Grandi mostre. 1
CINDY SHERMAN ONLINE

MASCHERE
VIRTUALI

E SOCIAL

Nella sua ultima produzione, visibile in una speciale mostra online, Cindy Sherman, fedele alla sua poetica ormai iconica, propone una galleria di personaggi ironici e stereotipati, in cui il trasformismo dell’artista è enfatizzato dall’utilizzo del digitale.

Francesca Orsi

A dieci anni Cynthia Morris Sherman (Glen Ridge, New Jersey, 1954), detta Cindy, amava travestirsi, non da ballerina o da sposa però: indossava i vestiti di sua nonna e si truccava come lei, da persona anziana. Non era solo un atto di anticonformismo il suo, ma un vero e proprio trampolino di lancio per quella che sarebbe diventata in futuro la sua poetica artistica, il suo stile: l’arte camaleontica del travestitismo che l’avrebbe resa la “una, nessuna, centomila” del XX secolo. 

Cindy Sherman è “le persone in attesa dell’autobus” in Bus Riders (1976), il suo primo atlante umano; è “i personaggi impersonati dalle attrici del cinema hollywoodiano ed europeo anni Cinquanta-Sessanta” nel lavoro che le ha dato la notorietà, Untitled film still (1977-1980); è “i seriosi dottori e le occhieggianti infermiere” in Doctor and Nurse (1980); è “le donne fragili e umiliate” di Centerfolds (1981); è “la donna forte e senza trucco” in Pink Robes & Color Studies (1982); è “i personaggi grotteschi dallo humor nero” delle sue Fairy Tales (1985); è “le opere pittoriche dei grandi maestri dell’arte” in History Portraits (1989-1990); è “i clown tragicomici” dei Clown (2003-2004); è “le donne anziane dell’alta società” in Society Portraits (2008); è “gli uomini androgini” dell’ultimo suo lavoro conosciuto come Men (2019-2020). 

La sua non è una semplice messa in scena, una classificazione di generi e identità, di ruoli e di personaggi, ma un’indagine sugli stereotipi della cultura di massa del XX e XXI secolo. Quello che Sherman mostra è la rete di standardizzazione in cui la società ha inserito l’essere umano, è al contempo una critica a essa ma anche alla persona stessa che si è adagiata confortevolmente nella sua trama. Il suo lavoro ne svela l’intrico delle maglie, ma quello che interessa a Sherman non è tanto la denuncia in sé ma il percorso del disvelamento. Attraverso l’utilizzo di artifici, ambiguità, simbologie latenti, con l’utilizzo dell’autoritratto che apre la porta alla dualità e alla dicotomia nella lettura dei suoi ritratti, Cindy Sherman non ha mai fatto stare comodo il suo spettatore, l’ha sempre umoristicamente pungolato. Il sorriso che scaturisce è semplicemente il risultato del riconoscimento degli archetipi che la società mette in campo, non solo direttamente sulle persone ma anche indirettamente sui linguaggi che esse usano per identificarsi, come quello cinematografico. Per questo motivo la ricerca di Sherman risulta anche un lavoro metalinguistico, un’indagine in cui il significante è importante quanto e forse più del significato che vuole comunicare. I soggetti ritratti prendono forma e spessore dalle inquadrature usate, dal taglio, dalla luce, dalla scelta del colore o del bianco e nero, dalla loro resa verticale o orizzontale. Inoltre, dagli inizi del XXI secolo, a creare maggiore ambivalenza nelle immagini dell’artista americana si è inserito anche l’elemento digitale.


Untitled #603 (2019), della serie Men, come tutte le foto in questo articolo.


Untitled #609 (2019).

Nell’equilibrio già precario e disorientante tra artificiosità, performance e realtà il digitale ha mischiato ulteriormente le carte: sull’autorialità dell’opera, sul labile confine tra “camouflage” e intervento artificiale e anche sulla simbiosi tra autore/soggetto. 

A testimonianza di questa fase del processo artistico di Cindy Sherman, iniziato con Clown nel 2004 per manifestarsi in tutta la sua potenza in Society Portraits del 2008, Men, l’ultimo lavoro esposto nella mostra Cindy Sherman alla galleria Metro Pictures di New York dallo scorso settembre, ora anche in una veste online per far fronte alle esigenze sanitarie del periodo storico che stiamo attraversando. Registrandosi, infatti, sul portale della galleria, nella sezione “viewing room”, si possono ammirare le dieci nuove immagini targate Cindy Sherman e il loro allestimento sulle pareti della galleria. Il digitale, nella sua veste di elemento aggiunto al contenuto ma anche di diversa modalità di fruizione, non solo amplifica i livelli di artificio già insiti nel corpus fotografico di Sherman, creando maggiore straniamento, ma arricchisce di significato la lettura sul soggetto e oggetto dell’immagine. In Men, a differenza dei precedenti progetti maggiormente focalizzati sull’identità femminile, l’artista americana si autoritrae nelle spoglie di uomini androgini, manichini abbigliati con capi firmati Stella McCartney, caratteristi di se stessi perché in fondo quello che interessa e ha sempre interessato Cindy Sherman è la natura della rappresentazione, non il soggetto in sé.


Untitled #602 (2019).


Untitled #615 (2019).

Untitled #613 (2019).


Untitled #612 (2019).


Allestimento della mostra Cindy Sherman alla Metro Pictures, New York (26 settembre - 31 ottobre 2020).

Come in Doctor and Nurse del 1980, gli uomini sono accompagnati, in alcuni casi, da una donna, il loro corrispettivo femminile. L’omologazione tra i due soggetti, di genere differente, viene resa manifesta dal dato visivo: la stessa peluria sovralabiale, la stessa opulenza dei dettagli, lo stesso sguardo annichilito. Quello su cu interviene digitalmente l’artista americana è la contestualizzazione dell’immagine, il fondale, tratto da sue fotografie scattate durante alcuni viaggi e poi manipolate con Photoshop. Esso entra a far parte in maniera evidente del processo di caratterizzazione di Sherman, rappresentando l’ambientazione come un elemento di continuità tra l’archetipo umano e quello paesaggistico, entrambi da disvelare. 

Quando nel 2008, con Society Portraits, la distinzione tra il suo travestitismo analogico e il suo apporto virtuale diventa, volontariamente, molto labile, lo spaesamento che genera è ancora embrionale, chiaro ma accennato. Quello che succede, invece, dal 12 maggio 2017 sul suo profilo pubblico Instagram è una vera rivoluzione conturbante. L’artista americana, con l’utilizzo dell’applicazione Face-Tune, posta suoi selfie deformando la sua faccia, facendola diventare altro da essa, enfatizzando quel processo di trasformismo già tanto caro alla sua poetica. Ma pur non comparendo su Instagram i suoi personaggi stereotipati, ma solo il suo autoritratto manipolato dal virtuale, ci si ritrova a chiedersi di che matrice sia il risultato finale. Non sarebbe un sacrilegio se nella sequenza progressiva dei suoi famosi Untitled fossero inseriti anche i suoi autoritratti social, come risultato di un unico stile iconico, amato e riconoscibile, talmente riconoscibile che il “New York Times”, per un articolo del 5 ottobre 2018 su questo suo exploit virtuale, le ha commissionato ad hoc alcuni nuovi selfie alla Cindy Sherman 2.0. In fin dei conti anche quello dei social media è un linguaggio con cui gli utenti si immedesimano, nel bene e nel male, e Sherman ha sempre fatto del linguaggio il suo soggetto prediletto.


Untitled #618 (2019).


Untitled #614 (2019).

Cindy Sherman

New York, Metro Pictures
Viewing Room
www.metropictures.com

ART E DOSSIER N. 384
ART E DOSSIER N. 384
FEBBRAIO 2021
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE Un polittico dall’intensa vitalità; CORTOON - Me(d)Too; ARTE CONTEMPORANEA - Miniartextil a Como; DENTRO L’OPERA - Distorsioni contemporanee in stile Biedermeier; XXI SECOLO. 1 Intervista a El Seed - La poetica danza dei segni; XXI SECOLO. 2 Il dibattito sulle “restituzioni” - Verso un museo postuniversale; XXI SECOLO. 3 Arte monocroma e aniconica - L’immagine e il nulla; GRANDI MOSTRE. 1 Cindy Sherman online - Maschere virtuali e social; XX SECOLO - La Galleria La Tartaruga - Tra pop e pittura colta; OUTSIDERS - L’inferno di essere figli; GRANDI MOSTRE. 2 Magritte a Parigi - In pieno sole; MUSEI DA CONOSCERE - Villa Bassi Rathgeb ad Abano Terme (Padova) - Salus per artem; STUDI E RISCOPERTE. 1 Stanley Kubrick e William Hogarth - Che satira tira?; STUDI E RISCOPERTE. 2 Iconoclastia e calvinismo nel XVI secolo - La tempesta delle immagini; STUDI E RISCOPERTE. 3 Gondolieri neri nella Venezia di fine Quattrocento - Schiavi o uomini liberi?; LUOGHI DA CONOSCERE - Tuscania medievale - La città delle due cattedrali; LA PAGINA NERA - E a Roma il mausoleo fa soltanto marameo; IN TENDENZA - Una pioniera del selfie; IL GUSTO DELL’ARTE - Frittelle, pancacke e waffel.