Eutidemo I di Battriana, chi era costui? Parafrasiamo questa celebre frase dei Promessi sposi (pronunciata da don Abbondio che si chiede chi fosse Carneade, filosofo greco noto agli studiosi ma ignoto ai più) per introdurre una delle più intriganti fra le novantadue sculture restaurate esposte nella mostra I marmi Torlonia. Collezionare capolavori aperta a Roma a villa Caffarelli, primo passo della risistemazione di una delle più importanti raccolte private di arte antica (seicentoventi opere). Anche Eutidemo in effetti è conosciuto dagli specialisti, ma non è proprio sulla bocca di tutti.
La Battriana (attuale Afghanistan settentrionale) era uno dei territori occupati da Alessandro Magno nella sua avanzata verso Oriente, e divenuti, dopo la dissoluzione del suo impero, “regni indo-greci”, luoghi di cultura mista, classica e orientale. Ne fu re, fra 230 e 195 a.C., proprio Eutidemo, greco di Magnesia.
Il ritratto individuato come Eutidemo apparteneva alla secentesca collezione Giustiniani, che fu acquistata dal principe Alessandro Torlonia nel 1816 e collocata nel museo di famiglia in via della Lungara a Roma, inaugurato nel 1876. Si approntò anche un grande catalogo in più edizioni a opera di Pietro Ercole e Carlo Lodovico Visconti: nell’ultima (1885) comparivano “storiche” fototipie.
La testa, che era stata inserita in un busto non pertinente, raffigura un uomo di età avanzata, che indossa un particolare cappello a larghe tese. Espressione concentrata, impietose rughe sulla fronte, sul collo, sulle guance: dopo prime definizioni un po’ sprezzanti («un villano», anche per quello strano copricapo), si fece largo l’identificazione con Eutidemo. Si conoscono numerose monete che raffigurano il re a varie età: quelle senili erano state confrontate con la nostra testa, e il cappello era stato interpretato come copricapo da cerimonia. L’identificazione, recentemente discussa, è stata poi di nuovo ritenuta plausibile. In quest’opera al confine fra il classico e l’esotico, illustrata nel catalogo dell’attuale esposizione romana da Stefania Tuccinardi, sono presenti tutti gli ingredienti dell’antiquaria: provenienza oscura, acquisti e cessioni, restauri e “pastiches”, cambiamenti di sedi, discussioni accanite a cui manca sempre qualche elemento decisivo.
Eutidemo è il numero due della mostra, e il tre è il Vecchio da Otricoli (provenienza indicata nel catalogo con fototipie del 1885, ma non sicurissima), noto anche come Busto Torlonia. Troviamo qui un verismo ancor più spietato di quello dell’Eutidemo: naso gibboso, mento prominente, rughe profonde. L’aristocrazia romana di età repubblicana, in genere di origine terriera, non disdegnava che si esibissero gli effetti sulla pelle di una vita di duro lavoro nei campi.
Nel museo Torlonia il Vecchio era “adattato” a raffigurare Galba (successore di Nerone nel 69 d.C.) in un sbalorditiva serie di centodieci ritratti di imperatori. Non era stato mai esposto vicino all’Eutidemo finché non ci hanno pensato, ora, Salvatore Settis e Carlo Gasparri, curatori della mostra (Gasparri fra l’altro fu il primo a visionare pezzo per pezzo la collezione dopo la chiusura di quarant’anni di cui parla qui Fabio Isman alle pp. 74-77).
Con Laura Buccino, altra autrice del catalogo espositivo, torniamo nell’ambito della ex Giustiniani, e troviamo un’altra situazione singolare, e cioè una “coppia” che passa da una collezione all’altra. Si tratta di due copie (una delle quali sapientemente restaurata da Pietro Bernini) delle tante che furono eseguite in età romana della Afrodite al bagno. L’originale, oggi perduto, era opera di un noto scultore originario della Bitinia, Doidalsas, del III secolo a.C.: nella figura accovacciata (posa che assumevano per il bagno le dame delle classi elevate, in modo che le ancelle potessero versare l’acqua dall’alto) la sensualità dell’incarnato, lo schema compositivo piramidale sono espressione di una ricerca del raffinato e del peculiare propria dell’età ellenistica.
TROVIAMO QUI UN VERISMO ANCOR PIÙ SPIETATO: NASO GIBBOSO, MENTO PROMINENTE, RUGHE PROFONDE