CATALOGHI E LIBRI

APRILE 2021

AKSELI GALLEN-KALLELA E L’ITALIA 1895-1950

Il viaggio di formazione, il revival dei cosiddetti Primitivi, la pittura ad affresco, le mostre e la fortuna critica italiana: su questo indaga Maria Stella Bottai, da anni studiosa dell’artista finlandese Akseli Gallen-Kallela (Pori 1865 - Stoccolma 1931). Il libro è prefato da Maria Teresa Benedetti, patrocinato dall’Ambasciata di Finlandia e dal Dottorato di ricerca in storia dell’arte della Sapienza a Roma. Ne emergono le non sporadiche, fondamentali relazioni del pittore finlandese con l’Italia e la sua cultura (fin dal 1897), nonché le sue partecipazioni a mostre italiane, perfino con una monografica alla Biennale di Venezia del 1914. Gallen-Kallela, poi noto nel suo paese anche per monumentali cantieri decorativi, guardò a “Primitivi” come Simone Martini, Benozzo Gozzoli, Giovanni Bellini, Antonello da Messina, che copiò anche al Louvre, come documenta l’autrice, che ha rintracciato il suo nome nel registro dei copisti al museo parigino nel 1903. Proprio a Parigi Gallen-Kallela conobbe, forse nel 1900, Vittorio Pica, critico acuto caduto in disgrazia in epoca fascista, che lo considerava il maggior artista del suo paese.

Maria Stella Bottai Gangemi Editore, Roma 2020 176 pp., 24 tavv. colore, 22 ill. b.n. € 28, eBook € 21,99

BRAQUE. ATELIERS

Jaca Book ristampa giustamente, dopo la prima edizione del 1995, l’acuta indagine che Jean Leymarie (1919-2006) dedicò nel 1995 a Georges Braque (1882-1963). Studioso di fama internazionale, docente universitario, curatore di musei e istituzioni di prestigio (come, in Italia, l’Accademia di Francia a Roma, dove creò mostre indimenticabili), Leymarie fu grande amico di Braque e, dopo la sua morte, dei Laurens suoi eredi. Il libro commenta e illustra la genesi, anche esistenziale, per così dire, o meglio filosofica, non solo meramente pittorica, di decine di dipinti che spaziano dal primo periodo cubista (quello dell’inestricabile sodalizio con Picasso, attorno agli anni Dieci del Novecento), fino alle opere degli anni Quaranta-Cinquanta con, in particolare, gli otto splendidi Atelier sinfonici, uno dei quali è illustrato anche in c copertina. L’argomento trattato - l’atelier, o meglio i due atelier dell’artista francese, a Parigi e a Varengeville-sur-Mer in Normandia - può sembrare solo “uno dei temi” sperimentati da Braque, artista talvolta lievemente sottostimato, quasi fosse un comprimario, soprattutto nei primi periodi, rispetto all’amico Picasso. Molti artisti suoi contemporanei (Picasso e Matisse in testa) affrontarono questo tema, ma per loro, appunto, fu uno fra i tanti, per quanto molto sentito. Per Braque invece l’atelier fu il tema centrale, sempre: questo l’assunto di Leymarie e della sua indagine, basata peraltro su convinzioni e dichiarazioni di Braque stesso. Basta osservare i suoi dipinti, coi tavolini, gli oggetti quotidiani, la stufa, gli strumenti di lavoro, lo spazio abitato raramente dalla figura umana, ma evocata in assenza. Leymarie introduce l’argomento accennando alle raffigurazioni dell’antichità, e poi a quelle della pittura occidentale che dal Medioevo attraversano il Rinascimento, gli olandesi del Seicento fino a Courbet, Daumier, Bazille. Ma è Braque “il re degli atelier”, e infatti amava dire di essersi preoccupato per tutta la vita di dipingere lo spazio: esistenziale e fisico «spazio domestico […] percepibile al tatto come allo sguardo».



Jean Leymarie Traduzione di Chiara Formis Jaca Book, Milano 2020 224 pp., 97 ill. colore e b.n. € 80

STUDI SULLA PITTURA TOSCANA DEL RINASCIMENTO

Everett Fahy, studioso di pittura fiorentina del Rinascimento, è scomparso nel 2018. Lo ricordiamo ai Tatti, nella Biblioteca della Harvard University sui colli fiorentini: così diverso, per carattere, da Federico Zeri, al quale fu peraltro legato da amicizia e stima profonda, e soprattutto da un metodo di ricerca affine: occhio formidabile, memoria visiva incrementata da una certosina “registrazione” delle opere studiate, viste, scoperte. Ambedue raccoglievano appunti, lettere, cartoline e fotografie, con una pratica pressoché quotidiana, comune anche a un altro amico di Fahy, il compianto Miklós Boskovits (il quale ha donato la sua fototeca all’Università di Firenze). Fahy ha lasciato la sua alla Fondazione Zeri ora a Bologna, in modo da integrare la già formidabile fototeca zeriana, alla quale lo studioso romano teneva almeno quanto alla biblioteca e alla preziosa raccolta di cataloghi d’asta. Il primo volume di questo libro, sotto l’egida della Fondazione, raduna, dal primo saggio su Piero di Cosimo (1965), una decina di articoli pubblicati da Fahy nel corso di una carriera interrotta solo dalla malattia. La selezione riguarda molti artisti toscani, perlopiù fiorentini, indagati o scoperti con mirabili doti di “connoisseur”. Il secondo volume li illustra con centinaia di fotografie in bianco e nero, che rammentano, di primo acchito, le immagini raccolte da Zeri in contenitori catalogati con rigore nella fototeca di Mentana (Roma), nella villa dove il celebre critico romano abitava ed è morto nel 1998. I due tomi, ineccepibili per apparati e indici, sono introdotti da De Marchi, che indugia sul metodo di Fahy, le scoperte ma anche la rara franchezza nel riconoscere passati errori critici. De Marchi rammenta che per il suo occhio infallibile Luciano Bellosi chiamava l’amico Fahy il «Maestro dall’occhio vispo» (allusione ironica al Maestro del Bambin Vispo, anonimo artista battezzato da Otto Sirén). Onore alla Fondazione Zeri, a Officina Libraria, ai benefattori che hanno permesso questa importante impresa editoriale. Speriamo che presto si riesca anche a pubblicare l’esauritissimo studio di Fahy sui seguaci del Ghirlandaio.


Everett Fahy a cura di A. De Marchi, E. Sambo Officina Libraria, Roma 2020 2 volumi, 582+ 408 pp., 57 ill. colore, 428 b.n. € 90

Everett Fahy a cura di A. De Marchi, E. Sambo Officina Libraria, Roma 2020 2 volumi, 582+ 408 pp., 57 ill. colore, 428 b.n. € 90

GIULIO CESARE PROCACCINI LIFE AND WORK

Le chiusure forzate per pandemia ci hanno impedito di menzionare prima questa imponente, fondamentale monografia su Giulio Cesare Procaccini (1574-1625), scritta a due mani: da Hugh Brigstocke, già funzionario della National Gallery of Scotland, e nel 2002 curatore della mostra Procaccini in America, e da una più giovane ma già stimata specialista di arte lombarda, Odette D’Albo. Il libro costituisce il catalogo ragionato - monumentale e documentato in ogni suo aspetto, da quello biografico all’esegesi sui dipinti e sulla fortuna (e sfortuna) critica - di un magnifico pittore (ma fu anche scultore). Nato a Bologna, Procaccini gravitò soprattutto fra Milano e Genova. Forse anche per questo è stato a lungo trascurato dagli studiosi, che non sapevano inserirlo nell’una o nell’altra scuola. Eppure, già nel 1606 il poeta veneziano Giovanni Soranzo gli dedicava un sonetto elogiativo: «[…] O Cesare fortunato, ond’apprendesti far che’l disegno spiri e che tue carte avanzino di pregio ogni tesoro? Io ben l’intendo: ne l’Idee celesti appreso l’hai: però la tua bell’arte muto poeta è di pittor canoro». Soranzo, attivo a Milano per qualche anno, dove Procaccini lavorava, gli dedicherà in seguito altri versi, e molti altri saranno i giudizi positivi sull’artista. La relativa sfortuna critica successiva è forse anche dovuta a mutamenti di gusto, dato che le opere pittoriche note di Procaccini, oggi sparse nel mondo, sono sostanzialmente di natura sacra. In realtà egli dipinse anche ritratti, come quello dell’attrice di teatro “Flaminia”, qui in copertina. Molti sono citati dalle fonti o testimoniati da disegni, ma sono introvabili nella definitiva elaborazione pittorica. Il libro rende merito al pittore con capillari indagini, nella tradizione dei “catalogues raisonnés”, e indaga anche sui legami con la Spagna e alcuni committenti illustri, e poi su tecniche, errate attribuzioni e altro. Diretto al mondo internazionale di studiosi, curatori, collezionisti, antiquari, è stato pubblicato in inglese.


A cura di Hugh Brigstocke, Odette D’Albo Allemandi, Torino 2020 504 pp., 375 ill. colore e b.n. € 200

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio