STUDI E RISCOPERTE 2
LA TESTA DI FILOSOFO DI PORTICELLO

UN SAGGIO DALLO
SGUARDO
INTENSO

LA TESTA DI FILOSOFO RINVENUTA A PORTICELLO, IN PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, È UNO DEI RARI ESEMPI A NOI NOTI DI SCULTURA GRECA IN BRONZO. LA SUA IMPORTANZA È PERÒ DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL SUO ENIGMA, CHE SEMBRA METTERE IN DISCUSSIONE SECOLI DI STUDI DI SCULTURA ANTICA. MA LA DOMANDA PIÙ GRANDE RIMANE SEMPRE UNA: CHI SARÀ MAI QUESTO MISTERIOSO PERSONAGGIO?

Damiano Fantuz

Quando viene (ri)trovata un’opera d’arte, nel caso particolare una scultura antica, il personaggio che rappresenta può essere subito riconosciuto, per un’iconografia magari già nota o perché citata in qualche testo storico. Questo può essere il caso di sculture iconiche come il Discobolo di Mirone o come il busto di uno qualsiasi dei più celebri imperatori di Roma. Tuttavia, alcune opere presentano storie molto più controverse e dubbie, per la loro integrità, per la provenienza incerta o per molti altri motivi. È questo il caso della testa bronzea del cosiddetto “filosofo” di Porticello, una testa che raffigura un uomo anziano con una lunga barba e uno sguardo intenso. La storia del relitto di Porticello(1) e, soprattutto, della Testa di filosofo(2) è infatti complicata fin dal principio. 

Siamo nell’ottobre del 1969 nei fondali marini presso Porticello, una piccola località sul lato calabro dello stretto di Messina. In circostanze fortuite alcuni subacquei scoprono il relitto, i cui reperti cominciano subito a essere saccheggiati per essere destinati al mercato nero. Uno dei subacquei però, Giuseppe Mavilla, agisce contro i clandestini recuperando parte degli oggetti (tra i quali la Testa di filosofo) per consegnarli alle autorità, in un secondo momento, denunciando i trafugatori. I reperti illecitamente sottratti vengono così recuperati e l’anno successivo cominciano le attività di scavo. 

Dal relitto, una nave mercantile, emergono ritrovamenti di diverso tipo: anfore, oggetti di uso quotidiano e frammenti scultorei in bronzo, pertinenti a due, tre o anche più sculture. Il naufragio, per le analisi effettuate sui resti lignei della nave e per la composizione del carico (soprattutto le forme delle anfore sono un ottimo elemento per la datazione) sembra essere avvenuto tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C. In quel momento, le città della Magna Grecia combattevano le guerre greco-puniche contro i cartaginesi, in Grecia si stava uscendo dall’esasperante guerra del Peloponneso e Roma stava ancora imponendo il suo dominio nella penisola italica. In sostanza, gran parte degli elementi e degli oggetti provenienti dal relitto portano a questa determinata fase storica. Ma la più notevole, appariscente e affascinante scoperta, ovvero quella testa di un vecchio barbato dall’occhio intenso, sembra dirci qualcos’altro.


Testa di filosofo di Porticello (V secolo a.C. circa), Reggio Calabria, Museo archeologico nazionale.


anfora “nicostenica” a figure rosse con al centro Achille e Chirone (520 a.C. circa), Parigi, Musée du Louvre.

(1) Il testo di riferimento per tutto ciò che riguarda il relitto, il contesto e le sculture è C. J. Eiseman, B. S. Ridgway, The Porticello Shipwreck. A Mediterranean merchant vessel of 415 - 385 B.C., College Station 1987.
(2) Per la Testa di filosofo riferimenti bibliografici recenti sono F. F. Di Bella, Il relitto di Porticello e l’iconografia del vate. Ritratto di ruolo e contesto nell’antichità classica, in “Quaderni di archeologia”, a cura dell’Università degli studi di Messina, VI, Pisa-Roma 2016, pp. 61-88; L. Buccino, Tre teste barbate di bronzo restituite dalle acque: tre casi di studio, in Capolavori dell’archeologia: Recuperi, ritrovamenti, confronti, Roma 2013, pp. 203- 209; B. S. Ridgway, The Porticello Bronzes Once Again, in “American Journal of Archaeology”, 114, 2010, pp. 331-342.

UN VOLTO VIVIDO, RESO TALE DAL REALISMO DEI TRATTI E DALLA CURA DEI DETTAGLI, COME SI PUÒ VEDERE ANCHE DALLA REALIZZAZIONE DEGLI OCCHI


Rinvenuta da Mavilla in persona tra i resti del relitto, la Testa è quella di un anziano dall’espressione stanca, profonda, resa anche più corrucciata dal naso uncinato, con una lunga barba che gli infonde rispettabilità e con il capo stempiato cinto da una corona andata perduta. Un volto vivido, reso tale dal realismo dei tratti e dalla cura dei dettagli, come si può vedere anche dalla realizzazione degli occhi, fusi separatamente rispetto alla testa. Nonostante quello sinistro sia assente, il destro mostra una precisione meticolosa nelle sue componenti, anche nell’alloggiamento della pupilla mancante. È quindi proprio per l’aspetto vetusto, per l’aria intellettuale e per questo naturalismo dei tratti che la testa è stata detta di un filosofo, perché possiede le caratteristiche dei ritratti dei filosofi ellenistici, come quelli di Diogene o Antistene. Anche un altro dei frammenti scultorei provenienti dal relitto, una mano anziana stretta attorno a uno scettro o bastone, sarebbe in linea con tale interpretazione. 

Il problema è che questo tipo di ritrattistica si diffonde soltanto cento anni dopo il naufragio della nave di Porticello, da cui proviene la Testa di filosofo. Ed è da qui che si genera il mistero attorno alla testa. E se non fosse il ritratto di un filosofo? Se invece provenisse da un’epoca antecedente, magari dal V secolo, così da rendere coerente la sua presenza tra i resti del relitto? Alcuni infatti hanno notato che nonostante l’apparenza naturalistica, la struttura cubica e massiccia della testa, assieme ad altri tratti come le scavate rughe della fronte, assomiglia molto alle sculture di quel periodo. Essendo però la ritrattistica poco diffusa nel V secolo, una suggestione è che la testa possa raffigurare un personaggio non reale come una creatura mitologica, in particolare un centauro, come si può anche osservare dalla somiglianza con quelli raffigurati sulle metope del Partenone. Vi è però una differenza fondamentale: i centauri sono creature ibride ma dall’istinto violento e bestiale, e lo sguardo del nostro filosofo non può essere certo definito tale. Quindi se fosse un centauro non potrebbe essere un centauro qualsiasi, ma il più nobile della loro specie, colui che costituisce un’eccezione, ovvero il saggio Chirone, mentore di Achille. Altri paralleli coinvolgono esseri semibestiali come Proteo e Tritone, entrambi figli di Poseidone. Ci sono comunque anche alcune ipotesi che sostengono l’idea che possa trattarsi di un filosofo, ma del V secolo: anche per il capo coronato, alcuni pensano al sofista Gorgia, che dalle fonti sappiamo essere stato il primo uomo a dedicare una statua di se stesso, offrendola come voto ad Apollo in occasione della novantesima olimpiade (svoltasi tra il 416 e il 412 a.C.).


Testa di filosofo di Porticello (V secolo a.C. circa), Reggio Calabria, Museo archeologico nazionale.


Particolare degli occhi e la scultura vista da un’altra angolazione.

Busto di Omero, di tipo Epimenide, copia romana di un originale greco del V secolo a.C., Città del Vaticano, Musei vaticani, Museo Pio clementino.


Busto di Diogene (la parte inferiore della statua non è pertinente), copia romana di un originale greco del IV-III secolo a.C. circa, Roma, villa Albani Torlonia.

Potrebbe invece anche trattarsi di un ritratto “ideale”, una forma diffusa anche nel V secolo, il volto cioè di un personaggio morto da secoli o mischiato con la mitologia, come i poeti Omero ed Esiodo o l’antico legislatore di Catania Caronda, per un confronto con una sua possibile rappresentazione sulle monete, in un contesto peraltro assai vicino allo stretto di Messina. È impossibile accostare alla statua il nome di qualche artista, e fare i nomi dei maggiori bronzisti dell’epoca non può essere nulla più che una suggestione. La provenienza stessa della nave è incerta ma, dato lo stato frammentario delle sculture, poteva provenire dal saccheggio di qualche città magnogreca o siceliota depredata durante la guerra greco-punica.La realtà è che, semplicemente, non abbiamo abbastanza dati per elaborare una vera risposta. La statua è rimaneggiata e, inoltre, conoscendo la scultura classica soprattutto attraverso le copie romane in marmo, non abbiamo una reale e tangibile dimestichezza con le opere in bronzo (si pensi anche alle simili problematiche di altri capolavori dell’antichità come i Bronzi di Riace). 

Forse possiamo sbilanciarci e affermare che la Testa di filosofo doveva appartenere a un personaggio autorevole, a un saggio di un’epoca lontana, perché le sfumature del suo volto sono troppo acute per essere diversamente. Ma per il resto possiamo solo sognare, immaginare chi si nasconda dietro questo enigma, un po’ come se quello sguardo sottile e cieco da un occhio ci stesse mettendo alla prova.


POTREBBE ANCHE TRATTARSI DI UN RITRATTO “IDEALE”, UNA FORMA DIFFUSA ANCHE NEL V SECOLO, VOLTI CIOÈ DI PERSONAGGI MORTI DA SECOLI O MISCHIATI CON LA MITOLOGIA


Lotta tra centauro e lapita (447-438 a.C.), metopa XXXI, lato sud del Partenone, Londra, British Museum.

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio