Camera con vista


PARASITE & CO

Luca Antoccia

Parasite di Bong Joon-ho è stato il primo film coreano a vincere la Palma d’oro a Cannes (2019) e a guadagnare l’Oscar come miglior film straniero (2020). 

Il cinema coreano arriva al successo mediatico dopo quello di critica avuto da registi come Im Kwon-taek, Kim Ki-duk, Park Chan-wook. Quanto ai film di Bong Joon-ho, le recenti uscite in dvd di Parasite e di Memories of Murder (2003) grazie a Eagles Pictures Italia, il rinnovato appeal di Snowpiercer (2013, anche questo reperibile in dvd), dal quale è nata l’omonima serie tv americana (distribuita nel nostro paese, dalla primavera del 2020, su Netflix), aiutano a sviluppare un discorso critico. Senza dimenticare che la stessa società statunitense ha prodotto e continua a proporre Okja (2017), anarchica favola animalista, e la recente proiezione di una versione in bianco e nero di Parasite in occasione del Far East Film Festival di Udine. Per quest’ultima operazione Bong Joon-ho dà due motivazioni. La prima è che il bianco e nero più del colore aspira a diventare un classico per l’eternità. Più interessante la seconda, che immette nel mondo ideale dell’autore, sintetizzabile col motto che ha accompagnato l’uscita del film: «Nessuno è tutto nero o tutto bianco». Non è tanto la lotta di classe e la critica sociale a interessare il regista, quanto un’idea di umanità dove ogni essere umano ha in sé tutto il bene e tutto il male. I parassiti di Parasite non sono solo la famiglia ricca ma anche quella povera e in Snowpiercer bastano due ore di film per trasformare l’eroe, Curtis, in una reincarnazione del Male, tanto che qualcuno ha visto nel personaggio positivo/negativo del saggio Gilliam una sorta di compassionevole e contraddittorio Buddha. In Parasite, visivamente, lo scontro tra le due classi è giocato sull’asse verticale, rappresentato metaforicamente dalle scale interne alla casa della famiglia ricca (notevoli i piani- sequenza), mentre in Snowpiercer dall’asse orizzontale dei vagoni del treno dei sopravvissuti. È però il sottofinale di Memories of Murder a testimoniare una visione parabuddhista della vita: la bambina, che ha visto in faccia l’assassino, racconta di un volto comune, indistinguibile. Come a dire: inutile rincorrere l’identikit dell’assassino, il male non si annida necessariamente, come si affanna a credere la polizia, in soggetti tarati o “diversi” perché il male è dentro ogni essere umano. Non sbaglia Quentin Tarantino a paragonare Bong Joon-ho a Spielberg per l’abilità nel mescolare temi alti e spettacolo in una visione pop, differente ma cionondimeno intrigante.


Un frame da Snowpiercer (2013), di Bong Joon-ho.

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio