Pochi esempi sono sufficienti per capire che questa esigenza è stata ed è comune a tutte le civiltà, a cominciare da quella egizia che ha codificato in un vero e proprio trattato (il cosiddetto Libro dei morti) quale doveva essere il destino dell’anima, definita “ka”, alla quale, com’è noto, era imposto di passare dalla prova della pesa del cuore, sede dell’anima, in presenza del dio Osiride. Quando il dio Tot poneva sull’altro piatto della bilancia una piuma di struzzo - simbolo della dea della Giustizia, Maat, perché si pensava che quelle penne fossero tutte uguali -, se tutto rimaneva in equilibrio, il defunto poteva entrare nel regno dei morti; in caso contrario, sarebbe stato condannato a vagare senza posa nell’aldilà(3).
Del resto, la “psicostasia”, questo il nome tecnico della “pesa”, è comune anche ad altre religioni, da quella cristiana, dove il compito è affidato a san Michele arcangelo, fino all’Islam, dove nella sura CI del Corano si può leggere: «Allora quei che avrà pesanti le bilance avrà dolce la vita; Allora chi avrà leggere le bilance, avrà per madre l’Abisso»(4). In un modo o nell’altro, poi, le varie credenze religiose si spinsero nella descrizione, per dir così, geografica del mondo ultraterreno, non di rado, “incastrato” nella realtà di quello fisico. Si pensi, allora, alla mitologia dei popoli dell’Europa settentrionale, giunta fino a noi con i Canti dell’Edda, scritti dal poeta norvegese Snorri Sturluson in pieno XIII secolo, ma figli di una tradizione ben più antica che aveva una concezione originale del cosmo. «Al centro dell’Universo sorgeva […] un gigantesco frassino, chiamato Ygdrasil. Era l’albero della vita contro il quale nulla poteva la forza disgregatrice del gelo. Le sue fronde, sempreverdi, si elevavano fino al Cielo e ombreggiavano il Walhalla che […] era la sede degli dèi. L’albero aveva tre radici: la prima era proiettata verso il Nord (Nifelheim) ove era il nebbioso regno di Hel, la dèa che custodiva i morti […] La seconda radice si estendeva verso Jotunheim, il paese dei giganti, eterni nemici degli dei […] La terza radice, infine, si spingeva fino a Midgard, un castello fatto con le ciglia del gigante mostruoso Ymir, sede degli uomini»(5). Gli esempi si potrebbero moltiplicare, poi, dalla corte celeste del pantheon cinese che fedelmente ricalca quella terrena, al punto che le entità incaricate di condurre le anime nell’aldilà sono perfino dotate di “regolare mandato” come i funzionari di questo mondo, fino alla visione del Giappone scintoista che contrappone la solare dea Amaterasu al Paese delle tenebre(6). In tutto questo ampio, variegato panorama teologico, la gigantesca lezione poetica di Dante si staglia come una poderosa e coerente costruzione intellettuale in grado di produrre un impatto importante sull’immaginario collettivo, soprattutto della cultura occidentale, avendo ispirato, dal XIV al XX secolo, capolavori di tutte le epoche.