Grandi mostre. 4
DANTE, L’ESILIO E L’ARTE A RAVENNA

IL POETA
ERRANTE

RITROVA LA
BELLEZZA

NEL SETTIMO CENTENARIO DELLA SUA MORTE, RAVENNA RENDE OMAGGIO A DANTE CON UNA MOSTRA, QUI RACCONTATA DAL CURATORE, CHE RIPERCORRE LE TAPPE DEL SUO LUNGO ESILIO DURANTE IL QUALE, PROBABILMENTE, IL SOMMO POETA EBBE MODO DI AMMIRARE, COME GIÀ A FIRENZE, PREZIOSE OPERE D’ARTE.

Massimo Medica

Quando Dante giunse a Bologna nel 1304 , ad alcuni anni di distanza dai suoi precedenti soggiorni, dovette rimanere non poco interdetto nel vedere campeggiare sulla torre del palazzo della Biada la grande statua in rame dorato di papa Bonifacio VIII che pochi anni prima, nel 1301, la città aveva fatto erigere affidandone l’esecuzione all’orafo senese Manno di Bandino. Il pontefice, per quanto appena scomparso, rimaneva pur sempre il suo acerrimo nemico, colui il quale, avendo favorito la presa del potere dei guelfi neri a Firenze, aveva di fatto reso possibile il suo esilio. Questo aveva avuto inizio nel 1302, nel momento in cui il sommo poeta, dopo aver incontrato a Roma lo stesso pontefice «lo principe d’i novi Farisei» (Inferno, XXVII canto), stava facendo ritorno nella sua amata Firenze, senza sapere che non l’avrebbe mai più rivista. 

Inizia infatti da questo momento in poi il lungo esilio che com’è noto porterà Dante a peregrinare per varie corti e città dell’Italia centro-settentrionale, presso le quali troverà talvolta protezione e anche aiuto. Roma, Arezzo, Verona, Padova, Bologna, Lucca, Pisa, Venezia e Ravenna costituiscono alcune delle tappe principali di questo confino, che la mostra Le arti al tempo dell’esilio (uno dei grandi eventi del ciclo espositivo Dante. Gli occhi e la mente), allestita a partire dal 5 marzo presso la chiesa di San Romualdo di Ravenna, intende ripercorrere presentando alcune delle più significative testimonianze artistiche relative a quegli anni, che non è escluso il poeta poté vedere durante il suo lungo viaggio. Un vasto patrimonio di immagini di cui Dante dovette certamente tenere conto nel momento in cui si apprestava a comporre la sua Commedia, pervasa da continue suggestioni figurali e da riferimenti al mondo visibile. Del resto Dante era nato e vissuto a Firenze, città che dalla metà del XIII secolo aveva visto una notevolissima fioritura artistica, culminata con l’esperienza di Cimabue e poi con quella sorprendente dell’allievo Giotto, di cui il poeta dovette conoscere le opere, come attestano le celeberrime terzine dell’XI canto del Purgatorio. La Madonna col Bambino di Cimabue del Museo di Santa Verdiana di Castelfiorentino insieme alla Madonna di San Giorgio alla Costa e al Polittico di Badia, entrambi di Giotto - l’uno conservato nel Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte, l’altro, più tardo, nelle Gallerie degli Uffizi - e ad altre opere documentano in mostra questo primo momento che precede la condanna al forzato confino. Questa traumatica vicenda viene introdotta dall’enigmatica figura di papa Bonifacio VIII, di cui viene esposta la grande statua in rame dorato di Manno di Bandino proveniente dal Museo civico medievale di Bologna, a rammentarci anche dei precedenti soggiorni compiuti dal poeta a Roma, forse già nell’anno giubilare (1300) e poi ancora nel 1301, evocati anche attraverso la presenza di altre opere legate alla basilica vaticana e alla corte pontificia.


Manno di Bandino, Statua di Bonifacio VIII (1301), particolare, Bologna, Museo civico medievale.


Cimabue (attribuito), Tabernacolo reliquario (prima metà del XIV secolo con inserti del XIII secolo), Gubbio (Perugi), Museo civico Palazzo dei consoli.

UN VASTO PATRIMONIO DI IMMAGINI DI CUI DANTE DOVETTE TENERE CONTO PER LA SUA COMMEDIA


Il percorso della mostra prosegue seguendo l’itinerario compiuto da Dante che lo portò a passare per Verona, dove si pose sotto la protezione degli Scaligeri prima nel 1303-1304 e poi nel 1313-1318 quando la città stava vivendo un momento di grande sviluppo anche artistico, di cui si era fatto promotore soprattutto Cangrande della Scala, «uno dei più magnifici Signori che dallo Imperatore Federigo Secondo in qua si sapesse in Italia» (Boccaccio). Preziosi tessuti, oreficerie, e sculture (queste ultime dovute al cosiddetto Maestro di Sant’Anastasia) documentano tale produttiva sosta cui dovette seguire un soggiorno a Padova, dove probabilmente Dante giunse nel 1304 quando Giotto stava ultimando la decorazione della cappella degli Scrovegni, che certamente costituiva allora quanto di più innovativo la pittura potesse esprimere, tanto da indurre il poeta ad affermare che «ora ha Giotto il grido» (Purgatorio, XI canto). Se ne accorsero anche altri artisti, a iniziare dai miniatori, tra i primi a recepire la portata delle sue novità, come documenta in mostra anche la decorazione del preziosissimo offiziolo (1305-1308) appartenuto al poeta amico di Dante, Francesco da Barberino, che presenta al suo interno varie immagini di chiara ispirazione dantesca. 

Successivo è il passaggio da Bologna (1304-1306), importante per la sua antica università che lo stesso Dante dovette frequentare in anni precedenti (1287 circa). Qui il poeta ammirò sicuramente le miniature che arricchivano i preziosi libri giuridici e i codici liturgici, di cui la città deteneva allora, con Parigi, il primato, tanto da indurre Dante a rammentarsene nell’XI canto del Purgatorio, dove viene menzionato appunto il miniatore Oderisi da Gubbio “superato” dal fantomatico Franco Bolognese. Sono quindi i preziosi manoscritti miniati della scuola bolognese del tardo Duecento e del primo Trecento a caratterizzare questa sezione, arricchita da alcuni indiscussi capolavori come la sontuosissima Bibbia riccamente decorata dal cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, prestata per l’occasione dalla biblioteca del monastero dell’Escorial (Madrid). A Lucca, dov’è documentato nel 1308, Dante poté vedere nella cattedrale il portale con i rilievi di Nicola Pisano (in mostra viene presentato il calco), di cui ammirò sicuramente le opere a Pisa, dove nel frattempo il poeta si era trasferito seguendo la corte dell’imperatore Arrigo VII, morto prematuramente il 24 agosto del 1313. Alla solenne cerimonia funebre, che si tenne nel duomo di Pisa, presenziò probabilmente lo stesso Dante, messo così a confronto con alcuni degli indiscussi capolavori realizzati da Giovanni Pisano. 

Quest’ultimo, impiegato dallo stesso imperatore per realizzare il monumento funebre della moglie Margherita di Brabante, di cui ci sono pervenuti svariati frammenti tra cui l’opera raffigurante la Giustizia della Galleria nazionale di palazzo Spinola (Genova), esposta in mostra, rappresentativa della tarda attività dello scultore. Le testimonianze scultoree di Nicola e Giovanni Pisano affiancano quelle di Arnolfo di Cambio (Galleria nazionale dell’Umbria) ad attestare la preminenza attribuita dal poeta all’interno della Commedia all’arte plastica. 

Ultimo approdo Ravenna (1319) dove da poco si era insediato al potere Guido Novello da Polenta, in grado di garantire alla città un periodo di relativa pace e stabilità da lui speso soprattutto a coltivare e a promuovere la cultura di corte e le imprese artistiche. Risale infatti a questo periodo la presenza in città dei pittori Giovanni e Giuliano da Rimini, chiamato quest’ultimo a decorare la cappella a “cornu epistulae” della chiesa di San Domenico, seguito anche da Pietro da Rimini, della cui attività a Ravenna si conservano ancora oggi varie testimonianze. Pertanto a questi due artisti riminesi (di Giuliano viene presentato il grande polittico di proprietà della Fondazione Cassa di risparmio di Rimini depositato al Museo civico di Rimini) viene riservato particolare spazio nella sezione finale della mostra, dove figura tra gli altri anche il sorprendente rilievo raffigurante la Madonna col Bambino del Musée du Louvre, preziosa testimonianza della produzione scultorea duecentesca ravennate. Una pregiata mariegola miniata della Scuola di Santa Maria e San Francesco dei Mercanti ai Frari del 1314-1320 (Venezia, Fondazione Giorgio Cini) ci ricorda l’ultima impresa diplomatica svolta dal poeta fiorentino per conto del podestà Da Polenta nella città lagunare, che tuttavia com’è noto gli risultò fatale causandogli la morte che lo colse il 13 settembre del 1321, esattamente settecento anni fa.


Giovanni Pisano, Giustizia (1313-1314), particolare, Genova, Galleria nazionale di palazzo Spinola.


Giotto, Polittico di Badia (1300 circa), Firenze, Gallerie degli Uffizi.

Le arti al tempo dell’esilio del ciclo Dante. Gli occhi e la mente

a cura di Massimo Medica
Ravenna, chiesa di San Romualdo
dal 24 aprile al 4 luglio
catalogo Silvana Editoriale
www.mar.ra.it

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio