Architettura per l'arte


LA LUCE
NATURALE
DENTRO

Aldo Colonetti

LA MENIL COLLECTION A HOUSTON, EDIFICIO STORICO DI RENZO PIANO INAUGURATO NEL 1987, OSPITA UNA COSPICUA RACCOLTA DI OPERE D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA, AFRICANA E AMERICANA. UN MUSEO REALIZZATO DALL’ARCHITETTO GENOVESE SFRUTTANDO, CON SPECIFICI ACCORGIMENTI, LA MUTEVOLE E IMPERFETTA ILLUMINAZIONE NATURALE

La Menil Collection a Houston fa parte della storia, in quanto è il primo grande progetto di Renzo Piano dopo l’avventura del Beaubourg a Parigi con l’amico Richard Rogers. 

Come precisa lo stesso Piano: «Ha rappresentato il ritorno all’architettura dopo l'esperienza totalizzante francese». Siamo nel 1980, la storia della Menil Collection comincia con una telefonata di Dominique de Menil, dopo che Pontus Hultén, il grande curatore svedese di mostre e musei, tra i quali palazzo Grassi a Venezia, durante la gestione della famiglia Agnelli, aveva accennato all’amico architetto del desiderio della grande collezionista di affidargli la realizzazione di un museo (a Houston appunto) per ospitare la sua preziosa raccolta. La prima lettera di sondaggio per il progetto è del novembre 1980, il museo sarà inaugurato nel 1987. Un museo «piccolo fuori e grande dentro», come scriveva la signora De Menil, che doveva fare i conti anche con la particolare luce zenitale di uno stato come il Texas. Complessivamente la superficie costruita è di diciannovemila cento metri quadrati su due piani e un interrato, l’altezza degli spazi espositivi più di tredici metri, il tutto al centro di un parco di trenta ettari che ospita, oltre al padiglione dedicato a Cy Twombly sempre di Piano, la Richmond Hall con i lavori di Dan Flavin, il Menil Drawing Insititute e la famosa Rothko Chapel, costruita nel 1971, dedicata all’artista americano, di orgine russa, Mark Rothko. Diciassettemila opere esposte a rotazione, intorno ai grandi temi dell’arte moderna e contemporanea, con una serie di presenze straordinarie, per rarità e qualità di materiali, provenienti soprattutto dall’arte africana, americana e dalle isole del Pacifico. 


RENZO PIANO, DOPO QUESTO PRIMO PROGETTO AMERICANO, È STATO ADOTTATO COME UNA SORTA DI BRUNELLESCHI CONTEMPORANEO


Come scrive Piano, nel volume curato da Lia Piano e Franco Origoni (The Menil Collection, uscito nel 2007 per conto della Fondazione Renzo Piano): «L’idea della luce naturale era la chiave poetica del progetto, una luce così imperfetta e così mutevole soprattutto in Texas dove spesso il cielo blu viene spazzato improvvisamente dal vento e il tempo cambia. Il problema era come portare dentro al museo la luce naturale, a tutela anche delle opere, oltre a un altro aspetto progettuale importante. Il pavimento non poteva essere molto chiaro per evitare che la luce venisse rifratta. Da qui, la scelta di un materiale come il pino trattato in maniera da diventare scuro, in modo tale che la superficie pavimentale portasse anche il segno della gente che ci cammina sopra». 

Sul pavimento le tracce dei piedi restano, rendendo così il museo un po’ “imperfetto” e vissuto come una casa; il tempo cambia il percepito di uno spazio e la luce naturale, con alcune rare presenze - in relazione soprattutto alle sculture - della luce artificiale, trasforma il percorso espositivo in una serie di scoperte e sorprese, diverse e inattese.


La Menil Collection a Houston, in Texas, progettata da Piano & Fitzgerald, architects tra il 1981 e il 1984 e inaugurata nel 1987. Il museo ospita fino all’11 aprile la mostra Silent Revolutions: Italian Drawings from the Twentieth Century (qui alle pp. 34-39).


In alto, uno schizzo di Renzo Piano.

Un dettaglio di Renzo Piano del Cy Twombly Pavilion progettato da Renzo Piano Building Workshop, Architects tra il 1992 e il 1995.


Una sala della Menil Collection.


Uno schizzo di Renzo Piano del Cy Twombly Pavilion progettato da Renzo Piano Building Workshop, Architects tra il 1992 e il 1995.

Da qui la scelta progettuale che ne caratterizza anche l’impianto compositivo: le famose “foglie” in ferrocemento, spessore venticinque centimetri. Sono elementi di copertura a forma di foglia, appunto, posti a un’altezza di dodici metri, che, per una particolare configurazione strutturale, prendendo la luce da nord permettono di raggiungere all’interno dell’edificio una luminosità diffusa, evitando così una relazione diretta tra le opere e la luce zenitale. L’architettura, la vera architettura che resiste nel tempo, è fondata su questo sapere, sempre in equilibrio tra la memoria e la sperimentazione sul campo; in questo caso, hanno giocato un ruolo fondamentale le suggestioni di un maestro, sempre amato da Piano, Pier Luigi Nervi, e la collaborazione con un fraterno amico, scomparso troppo presto, l’ingegnere inglese Peter Rice. «Questo risultato finale, così noto e caratterizzante dell’atmosfera della Menil Collection, è in realtà l’effetto di un procedere abbastanza saltellante che coinvolgeva saperi scientifici e tecnologici, utilizzati alla luce di un sano pragmatismo, genovese e anglosassone, senza mai dimenticare riflessioni di carattere più spirituale e artistico», scrive ancora Piano. Questa è la differenza tra un grande progettista che non dimentica mai da dove viene e la qualità media di un’architettura efficiente e senza anima; per tale ragione Renzo Piano, dopo questo primo progetto americano, è stato adottato come una sorta di Brunelleschi contemporaneo dalle fondazioni e istituzioni culturali degli Stati Uniti: scienza e arte e il cantiere come laboratorio quotidiano.


Particolare della facciata della Menil Collection.


Un particolare del Cy Twombly Pavilion.

Menil Collection

Houston
www.menil.org

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio