XX SECOLO
LA GALLERIA LA TARTARUGA

Tra pop
e pittura

colta

NEL SECONDO DOPOGUERRA ROMA È IN PIENA EFFERVESCENZA ARTISTICA E CULTURALE. UN TERRENO FERTILE PER PLINIO DE MARTIIS, FOTOREPORTER E IMPRESARIO TEATRALE, CHE INAUGURA NEL 1954 LA GALLERIA LA TARTARUGA, CENTRO DI INCONTRO DI COLLEZIONISTI, ATTORI, REGISTI, MUSICISTI, INTELLETTUALI E ARTISTI.

Marco Bussagli

Il cinquecentenario della morte di Raffaello ha offuscato tutte le altre ricorrenze legate al doppio decimale di questo o quel secolo. In parte, solo la ricorrenza legata ai cento anni dalla nascita di Alberto Sordi si è salvata dall’ombra luminosa che il grande artista di Urbino ha proiettato sul mondo culturale di questo secondo decennio del XXI secolo. A farne le spese, fra gli altri (potremmo ricordare per esempio Carlo Gozzi, letterato nato nel 1720, autore della Marfisa bizzarra, pubblicata di nuovo a cura di Cornelia Ortiz, oppure Gaetano Sabatelli, nato nel 1820, autore del celebre quadro con Cimabue che guarda il giovane Giotto intento a disegnare la pecora, ripreso come marchio dalla - omonima - fabbrica di matite e colori), è stato Plinio De Martiis, nato nel 1920, fotografo, gallerista e uomo di cultura, ben noto al jet-set romano dagli anni Sessanta ai Novanta del secolo scorso. 

Quando nel 1954 Plinio De Martiis sciolse la sua società cooperativa Fotografi Associati che aveva aperto a Roma due anni prima, l’ambiente artistico della capitale era in pieno fermento. Si trattò di un’onda lunga che era partita già con il 1945, immediatamente dopo la fine del periodo bellico quando a dare, per così dire, il “calcio d’inizio” a una storia che non si sarebbe più fermata se non sugli scogli della crisi del 2008, non fu un italiano, ma il polacco Jozef Jarema, ex combattente della divisione Anders nell’esercito alleato, ma pittore che si era formato all’Accademia di belle arti di Cracovia(1). La sua fortunata intuizione fu quella di fondare un’associazione d’arte che prese il nome di Art Club la quale, come la definì il critico d’arte e poeta Cesare Vivaldi, era «una sorta di officina in cui forze diverse, ma vicine per cultura artistica e per visione internazionale, si sono confrontate affinandosi e migliorandosi l’una con l’altra»(2).


Omaggio a De Martiis e alla Galleria La Tartaruga (anni Sessanta). Da sinistra: Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Vittorio Rubiu, Mario Ceroli, Giorgio De Marchis, Pino Pascali, Cesare Tacchi, Renato Mambor e Paola Pitagora durante la mostra di Ceroli nel 1965-1966.

(1) Si veda in proposito: Art Club 1945-1964, catalogo della mostra (Forte dei Marmi, Lucca, Fondazione Villa Bertelli, 23 maggio - 20 luglio 2014), a cura di N. Bianchi, J. Cannas, G. Simongini, Pietrasanta, Lucca 2014. Si veda pure: M. Crescentini, L’ambiente romano. Principi di una rinascita: 1944- 1949 (tra astrazione e realismo), in La pittura in Italia. Il Novecento, voll. 1 e 2, Milano 1993, pp. 505-510.
(2) C. Vivaldi, Il lungo lavoro dell’Art Club, in Art Club 1945-1964. La linea astratta, catalogo della mostra (Parma, Galleria Niccoli, 24 ottobre 1998 - 20 gennaio 1999), a cura di G. Simongini, G. Conte, Parma 1998, p. 14.

Jarema non fece tutto da solo, ma si appoggiò a personaggi di spessore come Enrico Prampolini e Virgilio Guzzi, ad artisti altrettanto grandi quali lo scultore Pericle Fazzini, il pittore Luigi Montanarini e Gino Severini che dal futurismo era transitato nella LAAF - Libera associazione arti figurative -, da lui fondata l’anno prima ma poi lasciata in favore dell’Art Club. Fu da questo crogiuolo che nacque, per esempio, in anni immediatamente successivi, il Manifesto del neocubismo che trovò nella mostra del 1946 alla Galleria del Secolo un primo spazio espositivo adeguato. Di tutt’altra estrazione il Gruppo Forma 1, fondato nel 1947, che fu il primo team astrattista italiano, costituito da Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Lorenzo Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato(3). Fu però nel decennio successivo che si moltiplicarono le realtà espositive come le gallerie L’Attico (1957) di Fabio Sargentini, La Salita (1957) di Gian Tomaso Liverani e La Nuova Pesa (1959) di Alfio Marchini nel cui circuito culturale, oltre agli artisti che abbiamo citato, gravitavano figure di grandi letterati come Alberto Moravia o Giuseppe Ungaretti, ma anche critici della statura di Lionello Venturi, Roberto Longhi e Maurizio Calvesi(4)


NEL CORSO DEGLI ANNI, FURONO ATTRATTI DALLA FORTE PERSONALITÀ DI PLINIO DE MARTIIS PERSONAGGI COME MARIO SCHIFANO, TANO FESTA, MARIO CEROLI, JANNIS KOUNELLIS, RENATO MAMBOR


È in questo ambito che si mosse Plinio De Martiis quando - in via del Babuino 196 - , il 3 febbraio del 1954, aprì i battenti della Galleria La Tartaruga con una mostra di litografie di Honoré Daumier. Anche sulla scorta delle sue conoscenze personali nel mondo del cinema e del jet-set romano (visto che non solo in qualità di fotoreporter aveva lavorato per varie riviste e giornali come “L’Unità” e “Il Mondo”, ma era stato pure il fondatore del teatro Arlecchino, oggi Flaiano), La Tartaruga divenne il punto di ritrovo di attori, registi, musicisti, collezionisti, galleristi, intellettuali, critici e, ovviamente, artisti. 

Quella che, però, potremmo definire l’arma segreta della galleria risiedeva nel rapporto diretto con gli Stati Uniti costruito anche grazie a Salvatore Scarpitta, lo scultore newyorchese, naturalizzato italiano, che gravitava intorno a Plinio, il quale non esitò, nella stagione del 1958, a fare esporre artisti della levatura di Willem de Kooning, Roberto Sebastián Matta, Franz Kline e Cy Twombly, che ebbe modo di conoscere grazie al collezionista Giorgio Franchetti(5). Poi, anche per far concorrenza alla Galleria L’Attico di Bruno e Fabio Sargentini, Plinio aprì ai giovani che allora studiavano nelle ampie aule dell’Accademia di belle arti di Roma, in quegli anni, diretta da Toti Scialoja. Fu così la volta di Jannis Kounellis e di Giosetta Fioroni. A loro, nel 1961, si aggiunse Mario Schifano che, quell’anno, espose in due collettive e in una personale(6). La svolta, però, ci fu quando, due anni più tardi, La Tartaruga si trasferì al civico 3 di piazza del Popolo. Una collocazione nuova che divenne una definizione critica, perché di Scuola di piazza del Popolo si cominciò a parlare (fu forse Alberto Arbasino a coniarla) dopo che gli artisti intercettati da Plinio nel corso di quegli anni trovarono nella nuova sede della galleria il proprio punto di riferimento.


Plinio De Martiis nel 1954.


Mario Ceroli, L’uomo di Leonardo (1964).

(3) G. Simongini, Astrattismo, realismo e oltre: Roma e l’Accademia 1945- 1975, in Romaccademia. Un secolo d’arte da Sartorio a Scialoja, catalogo della mostra (Roma, Complesso del Vittoriano, 20 ottobre - 21 novembre 2010), a cura di G. Simongini, A. M. Damigella, T. D’Acchille, Roma 2010, pp. 193-194.
(4) In proposito: L. M. Barbero, F. Pola, L’Attico di Fabio Sargentini. 1966- 1978. Milano 2010; Gian Tomaso Liverani. Un disegno dell’arte. La Galleria La Salita dal 1957 al 1998, a cura di D. Lancioni, Torino 1998; La Nuova Pesa / 1. Storia di una galleria (1959-1976), a cura di G. Appella, Roma 2010.
(5) I. Bernardi, La Tartaruga: storia di una galleria, Milano 2018, pp. 27 sgg. Ora anche on line: https://www.academia.edu/36137591/La_Tartaruga_ Storia_ di_una_galleria.
(6) Ibidem, pp. 39-41.

Paola Pitagora posa nella sua casa davanti a un doppio ritratto del suo partner, l’artista italiano Renato Mambor, Roma 1966.


Da sinistra, Enrico Castellani, Franco Angeli e Jannis Kounellis in una foto di Plinio De Martiis del 1968.

«A dire il vero, non è esatto chiamarla “Scuola” perché non fu né al seguito di un maestro, né un movimento artistico in senso stretto; ma si trattò di un gruppo di amici che avevano interessi comuni e un’idea dell’arte molto simile (anche se declinata sulla base di forti differenze reciproche), stimolata dal nuovo clima italiano del dopoguerra, a sua volta sollecitato dalle realtà artistiche provenienti dall’America o dalla Francia, nei cui confronti, però, gli artisti “romani” si muovevano da pari a pari. Divaricati fra il “Caffè Rosati” (che tuttora esiste), luogo di ritrovo e di discussione (come fu il “Caffè Michelangelo” a Firenze per i Macchiaioli) e la Galleria “La Tartaruga”, questi giovani artisti come quelli pop d’oltreoceano o d’oltralpe, guardavano ai mass media, al cinema, alla fotografia e al teatro (non è un caso che con loro fosse l’attrice Paola Pitagora, allora legata a Renato Mambor, che era pure un attore) offrendo un’interpretazione “italiana” di questi temi»(7). Nel corso degli anni, furono attratti dalla forte personalità di Plinio De Martiis personaggi come Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Alighiero Boetti, Claudio Cintoli, Mario Ceroli, Sergio Lombardo, Francesco Lo Savio, Renato Mambor, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Cesare Tacchi e i già nominati Giosetta Fioroni e Jannis Kounellis. Fu un susseguirsi di successi ed eventi unici, fino alla fine degli anni Sessanta, come nel caso della mostra di Duchamp e dell’installazione dell’architetto Fini intitolata Il grande schermo che prendeva spunto dall’assassinio di Robert Kennedy, con ventiquattro televisori che trasmettevano “in loop” le foto della tragedia(8)

Con il 1° gennaio 1971 e la scomparsa della moglie Maria Antonietta Pirandello, nipote del monumentale Luigi, detta Ninnì (la quale aveva da poco aperto una sede nuova della galleria in via di Principessa Clotilde 1/A, denominata Studio La Tartaruga), Plinio meditò la chiusura della sua attività che, infatti, si arrestò dal 1972 a tutto il 1973, per due anni. Poi, dal 1974, iniziò a cercare una nuova sede, passando da via Ripetta 22 a via Pompeo Magno 1/b, finché, nel 1980, approdò in piazza Mignanelli 25, dove rimarrà fino alla chiusura del 1994, per poi aprire di nuovo, dopo aver lasciato Roma, nel 1995 a Castelluccio di Pienza (Siena). Qui lavorò fino all’anno 2000(9)

Nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso, sull’onda del recupero operato dal pittore Carlo Maria Mariani, il nuovo corso della Galleria La Tartaruga guardò alla pittura e alla figura. Così, accanto alla Nuova maniera italiana teorizzata da Giuseppe Gatt e Italo Mussa (con pittori quali Antonella Cappuccio, Antonio D’Acchille, Bruno d’Arcevia, Alberto Abate), che ebbero successo pure negli Stati Uniti, nacque il movimento artistico dell’anacronismo o del citazionismo(10). Sostenuta da Italo Tomassoni e da Maurizio Calvesi, questa corrente s’intersecava con l’altra grazie ad artisti come Abate che “militava” in entrambe; a lui si aggiunsero Alessandro Romano, scultore, nonché i pittori Franco Piruca, Stefano Di Stasio, Ubaldo Bartolini, Omar Galliani. Calvesi, in qualità di direttore artistico della Biennale di Venezia del 1986, con il tema arte e scienza/arte e alchimia, portò il movimento, noto poi come Pittura colta, alla ribalta internazionale. Plinio De Martiis contribuì con grande entusiasmo a questo progetto, facendo esporre non solo nella collettiva I sei pittori del 3 marzo 1980 Alberto Abate, Stefano Di Stasio, Salvatore Marrone, Nino Panarello, Franco Piruca, Piero Pizzi Cannella, ma anche altri come Ligas, Gandolfi, Bulzatti, Galliani e chi scrive(11). L’ultimo scorcio dell’attività di Plinio fu dedicato all’editoria, con quaderni d’arte e letteratura, stampati una o due volte l’anno da De Luca Editore, con cui collaborava fin dagli anni storici. Fu questa una costante parallela a quella dell’attività espositiva, con i primi “Bollettini della Tartaruga” nel 1954, alcune monografie a tiratura limitata (Scarpitta nel 1958, Scialoja nel 1959 e Twombly nel 1961), i cataloghi, le locandine, i manifesti, gli inviti e l’intera produzione di materiali tipografici che oggi sono parte importante dell’archivio cartaceo della Tartaruga, acquistato dalla Soprintendenza archivistica per l’Archivio di Stato di Latina.


NEL CORSO DEGLI ANNI OTTANTA DEL SECOLO SCORSO, IL NUOVO CORSO DELLA GALLERIA LA TARTARUGA GUARDÒ ALLA PITTURA E ALLA FIGURA


Mario Schifano, Biciclette (1984).


Il Caffè Rosati in piazza del Popolo a Roma in uno scatto del 1984.


Alberto Abate, Aenigmate (2002).

(7) M. Bussagli, Warhol e Schifano, tra Pop Art e classicismo, in Warhol e Schifano, tra Pop Art e classicismo, catalogo della mostra (Pescara, Imago Museum, Fondazione Pescarabruzzo, febbraio - maggio 2021), Pescara 2020.
(8) I. Bernardi, op. cit., p. 93.
(9) Ivi, pp. 102-103.
(10) G. Gatt, La Nuova Maniera Italiana, Milano 1986. Si veda pure: Giuseppe Gatt. Dall’Accademia alla Quadriennale. L’utopia di una Nuova Maniera Italiana, a cura di M. Ferrari, A. Petricone, M. Bussagli, Napoli 2020.
(11) I. Bernardi, op. cit., p. 104, nota 8. L’esposizione di chi scrive, intitolata L’opera e il cammino, si tenne nella sede di piazza Mignanelli, nel marzo del 1981. Purtroppo Ilaria Bernardi (op. cit., p. 135) sbaglia il cognome in «Buscagli».

ART E DOSSIER N. 384
ART E DOSSIER N. 384
FEBBRAIO 2021
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE Un polittico dall’intensa vitalità; CORTOON - Me(d)Too; ARTE CONTEMPORANEA - Miniartextil a Como; DENTRO L’OPERA - Distorsioni contemporanee in stile Biedermeier; XXI SECOLO. 1 Intervista a El Seed - La poetica danza dei segni; XXI SECOLO. 2 Il dibattito sulle “restituzioni” - Verso un museo postuniversale; XXI SECOLO. 3 Arte monocroma e aniconica - L’immagine e il nulla; GRANDI MOSTRE. 1 Cindy Sherman online - Maschere virtuali e social; XX SECOLO - La Galleria La Tartaruga - Tra pop e pittura colta; OUTSIDERS - L’inferno di essere figli; GRANDI MOSTRE. 2 Magritte a Parigi - In pieno sole; MUSEI DA CONOSCERE - Villa Bassi Rathgeb ad Abano Terme (Padova) - Salus per artem; STUDI E RISCOPERTE. 1 Stanley Kubrick e William Hogarth - Che satira tira?; STUDI E RISCOPERTE. 2 Iconoclastia e calvinismo nel XVI secolo - La tempesta delle immagini; STUDI E RISCOPERTE. 3 Gondolieri neri nella Venezia di fine Quattrocento - Schiavi o uomini liberi?; LUOGHI DA CONOSCERE - Tuscania medievale - La città delle due cattedrali; LA PAGINA NERA - E a Roma il mausoleo fa soltanto marameo; IN TENDENZA - Una pioniera del selfie; IL GUSTO DELL’ARTE - Frittelle, pancacke e waffel.