo fondatore per un’altra avventura non meno coraggiosa, è tornato nelle mani degli eredi di Ricci, con la conseguente possibilità di pubblicare di nuovo l’omonima sofisticata rivista.

Quello su cui vogliamo soffermarci è però il risultato dell’ultima stagione di Franco Maria Ricci, scomparso lo scorso 10 settembre 2020: «L’avevo detto che avrei fatto come Greta Garbo: avrei lasciato le scene al massimo dei consensi. Così mi sono ritrovato a dover scegliere. Potevo morire dopo aver fatto seicento libri e qualche crociera, oppure morire dopo aver fatto seicento libri e un labirinto». 

E così il labirinto più grande del mondo ha visto la luce nel 2015, dopo dieci anni di lavoro tra la progettazione - affidata all’architetto Pier Carlo Bontempi, ispiratosi per gli edifici a un gusto francese, illuminista e neoclassico - e la realizzazione del percorso di tre chilometri che si snoda fra duecentomila piante di bambù, sviluppato insieme all’architetto Davide Dutto tenendo a mente una suggestione rinascimentale: l’Hypnerotomachia Poliphili, romanzo di Francesco Colonna e capolavoro tipografico di Aldo Manuzio. Un sogno realizzato che ha molto a che fare con Borges - basti ricordare Il giardino dei sentieri che si biforcano - e che rappresenta sia un gioco sia una profonda riflessione sulla vita.


L’arco di accesso alla corte centrale del Labirinto della Masone.

Veduta aerea del Labirinto della Masone.


La seconda corte del Labirinto della Masone.

Edifici che si ispirano a un gusto francese, illuminista e neoclassico


Il complesso del Labirinto della Masone, innalzato nel mezzo della pianura di Fontanellato, a pochi chilometri da Parma, comprende una serie di edifici che lo completano e lo identificano come luogo di cultura: la cappella a forma di piramide - niente riferimenti massonici, ma illuministi e cattolici -, la biblioteca, gli spazi dedicati al lavoro editoriale e alle mostre temporanee e ultimo, ma non meno importante, il museo che ospita l’eclettica collezione del “padrone di casa”.
A conferma di un’inesauribile originalità, ad accogliere i visitatori c’è una luccicante Jaguar E-Type, «la prima cosa bella che ho comprato», ammetteva Franco Maria Ricci, che l’ha voluta sistemare in un ambiente sulle cui pareti si trovano i loghi da lui disegnati in qualità di grafico.
Ma ci sono anche i volumi di Bodoni (nelle due stanze adiacenti al piano terra), solo alcuni dell’incredibile patrimonio composto da oltre millecento esemplari autentici conservati nel Labirinto. L’esposizione prosegue al primo piano con criteri imprevedibili, dettati da accostamenti personalissimi: del resto le scoperte e gli acquisti sono stati spesso legati alla progettazione dei libri. Ricordiamo, per esempio, la Testa di tigre di Ligabue, le eteree figure di Erté, il superbo Vir temporis acti di Adolfo Wildt, scultore che proprio Franco Maria Ricci ha contribuito a restituire allo studio e all’apprezzamento del pubblico. Le acquisizioni non sono mai state dettate dalla moda del momento: le statuette crisoelefantine di Chiparus erano considerate fuori moda, decadenti, ma con un formidabile intuito di Ricci seppe riconoscerne il valore e l’eleganza di una cultura borghese, ci svela in un’intervista Edoardo Pepino, ora alla guida del Labirinto assieme a Laura Casalis.
Al giovane direttore abbiamo chiesto a quale opera Ricci fosse particolarmente legato: «C’è una parte del collezionismo bibliofilo, molto importante a mio parere, che non riguarda le edizioni bodoniane, anzi ne è abbastanza distante. Una conseguenza dell’amore di Ricci per le culture esotiche. La Chine in miniature è una di queste: un’edizione in sei volumi dedicata alla Cina e ai suoi usi e costumi, pubblicata nell’Ottocento, con meravigliose miniature acquerellate, una sorta di compendio illuminista.
A questo Oriente illustrato dedicheremo un volume dal titolo Impressions of China. Altro caposaldo dell’illustrazione esotica è la serie di Ferrario, Costume antico e moderno: centinaia di tavole che riflettono le varietà di un mondo forse quasi del tutto perduto ai tempi d’oggi, fatto di globalizzazione e di conformismo».

Un denominatore comune tra le cinquecento opere, databili dal XVI secolo al Novecento, è il ritratto


Se proprio si volesse trovare un denominatore comune tra le cinquecento opere, databili dal XVI secolo al Novecento, questo sarebbe il ritratto: dipinti o scolpiti, i volti paiono quasi degli invitati alla corte di sua maestà Franco Maria Ricci, e tra questi ospiti illustri che popolano le sale compaiono Clemente X di Bernini, la Beatrice di Canova, la Maddalena penitente di Hayez e due rari busti in cera della seconda metà del XVIII secolo. Alcuni personaggi tuttavia non figurano troppo in salute, visto che tra le “meraviglie” non poteva mancare una “Wunderkammer” dedicata alle vanitas, tra teschi, ossa e teste dipinte in stato di decomposizione: «Serve per ricordarmi di non dare eccessiva importanza all’effimero», si giustificava Ricci.

Nel 2017, durante la festa per gli ottant’anni dell’editore, è stato annunciato un altro progetto visionario, un labirinto di specchi. La pandemia ne ha rallentato la realizzazione ma l’intrigante installazione - in buona parte multimediale - sarà protagonista della prossima esposizione a Fontanellato: Umberto Eco, Franco Maria Ricci, Labirinti. Storia di un segno. «Per entrare nella mente di questi Grandi Saggi conoscitori dei labirinti (Ricci ed Eco appunto, insieme a Borges!)», racconta Pepino, «i visitatori si immergeranno in un labirinto di specchi, vestibolo della mostra ma anche proiezione, all’interno del museo, di quella dimensione indefinita e simbolica che già si sperimenta, fuori dal museo, nel vasto labirinto di bambù». «La bellezza per me è stata un mestiere e una scelta. […] Come la cultura, è effimera, ma fondamentale. La mia famiglia, la mia città, la mia formazione mi hanno spinto a fare cose belle inevitabilmente. La bellezza è stata per me inevitabile», dichiarava ancora Franco Maria Ricci. E a dimostrarlo, al di là dei libri con le loro copertine nere su cui splende la luce dell’oro, basta addentrarsi nel Labirinto della Masone.


Adolfo Wildt, Vir temporis acti (1911 circa).

(*) Le citazioni di Franco Maria Ricci sono tratte dal volume che accompagna l’omonimo documentario in dvd: Barbara Ainis, Ephémère. La bellezza inevitabile, Parma 2019.

Labirinto della Masone
Fontanellato (Parma)
www.labirintodifrancomariaricci.it

ART E DOSSIER N. 387
ART E DOSSIER N. 387
MAGGIO 2021
In questo numero: ARTISTE NONOSTANTE.: Le signore a Milano; le astrattiste a Parigi; Suzanne Valadon; Bourke-White la pioniera. FABIO MAURI il copro è poesia. CALLIGRAMMI MEDIEVALI: il corpo è scrittura. CREPAX: Valentina in mostra. LUOGHI LEGGENDARI: Il labirinto di Franco Maria Ricci; Il teatro di Aldo Rossi.Direttore: Claudio Pescio