STUDI E RISCOPERTE 1
GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA E GLI STUDI FISIOGNOMICI

UN CAMPIONARIO
BESTIALE

È POSSIBILE RAVVISARE DELLE AFFINITÀ TRA LE SEMBIANZE UMANE E QUELLE ANIMALI? LA RIFLESSIONE SI ESAURISCE TUTTA SUL PIANO PURAMENTE FISICO OPPURE INTERESSA ANCHE LA SFERA PSICOLOGICA? UN PUNTO DI PARTENZA A QUESTE DOMANDE È OFFERTO DAL DE HUMANA PHYSIOGNOMONIA, OPERA REALIZZATA NEL CINQUECENTO DALLO SCIENZIATO E FILOSOFO NAPOLETANO GIOVANNI BATTISTA DELLA PORTA.

Mauro Zanchi

Quali segrete analogie legano i lineamenti delle persone e le forme dei musi, dei nasi, delle teste e dei caratteri animali? Il confine visibile che sta tra l’uomo e l’animale viene sondato nel Cinquecento da Giovanni Battista Della Porta: nei suoi studi i tratti fisiognomici umani si sovrappongono (o giustappongono) a quelli di diverse specie animali, entro un ciclo di metamorfosi visiva dove si condensano caso e milioni di anni in cui la natura ha dato vita alle trasformazioni degli esseri viventi. 

In ogni volto umano convivono tratti distintivi unici e la forma comune di una specie, e al contempo nel viso particolare, nella sua espressione, traspare una delle innumerevoli declinazioni del flusso evolutivo. Pur nella sua varietà il regno animale è unitario? Tutti gli esseri viventi sono costituiti dai medesimi principi? Nell’indagine traspare qualcosa che pare della stessa natura di Proteo, divinità minore della mitologia greca in grado di cambiare aspetto e forma in un continuo processo di trasformazione dall’uomo all’animale e viceversa. Differenti tratti morfologici e analogie tra diversi esseri viventi, rimontati in nuove modalità, danno vita a un curioso e bizzarro campionario di bestialità umana. 


IN OGNI VOLTO UMANO CONVIVONO TRATTI UNICI E LA FORMA COMUNE DI UNA SPECIE E NELL’ESPRESSIONE DEL VISO TRASPARE UNA DELLE DECLINAZIONI DEL FLUSSO EVOLUTIVO


Il pensiero e la ricerca di Giovanni Battista Della Porta stanno in equilibrio fra la cultura magica cinquecentesca e il pensiero razionalistico del Seicento(1). Il suo trattato De humana physiognomonia (stampato a Vico Equense nel 1586) è uno dei testi imprescindibili all’interno degli studi sul volto umano, attraverso anche le rispondenze con le forme degli animali, per indagare il rapporto tra aspetto fisico e carattere: «Non è forse vero che l’uomo è ardito come il leone, che è timoroso come la lepre, che lo si può paragonare al gallo per la liberalità e al cane per l’avarizia? […] In breve, egli riassume le complessioni e i caratteri delle diverse specie di animali, è il condensato di tutto il creato»(2). L’apparato illustrativo del trattato è costituito da disegni dotati di particolare efficacia nel mostrare le corrispondenze e i paragoni tra uomo e animale, anche nella dimensione psicologica.


Giovanni Battista Della Porta, Confronto tra la testa di un uomo e la testa di un bue, dal De humana physiognomonia (1586), libro II.


Giovanni Battista Della Porta, Confronto tra la testa di un uomo e la testa di un ariete, dal De humana physiognomonia (1586), libro II.


Giovanni Battista Della Porta, Confronto tra la testa di un uomo e la testa di un ariete, dal De humana physiognomonia (1586), libro II.

(1) Fin da giovane Della Porta si dedica agli studi filosofici, alle scienze naturali, alla magia intesa come «naturalis philosophiae absoluta consumatio », alle pratiche alchimistiche che gli consentono di approdare a numerose scoperte chimiche. Secondo la sua visione il “mago” è colui che conduce le forze presenti nel mondo (ovvero le “simpatie”, le “antipatie”, le attrazioni magnetiche, le virtù delle pietre e delle erbe, le arti meccaniche, le illusioni ottiche, le “segnature”, le dinamiche chimiche) verso la facoltà di riprodurre con arte i fenomeni studiati nell’ambito di ricerca naturale. Keplero e Fabro attribuiscono a Della Porta l’invenzione del telescopio. Per tutta la sua vita quest’ultimo prosegue i suoi studi praticando feconde ricerche indirizzate verso molti interessi e branche del sapere fino al 1615, anno della sua morte a Napoli.
(2) G.B. Della Porta, Della Fisionomia dell’Huomo, libro I, Napoli 1598.

Questi studi fisiognomici sono un documento importante per comprendere come un filosofo naturale intende utilizzare i saperi ermetici, ereditati dal Rinascimento quali strumenti di conoscenza, per indagare i fenomeni e le corrispondenze che intercorrono fra microcosmo e macrocosmo, così che studiando con sguardo scientifico il mondo si possa esplorare più nel profondo anche la propria interiorità. Lo studioso napoletano parte dallo zoomorfismo già presente negli studi fisiognomici precedenti. Rinnegando, però, l’influsso degli astri, l’apporto dell’astrologia e della divinazione - tutte pratiche invise alla tradizione cattolica e all’Inquisizione (soprattutto nella seconda metà del Cinquecento), che culminerà nell’arresto e morte di Giordano Bruno -, si concentra sullo studio dei temperamenti e sul metodo del «sillogismo del fisionomo»(3) per indagare il rapporto tra aspetto fisico e carattere(4). Recupera la dottrina degli umori del corpo, soprattutto riferendosi a Galeno, ad Aristotele e alle opinioni più interessanti dei filosofi antichi relative alla fisiognomica, per dimostrare la corrispondenza tra anima e corpo, lo scambio vicendevole, i “segni” che permettono di conoscere il temperamento, i costumi, le passioni delle persone. 

La trattazione sonda i segni sul viso umano e sul muso ferino mentre le immagini rendono visivamente la scansione delle correlazioni: si inizia dal capo, dalla conformazione e dalle misure, per poi analizzare le sue componenti (fronte, capelli, sopracciglia, tempie, occhi, orecchie, naso e narici, guancia, labbra, bocca, denti, lingua, collo, barba, peli, gola, chiave del collo, cervice), e infine con la disamina della faccia (mesta, allegra, umile, temeraria...) intesa come specchio della mente, le inclinazioni verso i vizi o le virtù nelle comparazioni con varie specie animali.


UN’UMANITÀ AMBIGUA, CHE SI RICONGIUNGE AL MOSTRUOSO FANTASTICO DEL MEDIOEVO


Di Charles Le Brun, Tre teste di uomini in relazione alla civetta, (1671), f. 53, Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts Graphiques.


Di Charles Le Brun, Somiglianze tra la testa di un leone e la testa di un uomo, dal Livre de portraiture pour ceux qui commencent a dessiner (XVII secolo), Parigi, Musée des Arts Décoratifs, Bibliothèque;

(3) Il sillogismo consiste nel «ritrovar questi segni proprii, primo è da considerare un genere di animali, nel quale in universale ci sia quella passione; appresso poi è da considerare l’altre generazioni d’animali, che non in universale, ma in particolare abbino quella passione» (G. B. Della Porta, op. cit.).
(4) La fisionomia è veritiera «perché sta appoggiata su principi naturali, et utile per conoscere gli altrui vizii, per potersene guardare e per poter emandare e guarire i suoi proprii […]. E si può da questa ancora conoscere alcun de’ futuri avvenimenti, come spero mostrare» (G. B. Della Porta, op. cit.).

Pierre Frédéric Lehnert, Traité physiologique de la ressemblance animale (1839), caricatura n. 103.


Giovanni Battista Della Porta, Confronto tra la testa di un uomo e la testa di un cane, dal De humana physiognomonia (1586), libro II.

Questa novità teorica negli studi fisiologici viene successivamente formalizzata nella cultura francese del Seicento, che ne individua il potenziale utilizzo sociale. Charles Le Brun attinge a questi studi applicandoli alla visione razionalista. Le Brun, Johann Kaspar Lavater e tutti i loro ammiratori dell’Ottocento hanno prodotto disegni e studi per spostare l’attenzione anche sull’uomo che scende verso la bestia, in un percorso contro-evolutivo, a ritroso verso l’origine delle trasformazioni. I volti umani assumono di caso in caso qualcosa che appartiene al muso di un leone, di un toro, di una pecora, di un gatto, di un cane o alla testa di un’aquila o di una civetta. Si viene a creare così un bestiario costituito da diverse possibilità metamorfiche, un'umanità ambigua che si ricongiunge al mostruoso fantastico del Medioevo. 

Cosa intendono far emergere principalmente dai disegni che rendono visibile lo zoomorfismo? Che i tratti esteriori rimandano anche a comportamenti e questioni morali. Nell’Ottocento, secolo del realismo e delle prime avanguardie moderniste, avviene che molte persone manifestino forte attrazione per l’animalomania(5), non entro i dettami di una moda effimera ma per dare sfogo a una vera e propria ossessione tenuta continuamente a bada dall’autocontrollo e dalla società puritana. Gli artisti e i caricaturisti inventano persone che si trasformano in bestie e animali che si comportano come uomini. E torniamo di nuovo alla domanda iniziale: quali analogie legano i lineamenti e i caratteri delle persone a quelli degli animali? Ma soprattutto, chi era “umano” secondo Della Porta e tutti coloro che hanno seguito le derive del suo pensiero, tra cui Lavater, Franz Joseph Gall e i frenologi?


Jean-Jacques Grandville, Testa umana trasformata in rana, da "Le Magasin pittoresque", Parigi 1844.

(5) Nel 1836, Jean-Ignace-Isidore Gérard, caricaturista noto anche con lo pseudonimo di Grandville (Nancy, 13 settembre 1803 - Vanves, 17 marzo 1847), pubblica le sue animalomanie: L’Autre Monde (1844), un’opera riconosciuta da André Breton e Georges Bataille come precorritrice del surrealismo.

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio