Grandi mostre. 5
POMPEI 79 D.C. UNA STORIA ROMANA A ROMA

LA
MEGALOPOLI

E LA CITTÀ
DI PROVINCIA

ROMA E POMPEI: DUE REALTÀ UNITE DA UN LUNGO E COMPLESSO RAPPORTO – DALLA FINE DEL IV SECOLO A.C. ALL’ERUZIONE DEL VESUVIO NEL 79 D.C – RACCONTATO IN UN’ACCURATA MOSTRA AL COLOSSEO.

Sergio Rinaldi Tufi

Possiamo finalmente visitare, dopo una lunga attesa dovuta alla pandemia, Pompei 79 d.C. Una storia romana, una mostra davvero bella che la direttrice del parco del Colosseo, Alfonsina Russo, ospita nella cavea dell’anfiteatro e che è stata ideata e curata da Mario Torelli insieme con Massimo Osanna, direttore del Parco archeologico della città vesuviana in questi ultimi anni di grandi scoperte e ora direttore generale dei musei dello Stato. Torelli è stato maestro sia di Russo sia di Osanna: noto soprattutto come etruscologo ma conoscitore a tutto tondo del mondo antico e non solo di quello, è morto lo scorso 15 settembre, lasciando ai suoi allievi e a noi tutti quest’ultima preziosa eredità. In questo progetto si è giovato anche, come già in passato, della collaborazione dell’architetto Maurizio di Puolo, cui si deve un allestimento sobrio e raffinato. 

Roma e Pompei, un confronto apparentemente impari. Da una parte c’è una “megalopoli”, dall’altra una cittadina nata come porto di Nocera. Ma Nocera guida una confederazione, inserita peraltro nell’orbita sannitica, che a partire dalla fine del IV secolo a.C. è in buon rapporto con Roma, il che rende plausibile l’accostamento. Nel II secolo a.C. l’alleanza vince guerre in Europa, in Africa e in Oriente. Pompei e molti altri centri della penisola, pure alleati (“socii”), raggiungono (grazie ai grossi bottini conquistati, ma anche a una florida attività manifatturiera e commerciale) notevole prosperità e la esibiscono realizzando grandi edifici pubblici e sontuose dimore private. 

I commerci sono su larghissimo raggio: in particolare, quelli con l’India, specialmente da quando, nel I d.C., si scopre l’alternarsi dei venti monsoni ed è più facile programmare la navigazione. Si importano spezie, avorio, perle, stoffe. I rapporti con mercanti od operatori provenienti da quel subcontinente sono testimoniati in mostra da una statuina d’avorio trovata proprio a Pompei: Lakshmi (dea indiana della bellezza e della prosperità), nuda e ornata di numerosi gioielli, fiancheggiata da ancelle le cui figure quasi si fondono con la sua. Le rotte con l’oceano Indiano passavano, costeggiando la Penisola arabica, per il mar Rosso, collegato in vari modi al Nilo e perciò al porto di Alessandria e al Mediterraneo. Ma troviamo in mostra anche merci di produzione appunto mediterranea: vediamo, esposte come in una stiva di nave, anfore vinarie del tipo “Dressel 1 A”, il più diffuso dal I secolo a.C.


Busto in bronzo di Artemide-Diana saettante (II secolo a.C.), da Pompei, tempio di Apollo. Questa e le altre opere qui riprodotte sono conservate al Museo archeologico nazionale di Napoli.

L’ampia ricchezza si riflette nel fasto delle dimore. La Casa del fauno (così detta da una splendida statuina qui rinvenuta, che per la verità più che un fauno raffigura un satiro) è un’abitazione del III secolo a.C. ristrutturata alla fine del II: numerosi gli ambienti e raffinati i mosaici (conservati nel Museo archeologico nazionale di Napoli), costituiti talvolta da tessere piccolissime, spesso ad andamento ondulato (simili a vermicelli, e si parla perciò di “opus vermiculatum”). È una tecnica di tradizione alessandrina. Le tessere sono oltre un milione e mezzo nel grande e celebre mosaico raffigurante la battaglia di Alessandro Magno contro il re persiano Dario: in mostra vedremo però l’impiego del “vermiculatum” in un’opera non così gigantesca ma assai raffinata, una scena con fauna marina. Al centro, un polpo affronta un’aragosta in una lotta a cui assiste, o partecipa, anche una murena. 


DOPO UN’ALLEANZA DI OLTRE SESSANTA ANNI, LA GUERRA SOCIALE È VINTA DA ROMA. SI AFFERMA IL RITRATTO INDIVIDUALE


Fra le statue di culto spicca quella bronzea di Artemide-Diana conservata al Museo archeologico nazionale di Napoli, di cui resta solo la parte superiore; ben conservata invece (e di recente restaurata) è la statua di Apollo (rimasta però a Napoli), che proprio davanti al suo tempio era raffigurato con la divina sorella. Protesi in avanti, erano in veste di arcieri-giustizieri contro i sette figli e le sette figlie di Niobe, rea di essersi vantata con Latona, madre dei due dèi, di essere più feconda di lei. Sulle due sculture, una scoperta e un’ipotesi: la scoperta, durante il restauro, è la constatazione che i due volti erano stati ricavati da un’unica matrice; l’ipotesi, che i promotori suggeriscono, è che queste sculture fossero arrivate in Italia come bottino di Lucio Mummio, il generale che nel 146 a.C. distrusse Corinto e conquistò la Grecia. 

Dopo un’alleanza di oltre sessanta anni, i “socii” rivendicano maggiori diritti. La Guerra sociale che ne segue (91-88 a.C.) è vinta da Roma: Silla espugna anche Pompei stessa. I danni sono relativamente limitati, ma l’Urbe, insediando nell’80 a.C. una colonia di soldati, impone una più marcata supremazia. Fra i modelli culturali introdotti dai coloni si afferma il ritratto individuale. Spicca in mostra quello di Caius Norbanus Sorex, «autore di parti secondarie» (l’iscrizione sull’erma dice proprio così) che era entrato a far parte della cerchia di Silla, noto amante degli spettacoli teatrali, ormai vicino alla morte; altri suoi ritratti sono stati rinvenuti nel portico di Eumachia , sempre a Pompei, e a Nemi, dove poi si trasferì. Il volto presenta lineamenti decisi e massicci; i capelli sono cortissimi, in piccole ciocche ordinatamente allineate. Siamo nell’ambito delle tendenze della ritrattistica di età repubblicana, e questo è un elemento (insieme ai rapporti con Silla) che suggerisce una datazione al I secolo a.C., anche se l’iscrizione più tarda che appare sul’erma in cui il ritratto fu inserito rischia di creare confusione. 

Fra l’età di Silla e quella di Ottaviano Augusto, per gran parte del I secolo a.C., nella pittura murale domina il “II stile”: raffigura pareti in blocchi squadrati in cui si aprono in alto archi e finestre, attraverso cui si scorgono tempietti, colonnati, giardini. In mostra ne vedremo un esempio proveniente dalla Insula Occidentalis di Pompei, con prore di navi in un panorama marino.


Statuetta in avorio della dea indiana Lakshmi (I secolo a.C. - I secolo d.C.), particolare, da Pompei, Casa della statuetta indiana.

Erma marmorea con ritratto in bronzo di Caius Norbanus Sorex (inizi del I secolo a.C.), particolare, da Pompei, tempio di Iside.


Erma marmorea con ritratto in bronzo di Lucius Caecilius Iucundus (prima metà del I secolo d.C. circa), particolare, da Pompei, Casa di Lucio Cecilio Giocondo, tablino.

Quando Augusto “pater patriae” rinsalda lo Stato romano, le grandi famiglie di Pompei, realizzando feste, spettacoli, monumenti, cercano consensi e voti per la conquista di cariche nella politica locale. Personaggio-simbolo di quest’epoca è una matrona ben nota, Eumachia, la cui famiglia (produttrice di vino, anfore, tegole) si era trasferita qui da tempo: ereditati i beni di famiglia, aggiunse la nuova attività delle lavanderie (“fullonicae”), divenendo anche patrona degli operatori (“fullones”), che le dedicarono la statua, in veste di sacerdotessa, ora esposta in mostra. Era collocata nel grande portico adiacente al Foro (sede di vari scambi commerciali) che ella stessa aveva dedicato, ai tempi di Tiberio, alla “concordia” e alla “pietas augusta”. La scultura conserva anche tracce di policromia, ma forse, ancor più che per il valore artistico, si impone come espressione di un mondo assai complesso. 


UNA GRANDE PITTURA MURALE CON UNA CELEBRE RISSA FRA POMPEIANI E NOCERINI NELL’ANFITEATRO DI POMPEI


Un altro ricco imprenditore (ceramica, vino), Olconio Rufo, si fa addirittura raffigurare come alto ufficiale dell’esercito, con il particolare mantello detto “paludamentum” e con la corazza riccamente decorata. Un potente liberto, uno degli ex-schiavi che fanno fortuna, è Cecilio Giocondo, banchiere e mercante. Nel 62 d.C. un terremoto aveva sconvolto la città; nel 79, al momento dell’eruzione, molti edifici erano ancora in via di ricostruzione, e in tali lavori molti personaggi come Cecilio si erano ulteriormente arricchiti. Conosciamo la sua casa (dove un’iscrizione ci rivela il nome), in cui due rilievi, uno dei quali rubato (l’altro è appunto in mostra), raffigurano proprio scene del terremoto stesso, con tanto di edifici traballanti; e al Colosseo vedremo anche il suo ritratto in bronzo, in cui sono rese senza alcuna idealizzazione fattezze, rughe, imperfezioni (spicca una grossa verruca), secondo una corrente di gusto (che in qualche modo si rifà all’arte romana repubblicana) propria dell’età di Vespasiano (69-79 d.C.). 

Non si rifanno, invece, a correnti proprie dell’arte ufficiale altre opere visibili in mostra: per esempio una grande pittura murale raffigurante una celebre rissa fra pompeiani e nocerini scoppiata nel 59 d.C. nell’anfiteatro di Pompei. Un anfiteatro dentro l’altro: quello di Pompei (80 a.C.), il più antico fra quelli conservati, in un dipinto esposto entro quello più famoso, inaugurato da Tito nell’80 d.C. e poi ampliato da Domiziano. La rissa è raccontata da Tacito: dagli insulti ai sassi, dai sassi alle armi, con molte vittime e con una lunga squalifica, revocata dopo il terremoto del 62. Nel dipinto, figurine sommarie ma efficaci guizzano qua e là all’interno e nelle vicinanze dell’edificio, reso con efficacia malgrado qualche deformazione prospettica. 

Deformazioni, sproporzioni: pitture come questa non sono “auliche”, ma interessate soprattutto alla chiarezza e alla leggibilità da parte del pubblico di riferimento. Siamo nell’ambito dell’«arte plebea», espressione lanciata a suo tempo da Ranuccio Bianchi Bandinelli, talvolta discussa ma ora rilanciata, nel catalogo della mostra, proprio dal curatore. Quel pubblico, scrive Mario Torelli, va individuato nell’«indistinto delle plebi urbane», sia a Roma sia nelle città italiche come Pompei. E, potremmo aggiungere, è paragonabile a quello delle province, soprattutto europee, dell’Impero romano: ma il discorso porterebbe lontano.


Affresco con Scena di rissa fra pompeiani e nocerini nell’anfiteatro di Pompei (59-79 d.C.), da Pompei, Casa della rissa nell’anfiteatro, peristilio.

Statua di Eumachia (fine del I secolo a.C. - inizi del I sec. d.C.), da Pompei, edificio di Eumachia.


Statua loricata di Marcus Holconius Rufus (2/1 a.C. - 14 d.C.), da Pompei, tra via dell’Abbondanza e le Terme stabiane.

Pompei 79 d.C. Una storia romana

a cura di Mario Torelli con Massimo Osanna
Roma, Colosseo
fino al 9 maggio
catalogo Electa
www.parcocolosseo.it

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio