IL POETA E LA SUA VITA
NELLE OPERE D’ARTE

Il panorama che abbiamo sommariamente riportato nelle pagine precedenti non sarebbe completo se non s’indagasse sulla diffusione della fisionomia dell’Alighieri.

Per certi versi inaspettatamente, la figura di Dante e gli episodi della sua vita, indipendentemente dal viaggio straordinario di cui fu protagonista nella Commedia, divennero soggetti amati da molti artisti attratti dalle vicende tormentate del poeta, capace di coniugare cuore e intelletto, ma anche azione e politica, in uno stesso potente sforzo creativo. Al di là della presenza della figura dell’Alighieri nei ricordati cicli decorativi di Signorelli, di Raffaello e, forse, nel Giudizio di Michelangelo (dietro il supposto ritratto di Giulio II), come se si trattasse della nota bibliografica a margine del testo, Dante assume per la prima volta una dimensione monumentale e non narrativa (come già in Domenico di Michelino) nel ritratto dipinto da Agnolo Bronzino fra il 1532 e il 1533 e conservato agli Uffizi. Qui l’artista dipinge il poeta fra l’oscurità simbolica dell’inferno e la luce abbacinante del paradiso che proietta l’ombra della montagna del purgatorio. Dante volge lo sguardo verso il cielo luminoso e, come segno di speranza, tiene un grande quaderno con le pagine vergate a mano e aperte ai versi del XXV canto del Paradiso. In questo modo, l’autore, Agnolo di Cosimo, restituisce all’Alighieri quella grandezza titanica che altri ritratti, seppur deferenti, non avevano saputo attribuirgli per via della dimensione troppo narrativa e per le varie contestualizzazioni. Quello di Bronzino sarà un punto mai più raggiunto, giacché il poeta, più tardi, divenne protagonista di opere pittoriche di carattere storico, soprattutto nel XIX secolo. Uno dei soggetti privilegiati, come prevedibile, era quello dell’incontro e dell’amore del poeta per Beatrice Portinari. Il gusto per la ricostruzione storica, per l’ambiente e per i costumi, affascinò i pittori preraffaelliti che avevano la volontà di riferirsi ad ambiti artistici e culturali precedenti la sensuale pittura del Sanzio.

Luca Signorelli, Dante Alighieri (1499-1502); Orvieto, Santa Maria Assunta, cappella di San Brizio.


Dante Gabriel Rossetti, Il sogno di Dante alla morte di Beatrice (1871); Liverpool, Walker Art Gallery.

Raffaele Giannetti, Dante e Beatrice nel giardino di Boboli (1877); Newport (Galles), Newport Museum and Art Gallery.


Giovanni Mochi, Dante presenta Giotto a Guido Novello da Polenta (1855-1862); Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna.

Così la ricerca di una sobrietà medievale trovava proprio in Dante un punto di riferimento. Per questo, Henry Holiday si misurò con i sentimenti del grande poeta dipingendo nel 1883 un Dante e Beatrice oggi conservato alla Walker Art Gallery di Liverpool. La puntuale ricostruzione del ponte Santa Trinita a Firenze (luogo immaginario dell’incontro tra il poeta e l’amata), dei costumi e dei diversi atteggiamenti dei protagonisti mostra la profonda indagine psicologica che interessò anche altri artisti che si dedicarono a soggetti simili. Basterà ricordare, nell’ambito della stessa corrente preraffaellita, Il sogno di Dante alla morte di Beatrice dipinto da Dante Gabriel Rossetti nel 1871; o, in Italia, l’immagine idilliaca concepita da Raffaele Giannetti che, nel 1877, dipinse Dante e Beatrice nel giardino di Boboli (Newport, Newport Museum and Art Gallery). Gli esempi si potrebbero moltiplicare, con il pittore spagnolo Lorenzo Vallés che dedicò nel 1889 un altro quadro a quell’incontro sentimentale, o, ancora, con il quadro più storico di Giovanni Mochi che dipinse Dante che presenta Giotto a Guido Novello da Polenta, oggi nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze.


Domenico Paterlini, Dante in esilio (1860); Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna.

Non basta, però, perché fu proprio la fisionomia del poeta a essere eternata dagli artisti con vari ritratti, il più antico dei quali sembra essere, almeno nell’opinione del paleografo e storico dell’arte Gaetano Milanesi, l’affresco fiorentino di Palazzo dell’Arte dei giudici e notai. In ogni modo, da allora la figura dell’Alighieri divenne una presenza costante in tutte le decorazioni degli ambienti destinati a studiolo (per esempio quello di Giusto di Gand a Urbino), oppure a importanti luoghi di ritrovo, come il cenacolo del convento di Sant’Apollonia a Firenze, dove compare fra gli Uomini illustri dipinti da Andrea del Castagno. Né si può dimenticare la doppia presenza di Dante nelle Stanze di Raffaello in Vaticano, ossia nel Parnaso e nella ricordata Disputa del Sacramento. Anche in questo caso, gli esempi si potrebbero moltiplicare e ampliare con i monumenti al poeta che presto si diffusero per tutta Italia, a cominciare dal cenotafio nella chiesa di Santa Croce a Firenze, e potrebbero continuare con opere a metà fra il ritratto e l’evocazione storica come il Dante in esilio dipinto nel 1860 da Domenico Peterlini oggi conservato presso la Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti a Firenze. Concludendo, non ci resta che constatare come la figura e l’opera di Dante Alighieri, crocevia culturale di straordinaria complessità e spessore, non hanno patito l’insulto del tempo e, nel corso di secoli, hanno invece mantenuto un’attualità straordinaria. Il motivo risiede, come abbiamo cercato di dimostrare, nella capacità di trasfigurare con la poesia le angosce dell’umanità e toccare valori eterni che non appartengono a questa o a quell’epoca, ma all’uomo e alla sua condizione in ogni tempo. Allora si capisce bene la ragione per cui le varie arti hanno sempre trovato nella Divina commedia e nella figura del poeta una materia viva di cui hanno colto aspetti diversi, utilizzando i registri espressivi più disparati, dal calligrafismo del Gotico alla plasticità del Rinascimento, dal linearismo neoclassico all’empatia dell’epoca romantica, fin quasi ad anticipare le forme astratte del Novecento. 

Neppure il fumetto si è trovato a disagio nel misurarsi con la titanica grandezza di Dante perché la sua figura e la sua arte sono universali. Anzi, perfino il registro comico si è sentito legittimato ad avvicinarsi al poeta sommo, come nel film Totò all’Inferno del 1955, oppure nella nuova edizione del Dante di Marcello Toninelli, del 2015, che in un unico volume ha ristampato Inferno, Purgatorio, Paradiso e Vita di Dante, impreziosita da una serie di strisce inedite. Nel 2018, il poema ha visto addirittura una trasposizione in musical per la regia di Andrea Ortis, con debutto a Isernia per poi toccare Montecarlo, Roma e l’Arena di Verona. Del resto, anche gli spettacoli televisivi di Roberto Benigni, recitati davanti alla facciata di Santa Croce a Firenze, dove lo sberleffo e la comicità si mescolano alla lirica dantesca, grazie anche alla sorvegliata sapienza di un dantista di rango come Vittorio Sermonti - che ci ha lasciati di recente -, sono la prova che il capolavoro di Dante fa vibrare tutte le corde del cuore umano. È stato, quello, un fenomeno televisivo di massa che ci offre il destro per ricordare due fatti.

Da una parte che già nel 1990 un regista della levatura di Peter Greenway, con Tom Phillips, aveva dato vita a una mini-serie per il piccolo schermo intitolata A-TV Dante, ispirata ai primi otto canti dell’Inferno; dall’altra che la lettura pubblica del poema non fu un’invenzione del 2006, poi ripetuta varie volte fino al 2013. La tradizione secolare della Lectura Dantis risale infatti alle lezioni pubbliche tenute, a partire dal lontano 23 ottobre 1376, da Giovanni Boccaccio, l’altro colosso della letteratura italiana medievale, nella cornice gotica di Orsanmichele a Firenze, dove leggeva quella Commedia che, proprio allora, il grande letterato di Certaldo definì «divina». Bene, da quel momento il poema dantesco è stato una fucina di suggestioni e un crogiuolo di bellezza che ha incantato le arti iconiche di ogni tempo.


Manifesto del film Inferno (2016), regia di Ron Howard.

DANTE E LE ARTI
DANTE E LE ARTI
Marco Bussagli
Occuparsi di Dante Alighieri (Firenze 1265 - Ravenna 1321) significa, potenzialmente, mettere mano all’intero corpo dei saperi medievali; spaziare fra lingua, letteratura, teologia, storia e scienza; confrontarsi – sul piano artistico – con opere e artisti che vanno dal Trecento alla contemporaneità. Una mole enorme di materiali che in vario modo popoleranno mostre, eventi, pubblicazioni in questo 2021 che vede celebrare a livello mondiale il settimo centenario di un poeta che è stato un vero crocevia culturale. In particolare, la sua Divina commedia è debitrice nei confronti della tradizione iconografica precedente la sua realizzazione (non solo di arte occidentale), e a sua volta ha influenzato o ispirato artisti di ogni epoca. Ci troviamo così di fronte a un percorso che va dai mosaicisti del battistero fiorentino a Giotto, da miniatori come Oderisi da Gubbio a Pietro Cavallini fino a Botticelli, Michelangelo, Blake, Dalí e oltre.