XXI SECOLO 1
INTERVISTA A EL SEED

La poetica
danza dei segni

ARTISTA FRANCOTUNISINO DALL’ANIMA MULTICULTURALE, EL SEED HA SCELTO LA CALLIGRAFIA ARABA PER REALIZZARE LE SUE OPERE NEI LUOGHI PIÙ DIVERSI: POPOLATI E DISABITATI, PERIFERICI E URBANI, SACRI E DIMENTICATI. OPERE CHE SFIDANDO PREGIUDIZI E STEREOTIPI TRASMETTONO MESSAGGI UNIVERSALI. NE ABBIAMO PARLATO CON LUI.

Riccarda mandrini

Nel modo di fare arte di El Seed c’è una costante, dalla quale l’artista franco-tunisino (classe 1981) non può prescindere. Lo spazio pubblico. I suoi luoghi hanno una declinazione infinita di varianti, sono luoghi comuni, sacri, disabitati, poco abitati, molto abitati, abbandonati, luoghi di confine o centri urbani più o meno noti. In ciascuno di essi interviene con un’opera calligrafica pensata e realizzata esclusivamente per quel luogo e che, secondo la sua intenzione, non funzionerebbe altrove.Questo è il modo di El Seed di rendere ogni spazio, qualunque esso sia, unico, senza gerarchie di genere. 

Il suo medium, uno solo. Esso appartiene alla cultura alta, altissima. La calligrafia araba storicamente era la scrittura usata per trasmettere la parola di Dio e si sviluppò in forme differenti in diversi paesi di cultura araba. 

Percorrerne la storia significa incontrare il patrimonio antropologico di un’ampia geografia di paesi e popoli, che vanno dal Vicino e Medio Oriente al Nord Africa fino ad alcune aree dell’Africa Centrale. Il suo massimo fulgore è tracciato attraverso il percorso di tre grandi calligrafi, Ibn Muqla (886-940), Ibn al-Bawwab (secondo gli studiosi nato nel 961 e morto nel 1022) e Yaqut al-Musta’simi (di cui si conosce solo l’anno di morte, 1298). In epoca moderna e nel periodo postcoloniale, la calligrafia, nell’ambito più ampio della “littératie arabe libertaire”, fu il medium scelto da differenti artisti arabi per parlare della realtà autentica dei loro paesi in opposizione ai modelli orientalisti o di ispirazione avanguardista affermatisi durante il periodo coloniale. 

Per El Seed la calligrafia è stata dapprima un incontro e poi una scelta. «Sono nato e cresciuto in Francia da genitori tunisini », ci spiega l’artista in occasione della nostra conversazione, «durante la mia adolescenza ho vissuto una crisi d’identità. Non sapevo se ero francese o tunisino o cos’altro, così ho deciso di essere solo tunisino e nel tempo mi sono reso conto che è stato un errore. All’inizio questa scelta mi ha spinto a imparare a leggere la lingua araba e mentre approfondivo la cultura araba, ho scoperto la calligrafia. Nel tempo, lo studio mi ha permesso di riconciliarmi con la cultura francese e ho imparato a convivere con le mie diverse identità: quella araba, quella tunisina e quella francese», conclude. 

Diventare artista, gli chiediamo, è qualcosa che va al di là dell’apprendere un modello, seppure culturalmente elevato, come quello calligrafico arabo? El Seed risponde usando le parole di uno scrittore francese, di cui non ricorda il nome: «Uno diventa artista quando sa che nella vita non può fare null’altro», e aggiunge, «in realtà non avevo mai pensato di diventare artista, è qualcosa che ha preso forma nel tempo. E oggi, come artista, sono convinto di avere una responsabilità rispetto a quello che faccio. È stata una scelta rischiosa, ma penso sia stata quella giusta».


Slavish Love (2020), opera esposta in occasione della mostra Templates of Love (Milano, Galleria Patricia Armocida, 25 novembre 2020 - 24 aprile 2021).


El Seed nella fornace Berengo Studio di Murano (Venezia) per realizzare con i maestri vetrai la prima opera calligrafica in vetro.

Mirage (2020), opera calligrafica scultorea realizzata per Desert X (AlUla, Arabia Saudita, 31 gennaio - 7 marzo 2020);


Perception (2016), Il Cairo, sobborgo di Manshiyat Naser.

Come nasce un progetto pubblico?, gli domandiamo. «Ogni volta vi sono diversi passaggi che devono essere affrontati. Innanzitutto farmi conoscere dalla comunità, presentarmi. È importante che la gente non mi consideri come un intruso. Il secondo passaggio è quello culturale. Cerco di trovare un testo, una poesia, un racconto di riferimento che riguardi i membri della comunità e ne discuto con loro. L’ultima tappa è la realizzazione. In Egitto, nel caso di Perception, il tema che avevo scelto riguardava i pregiudizi della gente nei confronti delle comunità di cui non si conoscono le realtà. Per Perception scelsi una frase del vescovo copto Anastasio d’Alessandria (III secolo) che diceva: “Chiunque voglia vedere chiaramente la luce del sole deve prima asciugarsi gli occhi”». Realizzato nel sobborgo Manshiyat Naser al Cairo, un’area abitata prevalentemente dalla popolazione copta, in parte impiegata nella raccolta e nel riciclo della spazzatura della capitale egiziana: «L’area di Manshiyat Naser viene vista in modo negativo dagli abitanti del Cairo», ci fa notare. Mentre narra la sua memoria va a ritroso e il suo “speech”, straordinariamente libero, scorre e assume toni esistenziali. 


«Sono convinto di avere una responsabilità rispetto a quello che faccio. È stata una scelta rischiosa, ma penso sia stata quella giusta» (El Seed)


«Perception ha richiesto un anno di lavoro preparatorio e tre settimane di esecuzione. Lavorare negli spazi pubblici, su grandi dimensioni, è una sfida sia fisica che mentale di cui ci si rende conto solo quando lo stai facendo», conclude. 

Era il 2019 quando l’artista decise di recarsi in Libano nel campo profughi di Ain al-Hilweh e incontrare un gruppo di ricamatrici palestinesi con le quali avviò un dialogo, dal quale nacque l’intervento The Journey. 

«Le ricamatrici si appassionarono subito al lavoro, tutto divenne molto famigliare e vollero partecipare attivamente alla realizzazione delle opere murali. Come riferimento scelsi alcuni versi del poeta palestinese Mahmoud Darwish (1941-2008), che furono dipinti su diversi muri del campo profughi. The Journey fu una esperienza umana straordinaria, non riguardava solo il progetto artistico, ma era un modo di riflettere sulle condizioni di vita di ognuno di noi». 

Ma come finanzi i progetti pubblici spontanei?, chiediamo. «Sono tutti autofinanziati. Vendo le mie opere e finanzio i miei progetti, in questo modo sono più libero». E la calligrafia che cosa è per te? «È una forma di poesia che non ha bisogno di essere tradotta, una forma di bellezza universale, una danza, un punto di congiunzione tra gli uomini, le culture, le generazioni».


The Journey (2019), Libano, campo profughi di Ain al-Hilweh.


Un’altra immagine di Perception (2016), Il Cairo, sobborgo di Manshiyat Naser.

Come artista hai la passione per le opere realizzate su larga scala, penso agli interventi sugli edifici di Rio de Janeiro, a Gedda, a Houston, a Parigi, a Francoforte, in Bahrein, a Sharjah. Come sei riuscito a realizzare delle opere di così grandi dimensioni?, domandiamo. «Di fatto è stata una successione progettuale, qualcosa che è avvenuto in modo molto organico. Ho cominciato con degli interventi su piccoli muri e man mano i progetti sono diventati sempre più grandi. Quello che è importante notare è che su un muro di grandi dimensioni la scrittura della prima lettera è decisiva rispetto al resto della frase». Fa una pausa e continua: «È incredibile, la prima lettera è quella che definisce il ritmo e la forma dell’intera opera». 

Della calligrafia, El Seed è riuscito a mostrare la duttilità come medium. Mirage è un’opera calligrafica scultorea realizzata per Desert X (31 gennaio - 7 marzo 2020), la biennale d’arte contemporanea ospitata nel deserto di AlUla in Arabia Saudita. Colore oro come la sabbia del deserto, Mirage narra la storia d’amore tra il poeta arabo Jamil Bin Ma’mar (660 circa - 720) e Buthayna. Un amore nutrito di speranze, mai realizzato e vissuto eternamente come un miraggio. L’amore è un tema al quale di recente l’artista ha dato molto spazio. Con Templates of Love, la mostra inaugurata alla Galleria Patricia Armocida di Milano, a fine novembre 2020 e in corso fino al 24 aprile 2021, El Seed ha declinato la parola amore in numerosi differenti modi: «In molte lingue c’è una sola parola per dire “amore”. Nella lingua araba ce ne sono cinquanta. È un fatto che mi ha colpito profondamente quando l’ho appreso. La parola amore in arabo non è confinata in una sola forma, si muove in tante frasi ed espressioni». 

E Murano?, gli chiediamo. «A Murano ho lavorato con i maestri vetrai nella fornace per realizzare la prima opera calligrafica in vetro. Il fuoco parlava, il vetro ascoltava. Nella lucidità del vetro la lettera calligrafata ha preso vita in un modo completamente nuovo». Perfetta e unica nella scultura in vetro, realizzata dai maestri vetrai di Murano della fornace Berengo Studio.


«La calligrafia è una forma di poesia, non ha bisogno di essere tradotta, è una forma di bellezza universale, un punto di congiunzione» (El Seed)


Excessive Attachment (2020), un’altra opera esposta nella mostra Templates of Love;


Un’altra immagine di The Journey (2019), Libano, campo profughi di Ain al-Hilweh.

ART E DOSSIER N. 384
ART E DOSSIER N. 384
FEBBRAIO 2021
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE Un polittico dall’intensa vitalità; CORTOON - Me(d)Too; ARTE CONTEMPORANEA - Miniartextil a Como; DENTRO L’OPERA - Distorsioni contemporanee in stile Biedermeier; XXI SECOLO. 1 Intervista a El Seed - La poetica danza dei segni; XXI SECOLO. 2 Il dibattito sulle “restituzioni” - Verso un museo postuniversale; XXI SECOLO. 3 Arte monocroma e aniconica - L’immagine e il nulla; GRANDI MOSTRE. 1 Cindy Sherman online - Maschere virtuali e social; XX SECOLO - La Galleria La Tartaruga - Tra pop e pittura colta; OUTSIDERS - L’inferno di essere figli; GRANDI MOSTRE. 2 Magritte a Parigi - In pieno sole; MUSEI DA CONOSCERE - Villa Bassi Rathgeb ad Abano Terme (Padova) - Salus per artem; STUDI E RISCOPERTE. 1 Stanley Kubrick e William Hogarth - Che satira tira?; STUDI E RISCOPERTE. 2 Iconoclastia e calvinismo nel XVI secolo - La tempesta delle immagini; STUDI E RISCOPERTE. 3 Gondolieri neri nella Venezia di fine Quattrocento - Schiavi o uomini liberi?; LUOGHI DA CONOSCERE - Tuscania medievale - La città delle due cattedrali; LA PAGINA NERA - E a Roma il mausoleo fa soltanto marameo; IN TENDENZA - Una pioniera del selfie; IL GUSTO DELL’ARTE - Frittelle, pancacke e waffel.