LUOGHI DA CONOSCERE
TUSCANIA MEDIEVALE

LA CITTÀ DELLE
DUE CATTEDRALI

CENTRO DI PRIMARIA IMPORTANZA NELL’ANTICHITÀ, TUSCANIA HA CONOSCIUTO UN’IMPORTANTE FIORITURA ANCHE NEL MEDIOEVO. TRA LE TESTIMONIANZE DELL’EPOCA, DUE CHIESE DA ANNOVERARE TRA I GIOIELLI DEL ROMANICO ITALIANO.

Sergio Rinaldi Tufi

È in corso da qualche anno la singolare “riscoperta” di un territorio che dovrebbe essere noto da sempre: quello della Tuscia romana e viterbese, la parte settentrionale cioè della regione Lazio. “Tuscia” è la parola con cui, a partire dall’età tardo romana e poi durante il Medioevo, si designava la regione storica dell’Etruria (e “tusci”, in effetti, era il nome con cui i romani avevano chiamato gli etruschi). L’uso della definizione non è stato costante nel tempo: se si deve individuare un momento di “ufficializzazione”, possiamo forse ricordare la fondazione nel 1979 dell’ateneo viterbese, denominato appunto Università degli studi della Tuscia. 

Fra i centri etruschi e romani che hanno conosciuto un’importante fioritura anche in età medievale e moderna (Centumcellae-Civitavecchia, Tarquinia, Volsinii-Bolsena, Sutri…), quello che presenta il nome più chiaramente collegabile con quell’etimo è Tuscania. Perché non altri? Secondo il grande etruscologo Giovanni Colonna, in realtà, qui il significato non è “città della Tuscia” (ve ne erano appunto molte altre), ma qualcosa come “città del tusco”, città creata cioè presumibilmente da un “eroe fondatore” che era tornato in patria dopo aver compiuto rilevanti gesta fra IX e VII secolo a.C. (periodo di forte espansionismo etrusco) nei paesi dei popoli confinanti (falisci, latini, umbri, sabini), dove gli era stata attribuito quel nome: insomma, era noto appunto come “il Tusco”. 

L’abitato, preceduto da importanti resti dell’età del Bronzo e del Ferro, cominciò a svilupparsi dal VII secolo a.C. La città, come sintetizza proprio Colonna, «ha primeggiato a lungo fra quelle dell’Etruria meridionale interna: in età arcaica insieme a San Giuliano e a Blera, in età ellenistica assieme a Norchia», per poi essere conquistata da Roma.


Tuscania (Viterbo), veduta del nucleo medievale della città, con le rovine del rivellino e la cattedrale di San Pietro.


La facciata della cattedrale di San Pietro a Tuscania (Viterbo).

Conosciamo meglio la realtà medievale. Per due secoli esatti, fra 574 e 774, Tuscania fu in mano ai longobardi: in quell’anno fu conquistata da Carlo Magno, che nel 781 la donò a papa Adriano I. La collocazione “strategica” sul percorso della via Clodia faceva gola a tutti, e per secoli la città non ebbe pace. Fra X e XIII secolo fu contesa dagli Anguillara, dagli Aldobrandeschi, dagli Orsini, dai marchesi di Toscana, e si trovò coinvolta nelle lotte fra impero e papato: fu anche libero comune nel XII secolo, ma nel 1240 fu conquistata da Federico di Svevia. Alla fine del Duecento si avvia una lenta decadenza, dovuta fra l’altro alla perdita di importanza della via Clodia, e la supremazia sull’area passa a Viterbo; il nome diviene Toscanella (sprezzante idea di papa Bonifacio IX), e solo nel 1911 viene ripristinato quello originario. 

La storia urbanistica di Tuscania è singolare: il nucleo etrusco e romano era sul colle detto di San Pietro, ma non ne resta molto, mentre invece sono note ricche necropoli. Sui resti antichi si svilupparono le prime fasi medievali; nel XII secolo venne eretto, sull’altura antistante, il palazzo del libero Comune, che in realtà è una fortezza, detta “rivellino” (nome, si sa, che abitualmente si attribuisce a strutture “minori” a protezione di porte di città o di castelli, ma che qui si assegna a una rocca di dimensioni notevoli). Successivamente il nucleo originario, tranne le chiese, venne abbandonato, e la città venne costruita al di là del rivellino, dove ancor oggi si trova, arroccata - come tanti centri di quest’area - su uno sperone tufaceo e circondata da una cinta muraria poderosa e più volte ristrutturata, disposta su un percorso molto irregolare e provvista di innumerevoli torri. 

Malgrado all’interno di questa città “nuova”, che poi è sostanzialmente l’attuale, si impongano all’attenzione altre torri (come quella di Lavello), belle chiese e bei palazzi (alcuni dei quali provvisti di notevoli “profferli”, i balconi con gradinata monumentale tipici del Viterbese), paradossalmente gli edifici più significativi, autentici gioielli del Romanico italiano, sono le chiese sull’abbandonato colle di San Pietro, sede degli insediamenti più antichi: alle pendici è Santa Maria Maggiore e sulla sommità, appunto, San Pietro. 

Santa Maria Maggiore è la prima cattedrale della città, sorta sulle strutture di un edificio tardoromano, e nominata per la prima volta in una bolla di papa Leone IV nell’852. Le fasi costruttive e ricostruttive sono molteplici. Quelle che si colgono meglio sono alcune opere murarie dell’XI secolo (unica navata e transetto a tre absidi, oltre al campanile che ancora sopravvive, ancorché mozzo) e ovviamente soprattutto la fase dell’edificio che oggi vediamo, risalente al XII-XIII secolo (la consacrazione è del 1206), a tre navate scandite da colonne e pilastri (alcuni dei quali affrescati) che sorreggono arconi a tutto sesto: edificio arricchito da opere notevoli sia all’interno sia all’esterno.


La cattedrale di Santa Maria Maggiore a Tuscania (fase del XII-XIII secolo). Particolare della lunetta sul portale centrale;

La cattedrale di Santa Maria Maggiore a Tuscania (fase del XII-XIII secolo). La facciata.


La cattedrale di Santa Maria Maggiore a Tuscania (fase del XII-XIII secolo). Una veduta dell'interno.

Spiccano gli affreschi sull’abside: in alto, ai due lati di un’immagine duecentesca del Cristo, vediamo i dodici apostoli, presentati secondo schemi chiaramente bizantini (figure frontali e bidimensionali) e, sotto, un’ampia composizione trecentesca raffigurante il Giudizio universale, attribuita a Gregorio e Donato di Arezzo. La movimentata facciata è divisa in tre parti, fra le quali quella centrale è aggettante e dominata da un grande rosone che sovrasta una galleria cieca ad archetti. In basso sono tre portali con profonde strombature e lunette decorate: attira l’attenzione soprattutto quella centrale, divisa in quattro parti disuguali, con tre soggetti biblici (Balaam e l’asina, Sacrificio di Isacco, Agnus Dei) e uno che dovrebbe essere centrale ma non è molto centrato: Madonna col Bambino benedicente, che oltretutto non aderisce perfettamente alla parte bassa della cornice su cui poggia. Raffigurazione assai vivace, ma forse, fra una ricostruzione e l’altra, c’è stato un riuso non attentissimo. 

San Pietro subentra probabilmente come cattedrale a Santa Maria Maggiore nell’VIII secolo (quando Tuscania viene donata da Carlo Magno a papa Adriano I), ma conosce la sua fase più importante nell’XI-XII: sorge sulla sommità dell’altura, fiancheggiata dal palazzo vescovile e circondata dai resti delle fortificazioni che la proteggevano e del portico antistante la facciata. Facciata in cui vediamo (anche qui) un rosone che sovrasta una galleria ad archetti, ma ciò appare nell’ambito di una sorta di ampio riquadro in calcare e marmo bianco che quasi ci dà l’impressione di trovarci di fronte a un merletto. Bianco è anche il portale maggiore e centrale dei tre che si aprono nella parte inferiore: portale con decorazione attribuita a un artista romano di scuola cosmatesca. Il rosone è costituito da tre cerchi concentrici che probabilmente simboleggiano la Trinità; è inserito in un quadrato, ai cui angoli si trovano i simboli degli evangelisti (aquila, angelo, leone e vitello per Giovanni, Matteo, Marco e Luca). Variamente popolata nelle sue componenti da molteplici figure, alcune delle quali mostruose o fantastiche (fra cui grifi che artigliano animali), la facciata è considerata fra i momenti più importanti dell’arte romanica di ispirazione lombarda. 

L’interno, nudo e solenne, è diviso in tre navate: splendidi e variati i capitelli, alcuni confrontabili con quelli (celebri fra gli specialisti) del duomo di Viterbo. Anche, e soprattutto, all’interno è testimoniata l’opera di maestri cosmateschi: raffinatissimi i motivi geometrici policromi del pavimento. La cripta è una bella selva di colonne, in parte prelevate (come spesso accadeva) da monumenti antichi. Un tocco imprevisto (ma non troppo) è costituito, nella navata di sinistra, dalla presenza di alcuni sarcofagi con figure “recumbenti” (semisdraiate) sul coperchio, provenienti dalle ricche necropoli che circondavano l’antica città etrusca e che sono stati posti al riparo qui dopo il terremoto del 1971: non solo un’emergenza, ma quasi un doveroso omaggio alle origini.


La facciata della cattedrale di San Pietro (XI-XII secolo), particolare.


Particolare della decorazione della facciata della cattedrale di San Pietro.

Particolare di un sarcofago etrusco conservato nella cattedrale di San Pietro.


L'interno della cattedrale di San Pietro.

ART E DOSSIER N. 384
ART E DOSSIER N. 384
FEBBRAIO 2021
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE Un polittico dall’intensa vitalità; CORTOON - Me(d)Too; ARTE CONTEMPORANEA - Miniartextil a Como; DENTRO L’OPERA - Distorsioni contemporanee in stile Biedermeier; XXI SECOLO. 1 Intervista a El Seed - La poetica danza dei segni; XXI SECOLO. 2 Il dibattito sulle “restituzioni” - Verso un museo postuniversale; XXI SECOLO. 3 Arte monocroma e aniconica - L’immagine e il nulla; GRANDI MOSTRE. 1 Cindy Sherman online - Maschere virtuali e social; XX SECOLO - La Galleria La Tartaruga - Tra pop e pittura colta; OUTSIDERS - L’inferno di essere figli; GRANDI MOSTRE. 2 Magritte a Parigi - In pieno sole; MUSEI DA CONOSCERE - Villa Bassi Rathgeb ad Abano Terme (Padova) - Salus per artem; STUDI E RISCOPERTE. 1 Stanley Kubrick e William Hogarth - Che satira tira?; STUDI E RISCOPERTE. 2 Iconoclastia e calvinismo nel XVI secolo - La tempesta delle immagini; STUDI E RISCOPERTE. 3 Gondolieri neri nella Venezia di fine Quattrocento - Schiavi o uomini liberi?; LUOGHI DA CONOSCERE - Tuscania medievale - La città delle due cattedrali; LA PAGINA NERA - E a Roma il mausoleo fa soltanto marameo; IN TENDENZA - Una pioniera del selfie; IL GUSTO DELL’ARTE - Frittelle, pancacke e waffel.