La seconda immagine del Codex Rhenovacensis 172 (il più antico dei codici che contengono l’Aurora consurgens) scimmiotta quella dell’ermafrodito, ma in senso negativo, alludendo all’opera del falso alchimista: agisce sui quattro elementi, producendo una melodia, che conduce al fallimento e alla morte infera. Il mostro a due teste suona un gambero rosso, con un archetto-serpente tenuto a mo’ di arco da viola, mentre una nottola o una civetta sta soffiando in una fistula, emettendo una melodia che è dolce per coloro che non temono di finire all’inferno, come recitano le parole che accompagnano la figura nel testo: «Fistula dulce canit mihi, si non crede cathonis» (“La fistula canta dolcemente per me, se non credi all’inferno”). La doppia testa scimmiesca e di corvo connota il personaggio come figura diabolica, e come rimando alla follia o alla vanità dell’alchimista imbroglione e falsario. Il mostro ha tre gambe (una a forma di pesce, una a fascina di grano incendiata e una a zampa equina o asinina, tenuta sopra la mascella di un cranio, indicando il senso della vanità su cui poggia la falsa alchimia), un busto di pesce, il braccio destro umano e quello sinistro una zampa nera.
La terza immagine miniata illustra un’architettura simile a una chiesa con campanile, intesa al contempo come casa della Sapienza, edificio sacro e luogo iniziatico di matrice ermetico-pagana. Sui tetti sono appostate nove aquile blu, che tendono gli archi in attesa di scoccare frecce in direzione di un anziano seduto, raffigurato mentre osserva simboli dipinti su una tavoletta (composta da due tabelle e aperta come un libro) che regge nelle sue mani, e verso tre uomini vicini all’ingresso, che indicano un’ampolla colma di un liquido d’oro, posata su una colonna. La scena evoca qualche passaggio del brano d’apertura narrato nella Tabula Chemica di Senior Zadith, ovvero un testo arabo di Muhammed ibn Umail, dal titolo L’acqua d’argento e la terra stellata (X secolo), tradotto in latino tra il XII e il XIII secolo. Le nove aquile rimandano alla sostanza volatile, ovvero le parti della materia che vengono estratte dal sedimento o dalla feccia (denominata anche la “decima aquila”) e che appaiono colorate nel composto. Il vecchio seduto personifica Senior o Ermete Trismegisto; la “tabula” contiene i simboli di tutta l’opera alchemica, ovvero figure che sintetizzano le operazioni per compierla. Cinque immagini rappresentano la prima metà del magistero: un quarto di luna (“distillazione”) e una luna piena (“attenuazione”), entrambe d’argento, un uccello blu con le ali aperte (“anima”, o parte volatile della materia) posto sopra un altro uccello chiaro senza ali dispiegate (“corpo”, o parte fissa della prima materia), una piccola luna piena (“magnesia” (8), un’acqua congelata che si oppone al fuoco, chiamata anche radice dei principi sulfureo e mercuriale della “pietra”, materia prima da cui ha inizio il magistero).
Altre tre immagini corrispondono alla seconda metà del magistero alchemico: due soli dorati emanano tre raggi (uno il primo e due il secondo, raggi che rimandano all’“acqua triplice e divina”, l’acqua di nube che scende sul mondo inferiore e contiene le nature dell’acqua, dell’aria e del fuoco, ovvero i vapori caldi, umidi e acquei), i quali si condensano e colano verso un cerchio sottostante (materia calcinata in fondo al vaso, chiamata “terra”), diviso in due parti (terra composta da due “corpi”, uno “maschile” e uno “femminile”, soggetti alla luna), una a forma di luna crescente dorata e l’altra che occupa gli altri due terzi del cerchio, dipinta d’argento. Secondo gli insegnamenti di Ermete Trismegisto, nel libro aperto viene visualizzato il rapporto tra micro e macro, nel duplice processo ascendente/discendente, nella coazione dell’unità duale sole/ luna, riconducendo ogni soggetto all’unità del tutto, prima attraverso la liberazione dell’anima dal corpo e poi quando l’anima in forma di acqua divina ridiscende nel corpo-terra, proprio come è scritto nella Tabula Smaragdina, il celebre testo ermetico attribuito a Ermete Trismegisto: «Sale dalla terra al cielo e ritorna poi alla terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori».