Outsiders


IL MATISSE
VENUTO DALLA CINA

Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: Sanyu

Fidatevi. Questa storia insegna un paio di cose sull’arte e sulla vita. 

La prima è che vali quanto vali. 

La seconda è che troppe volte ci costruiamo falsi obiettivi, che sono poi proprio quelli che ci impediscono di essere felici o di completare la nostra traiettoria. 

Nato ricco, morto povero a Parigi, abbandonato dal mercato, sperando di essere ricordato come l’inventore del “ping-tennis” (fusione tra ping-pong e tennis, disciplina sportiva trasformatasi nella sua ossessione), Sanyu è stato oggetto di un destino bizzarro, che ha ribaltato un fallimento artistico che sembrava ormai scritto nella roccia. 

Basti pensare che nel 2019 il martelletto di Christie’s si è fermato a 304 milioni di dollari di Hong Kong (32.245.700 euro) per l’opera Cinque nudi, primo di una serie di risultati eclatanti. In quindici anni le opere di Sanyu sono cresciute del millecento per cento, superando le quotazioni di nomi come Rothko e Lichtenstein, o di molte tele di Matisse, il maestro al quale sempre più spesso viene collegato. Non male per un outsider. 

Chang Yu - questo il suo nome cinese - nasce a Nanchong, provincia del Sichuan, il 14 ottobre 1901, rampollo di una famiglia di industriali della seta. Il suo protettore è il fratello, Chang Junmin, di trentasette anni più vecchio, potente uomo d’affari che, riconoscendone il talento, lo fa studiare a casa con i migliori insegnanti della regione. 

Mentre la Cina inizia a vivere ore difficili, tra “signori della guerra” e crisi economica, l’Università di Pechino dà vita, con le autorità francesi, a un programma di borse di studio per Parigi. Tra i primi a farsi avanti c’è Sanyu (questa la grafia che per il suo nome adotterà in Francia), confortato dalla sicurezza di potersi mantenere grazie alle generose rimesse del fratello. Parte, ma anziché iscriversi alla seriosa École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, preferisce l’ambiente meno tradizionale dell’Académie de la Grande Chaumière. Si stabilisce a Montparnasse e si cala perfettamente nella vita “bohémienne”, dando vita addirittura a un circolo culinario. Esplora l’arte occidentale ma, secondo l’uso cinese, mantiene quasi sempre l’uso del pennello e dell’inchiostro, che diventerà uno dei suoi elementi distintivi.

Sua compagna di corso all’Accademia è Marcelle Guyot de la Hardrouyère, una giovane aristocratica rifiutata dalla sua famiglia perché ragazza madre, che sposerà tre anni più tardi, dopo un viaggio di presentazione in Cina. Ma Sanyu non mette la testa a posto. Vive con lei, ma continua a vagabondare la notte, passando il tempo con gli amici, spendendo senza pensieri. Inizia il ciclo dei nudi, dei quali Marcelle diventa il modello perfetto, sintesi tra sensualità e pura ricerca formale. Marcelle lo lascia tre anni dopo il matrimonio, stanca dei suoi continui tradimenti. A partire da questo momento lui si mette davvero a dipingere. 

Come il suo contemporaneo Foujita, Sanyu sottopone le tele a un trattamento preliminare per ottenere un fondo regolare e lattiginoso sul quale disegna con un pennello sottile. Pochi colori, uno stile sobrio, che solo oggi capiamo quanto sia moderno, tanto da far sembrare sorpassate certe opere di artisti contemporanei o della Transavanguardia. 

La crisi della seta porta al fallimento la società di famiglia, dal 1930 i soldi smettono di arrivare e Sanyu è costretto ad affrontare la vita. Meno male che nel frattempo un altro treno si ferma davanti a lui. Il treno si chiama Henri-Pierre Roché (1879- 1959), mercante d’arte e talent scout, amico di Braque, Brancusi, Duchamp, uno - per capirci - che aveva presentato Picasso a Leo e Gertrude Stein (nel 1953 pubblicherà il romanzo Jules e Jim da cui François Truffaut trarrà il famoso film omonimo).


Nudo (1950-1960 circa).


Un ritratto fotografico di Sanyu, a Parigi, nel 1932.

Fiori in un vaso blu e bianco (anni Cinquanta), venduto da Sotheby’s nel 2020 per oltre 19 milioni di euro.


Nudo seduto (1928), ritratto della moglie Marcelle Guyot de la Hardrouyère.

Roché comprende immediatamente il talento di Sanyu e nel 1931 compra qualcosa come centoundici quadri e seicento disegni, spingendolo a produrre i suoi primi oli (ne realizzerà cinquantasei), principalmente nudi, mettendo a frutto la sua capacità calligrafica. Sanyu dipinge con nuovo vigore, unendo ancora di più la cultura cinese con il mondo occidentale, del quale identifica Picasso come profeta assoluto, provando a portare egli stesso il figurativo verso una rarefazione estrema. I rapporti tra Roché e Sanyu finiranno però col guastarsi. Colpa delle continue e forse ossessive richieste di denaro da parte dell’artista cinese, convinto di essere sfruttato: «La mia situazione è brutta. Il mio mercante mi paga la metà e compra poco […] Riesco a malapena a continuare a vivere. Non so cosa farò». L’occasione per lasciare Roché gli nasce dall’incontro con il compositore Johan Franco, suo collezionista, che prova a sostenerlo con esposizioni in Olanda, garantendogli una piccola rendita. 

Sanyu amplia la tavolozza, inizia il ciclo delle sue nature morte, continuando la sua ricerca di rarefazione. Le opere, però, non si vendono, e lui si rende conto di essere passato di moda. Entrato in una crisi economica cronica, si illude di poterne uscire lanciando una disciplina che si è inventato: il già ricordato “ping-tennis”, che andrà a proporre addirittura al Comitato dei giochi olimpici di Berlino 1936. Per anni, questo diventerà l’unica cosa che ha in mente. 

Dopo la guerra, Sanyu prova anche ad andare a New York per incontrare il campione di tennis Gottfried von Cramm ed esportare il nuovo format, ma senza successo. Diventa tuttavia amico, e lo sarà per sempre, del grande fotografo Robert Frank che lo ospita nella sua casa della Trentaquattresima strada, e gli permette anche di tracciare nel salone un campo di gioco. Spinto da lui, prova a organizzare una mostra ma non vende nulla. 

Tornato a Parigi, deluso nei suoi sogni di imprenditore, punta sulle nature morte, che replica a fini commerciali (ma che sono bellissime), sui nudi a olio (come quelli andati in asta nel 2019), e su paesaggi selvaggi e un po’ naïf. Trasforma la casa in studio, vivendo con pochissimo, tanto da non avere neanche il denaro sufficiente a comprare il materiale per lavorare. Arrotonda dipingendo mobili e facendo lavori di falegnameria per i cinesi che aprono ristoranti in città. 

Muore il 12 agosto 1966. Un amico ristoratore cinese che era andato a trovarlo nel suo studio in 28 rue de la Sablière, in un modesto condominio moderno, lo trova sul letto con un libro appoggiato al petto, ucciso dai miasmi dei fornelli a gas, dopo che i suoi amici erano andati via la sera prima. Una delle tante cene che organizzava, appena poteva, per soddisfare il suo amore per la cucina. 

Due anni prima, sperando di essere apprezzato almeno in patria, Sanyu aveva spedito quarantadue dipinti a Taiwan per una mostra, con l’intenzione di recarsi lì pochi mesi dopo. I suoi piani di viaggio però saltano. Cerca di riavere i suoi lavori, ma senza successo. Saranno proprio quelle opere, poi esposte negli anni Ottanta, a riaccendere i riflettori su di lui, e a permettergli di essere oggi conosciuto nel mondo. Il più importante artista asiatico, il “Matisse cinese”.


Cinque nudi (1955 circa), venduto da Christie’s Hong Kong nel 2019 per oltre 32 milioni di euro.

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio