XXI SECOLO 1
LEE SEUNG-TAEK

Con la complicità
della natura

FIGURA CHIAVE PER LA NASCITA DELL’ARTE MODERNA E D’AVANGUARDIA COREANA, LEE SEUNG-TAEK HA TROVATO NELLA NATURA LA SUA PRINCIPALE FONTE DI ISPIRAZIONE, SFIDANDO I CANONI ESTETICI PREDOMINANTI E IN SINTONIA CON I VALORI SCIAMANICI, INCONTRATI DALL’ARTISTA FIN DAGLI INIZI DELLA SUA CARRIERA.

Riccarda Mandrini

Lee Seung-taek è nato nella città di Kowon nel 1932. A quel tempo la Corea era parte di un’unica entità geografica, schiacciata da una opprimente dominazione giapponese iniziata sotto forma di protettorato nel 1905 e seguita da una formale annessione nel 1910. La sconfitta del Giappone nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, determinò la sua indipendenza. Ma da tempo essa era già l’obiettivo delle mire espansionistiche da parte di Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina. Ben presto la promessa di libertà sottoscritta dalle potenze alleate vincitrici della guerra le fu negata e le dispute per garantirsi il suo dominio politico portarono alla divisione del paese a livello del trentottesimo parallelo. In una situazione politica dominata da forti tensioni interne, le lotte tra Corea del Nord e Corea del Sud ripresero e in un crescendo di tensioni internazionali sfociarono nel 1950 in un’altra guerra, la guerra di Corea (1950-1953), che costò oltre due milioni e mezzo di vite umane. Alla fine del conflitto, Lee poté lasciare Kowon, che territorialmente apparteneva alla Corea del Nord, per andare a studiare scultura all’Università di Hongik a Seul (Corea del Sud). Nel presente di allora, in un paese pesantemente stremato, privo per gli uomini di riferimenti esistenziali, il giovane Seung-taek rivolse il suo sguardo verso la natura che presto divenne il suo medium come artista. In essa trovò gli elementi perfetti per la realizzazione delle sue opere: pezzi di legno, sassi, rami d’albero, carbone, corde di fibra vegetale, e, via via nel tempo, il vento, il fumo, l’aria stessa per realizzare le sue installazioni e i suoi “craft objects” (oggetti artigianali). Traslata in forma d’arte, la natura divenne presto sua complice e gli permise di sperimentare tutte quelle libertà concettuali che solo la creatività può offrire. Lee ha una collocazione centrale nell’ambito dell’arte d’avanguardia e moderna della Corea del Sud. Il suo seminale lavoro oggi è proposto nella rassegna Lee Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act, che il National Museum of Modern and Contemporary Art, Korea di Seul dedica all’artista (fino al 28 marzo) per ripercorrere, attraverso oltre duecentocinquanta opere, i suoi sessant’anni di carriera.


Veduta dell’esposizione Lee Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act. Al centro, Wind (Paper Tree) (1983).


Tutte le opere riprodotte in questo articolo, dove non diversamente indicato, si riferiscono all’esposizione Lee Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act (Seul, National Museum of Modern and Contemporary Art, Korea, fino al 28 marzo). In apertura, The Earth Touring Beijing (1994).

LEE SEUNG-TAEK HA ELABORATO UNO STILE CONCETTUALE ANTITETICO ALL’IDEA DI SCULTURA TRADIZIONALE PER CREARE UN PROPRIO MODELLO DI “NON-SCULTURA”


L’artista cominciò a lavorare nella seconda metà degli anni Cinquanta quando era ancora studente. A quel tempo Lee incontrò i valori sciamanici che, insieme al binomio arte e natura, gli permisero di elaborare uno stile concettuale antitetico all’idea di scultura tradizionale per creare un proprio modello di “non-scultura”, come l’artista stesso amava definirla. Già all’inizio degli anni Sessanta sviluppava il concetto germinale di opera d’arte, dove ogni singolo lavoro non è fine a se stesso, ma è generatore di un ciclo che verrà ripreso nel tempo. Nascono così le serie Wind, Tying e quelle dedicate alla pietra Godret, che è stato uno dei suoi materiali più amati. La pietra Godret è molto dura ed è usata dagli artigiani coreani come contro-peso per legare i nodi quando si intrecciano stuoie tradizionali. Essa divenne per l’artista un elemento “festish” che ha usato, legato e scolpito in una infinità di maniere, fino a trasformarla attraverso un finissimo processo concettuale nel perfetto esempio di “non-scultura”. Emblematica in questo senso Non-Sculpture (1960) dove la pietra Godret è legata con la corda al legno fino a formare un modello scultoreo. Per la serie delle Non-Sculpures l’artista ha sempre prediletto un posizionamento in orizzontale - a terra o appesa alla parete o al soffitto - prendendo le distanze da quello verticale, caratteristico della scultura celebrativa, come da secoli viene intesa. 

Negli anni Sessanta, un periodo socialmente duro per la Corea del Sud, segnato da una politica dittatoriale, Lee intraprese un viaggio alla ricerca di nuova ispirazione per le sue opere e la trovò nel contesto semplice della realtà rurale. Tra le prime opere di quel periodo Wind Fence (1964), una installazione realizzata in prossimità del fiume Han sull’isola di Nanji, costruita con rami di legno, ancora uno tra gli elementi più amati dall’artista, legati tra loro con pezzi di stoffa fino a formare un recinto. Il lavoro gli fu suggerito dalle recinzioni realizzate dai contadini per i campi di aglio. Successivamente nascono le sculture Oji ispirate dai tradizionali contenitori in terracotta usati in Corea per conservare gli alimenti. Come differenti altre, quelle con gli Oji “objects” diventano una prima serie iniziata negli anni Sessanta che nel 2020 darà luogo a Growth (Tower), una scultura verticale, ispirata a pentole e vasi tipici della più autentica cultura coreana. Instancabile, Lee negli anni lavora assiduamente e nel realizzare le sue opere, si prende appieno tutte le libertà che l’arte gli offre, incluse soprattutto quelle estetiche, spingendole al massimo livello della concettualità. Ma come artista non prescinde mai dalla condivisione dell’opera con lo spettatore, al quale chiede di essere parte di queste libertà e di fruire del lavoro artistico declinabile per ciascuno di noi in molteplici significati differenti.


Untitled (Burning Canvases Floating on the River) (1988 circa), Seul, National Museum of Modern and Contemporary Art, Korea.


History and Time (1958), Seul, National Museum of Modern and Contemporary Art, Korea.

LA PIETRA GODRET DIVENNE PER L’ARTISTA COREANO UN ELEMENTO “FETISH”, LEGATO E SCOLPITO IN UN’INFINITÀ DI MANIERE


Negli anni Settanta Lee torna alla Hongik University e nel campus realizza Wind (1971), una installazione composta di una infinita linea di sottili strisce blu mosse dal vento. Tra la fine degli anni Sessnata e il decennio successivo, installazioni e performance diventano un’unica modalità artistica. Untitled (Burning Canvases Floating on the River) è una performance in cui l’artista incendia le sue vecchie tele e le lascia libere di andare alla deriva sulle acque del fiume Han. Con Wind-Folk Amusement ripensa il modello dell’intervento performativo in termini fisici ed effimeri al tempo stesso. Realizzata sulle rive del fiume Han, la performance vede Lee e tre amici muovere lunghe strisce di tessuto rosso nel cielo. Il gesto sapiente e libero rimanda a quello del pittore che stende il colore su una tela infinita, che per Lee è il cielo della Corea. Seung-taek è una figura determinante nella storia dell’arte della Corea del Sud, ha contribuito alla nascita dell’arte moderna del paese. Quale testimone del suo tempo ha vissuto due guerre e due regimi politici, ha visto il mondo e il suo paese cambiare.


Un’altra veduta dell’esposizione Lee Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act con alcune opere presentate in una precedente mostra Lee Seung Taek: Non Sculpture at the Crossroad (Seoul, Hu Gallery, 1986).

Negli anni Novanta, quando le frontiere internazionali iniziavano ad aprirsi, nel pieno della sua maturità artistica, come un flusso di coscienza, in maniera letteraria, Lee è tornato sul tema della divisione del suo paese. Con A Bridge Not Able to Cross (1990) ha espresso, come artista, la sofferenza dell’uomo e degli uomini per la separazione della Corea. L’opera nasceva come conseguenza di un lavoro germinale: una delle sue primissime creazioni degli anni Cinquanta, di fatto la sua tesi come studente all’università, fu History and Time, una installazione di stoffa rossa e blu, avvolta da filo spinato. Nel corso della sua lunga carriera Lee Seung-taek non si è mai stancato di dialogare con la natura, difficile per lui nel tempo non avvicinarsi al Movimento Verde. Sono gli anni Ottanta quando nascono le serie Green e Green Campaign e più tardi la serie Earth Play che nel tempo svilupperà nella Earth performance che porterà in giro per diversi paesi. Una delle immagini più eloquenti è The Earth Touring Beijing (1994) in cui l’artista pedala sulla sua bicicletta nelle strade della capitale della Cina trasportando un grande globo terrestre. 

Per concludere, l’attuale esposizione al National Museum of Modern and Contemporary Art, Korea, oltre a rappresentare un’occasione di conoscenza di questo interessante autore coreano, ci offre la possibilità di riflettere sul fatto che l’arte moderna, sia dal punto di vista del sentire sia dal punto di vista concettuale, non è stata una prerogativa esclusiva dell’Occidente. Essa ha trovato terreno fertile in molti paesi: dal Sud Est Asiatico all’Africa, al Medio Oriente. Ma su simili realtà ed esperienze, sotto il profilo storico-artistico, si è scritto solo in parte. Lee Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act contribuisce a colmare questa lacuna.


Growth (Tower) (1964-2020).

Land Wearing Roof Tiles (1988-2020).


Una veduta dell’esposizione Seung-taek Lee (New York, Lévy Gorvy, 15 marzo - 22 aprile 2017).

Seung Taek’s Non-Art: The Inversive Act

Seoul, National Museum of Modern
and Contemporary Art, Korea
a cura di Bae Myungji
fino al 28 marzo
www.mmca.go.kr

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio