CATALOGHI E LIBRI

DICEMBRE 2017

KANDINSKIJ

La vicenda di Kandinskij (1866-1944) è davvero «l’avventura dell’arte astratta», come recita il sottotitolo di questa monografia: un libro imponente, tanto completo nel sontuoso apparato iconografico, quanto interessante da leggere. Il viaggio verso l’astrazione di Kandinskij si comprende finalmente appieno, nei suoi complessi intrecci con la cultura europea, grazie all’indagine serrata di Philippe Sers, che da anni si occupa di questo artista considerato uno dei padri fondatori del modernismo, e naturalmente dell’astrattismo. Kandinskij, di cultura proteiforme (fu anche incisore, poeta e ottimo violoncellista), era nato a Mosca ma presto aveva preso la cittadinanza tedesca, e poi quella francese (quando morì erano anni che non visitava più la sua amata terra natale). Lo studioso francese, filosofo e critico d’arte, aveva solo quattro anni quando a Parigi, il 13 dicembre 1944, Kandinskij moriva. Tuttavia Sers ha potuto attingere a fonti di prima mano: scritti autobiografici, saggi teorici, poesie, scambi epistolari con i massimi esponenti dell’intellighenzia europea, scenografie. E soprattutto, finché è stato possibile, ha tenuto un colloquio diretto, fecondo, con la vedova (che fu la seconda moglie di Kandinskij e sua principale confidente): Nina Nikolajewna Andreevskaja, scomparsa nel 1980 a Gstaad (Svizzera). Nel corso degli anni Sers ha incontrato anche gli esponenti sopravvissuti del movimento Dada e dell’astrattismo, e grazie a quei suoi colloqui ha potuto rivivere, per poi spiegarci, non solo gli sviluppi, per così dire, formali, dell’arte astratta, ma anche la teoria e la prassi che ha intrecciato l’opera inimitabile di Kandinskij con musicisti, poeti, gruppi artistici e intellettuali, scuole e vere e proprie fucine della modernità come Blaue Reiter, Bauhaus, De Stijl, costruttivismo. Il mondo artistico e “spirituale” di Kandinskij si disvela così, dal figurativo all’astratto, dal sacro al profano (che sono i poli estremi della sua ricerca), per condurci, oltre la ragione, entro pensieri profondi e simbologie insospettate.

Philippe Sers Giunti Editore, Firenze 2017 336 pp., 332 ill. colore e b.n € 68

I PIXEL DI CÉZANNE

Con la fotografia digitale chiunque può scomporre in pixel un’immagine e poi ricomporla: ma oltre cento anni fa, come faceva Cézanne? Wenders tenta di spiegarlo in un libro che raccoglie gli scritti dell’artista degli ultimi venticinque anni. Una raccolta che non riguarda solo Cézanne e i misteri intrinsechi alla creazione della famosa serie provenzale con la Montagna Sainte-Victoire. A conferma di una curiosità intellettuale che spazia in ogni campo, il regista tedesco si domanda, fra le altre cose, in cosa consistesse lo sguardo della coreografa tedesca Pina Bausch; oppure come fece Peter Lindbergh, nel fotografare una giovanissima Kate Moss (1994) e ancora prima (1989) Linda Evangelista e Cindy Crawford, a trasformare «quelle dee in esseri umani, senza neanche scalfire la loro aura». Wenders parla anche di artisti come Hopper, e registi a lui cari, come Bergman e Antonioni, sempre con sguardo acuto e un po’ visionario, da par suo.


Wim Wenders Contrasto, Roma 2017 224 pp., 40 ill. colore e b.n. € 24,90

IL RINASCIMENTO GIAPPONESE

Era il 1586 quando Bernardino Poccetti (1548-1612) raffigurava ad affresco, sulle pareti della grotta fiorentina di Buontalenti a Boboli, una bertuccia berbera con una rosa: oltre il naturalismo di quell’immagine stanno significati simbolico-politici che abbiamo indagato su “Art e Dossier” n. 329 (febbraio 2016). Certo non conosceva quel capolavoro un suo coetaneo giapponese, il pittore di paesaggi Hasegawa Tōhaku (1539-1610). Eppure più o meno in quegli anni, a Kyoto, Hasegawa dipinse su un paravento, con realistica efficacia e poesia, alcune scimmie in una foresta di bambù. Un piccolo gibbone (oggi in via di estinzione) gioca con la mamma mentre il babbo dalle braccia lunghissime, di balzo in balzo, si avvicina a loro. L’effetto monocromo, ottenuto con sublimi gradazioni d’inchiostro nero, fa perfino indovinare l’umidità nel boschetto di canne ed esprime un’armonia e un’intimità familiare che lascia ammutoliti. Per l’appunto Firenze è gemellata con Kyoto, l’antica Heian-kyō, capitale imperiale «della pace e della tranquillità» tanto amata da Fosco Maraini e da ogni europeo che la visiti ancora oggi. Ed è Firenze a ospitare oggi una mostra di trentanove paraventi giapponesi del XV-XVII secolo, epoca che corrisponde al nostro Rinascimento. Il catalogo che accompagna la rassegna nell’aula magliabechiana degli Uffizi (fino al 7 gennaio 2018) è più che un catalogo. Per la delicatezza di queste opere d’arte in prestito da musei giapponesi, i paraventi sono esposti a rotazione in tre tornate, e dunque il libro diviene indispensabile per ammirare tutti questi capolavori e poterli studiare. Il saggio autorevole di Rossella Menegazzo e le schede di autori del Sol Levante mostrano come artisti di diverse scuole pittoriche rappresentarono la natura sotto molteplici aspetti e stili. Una natura “pieghevole”, espressione del divino e del potere, evocata da «nebbie d’inchiostro e nuvole d’oro», come scrive l’autrice. Hokusai, Hiroshige, Utamaro, finora più noti al pubblico europeo, arriveranno ben più tardi.


A cura di Rossella Menegazzo Giunti Editore, Firenze 2017 160 pp., 169 ill. colore € 32

RODIN. I DISEGNI PROIBITI

Con la fine dell’anno si spengono le luci sul centenario della morte di Auguste Rodin (Parigi 1840 - Meudon 1917), celebrato negli Stati Uniti e a Parigi. Al Musée Rodin, nel monumentale Hôtel Biron, immerso nel parco della silenziosa (almeno in quel tratto) rue de Varenne, è stata allestita la mostra più originale di tutte. Qui l’artista tedesco Anselm Kiefer (1945) ha dialogato con Rodin, esponendo sublimi cattedrali e altre installazioni ma anche opere più piccole, disposte in semplici ma raffinate bacheche. Fra queste, mi ha colpito un acquerello, che se non fosse stato per il cartellino avrei detto si trattasse di uno dei fluidi disegni erotici di Rodin. No, quel nudo femminile, erotico, transitorio ed etereo, quasi trasparente, era proprio di Kiefer, col titolo significativo Transizione dal freddo al caldo (2014). Affascinato dall’erotismo di Rodin, Kiefer dichiara di averlo iniziato ad amare leggendo la celebre biografia di Rainer Maria Rilke, che dello scultore francese era stato segretario. Questo per dire della «portentosa irruzione nella modernità» dei disegni di Rodin, come già si era accorto Jean Ernest Jeanès nel 1909. Esce oggi, opportunamente, anche in Italia, una notevole edizione (anche nella veste grafica) di tutti i disegni erotici di Rodin: “proibiti”, perché audaci nelle pose, esclusivamente femminili, che niente lasciano all’immaginazione, perlomeno nel senso più esteriore del termine. Sono centoventuno disegni che Rodin conservava in un cartone da lui siglato come «Museo segreto». Sono studi, nel solco di una ricerca sempre più avanzata di libertà, che forse, come lui diceva, avrebbero un giorno indicato ad altri artisti «lo spazio immenso di una loro potenziale evoluzione ». Come scriveva Rilke, verrebbe voglia di vedere «le due mani che hanno vissuto come cento», non solo mentre scolpiva ma anche quando creava con rapido tratto questi gioielli che hanno ispirato non solo Kiefer e prima di lui Beuys, come sempre si dice, ma anche donne, io credo, come Louise Bourgeois e Carol Rama.


Nadine Lehni prefazione di Catherine Chevillot Rizzoli, Milano 2017 272 pp., 190 ill. colore € 39

ART E DOSSIER N. 349
ART E DOSSIER N. 349
Dicembre 2017
In questo numero: COMICS: I PARENTI E GLI ANTENATI Medioevo a fumetti, Antonio Rubino a Olgiate Olona. IN MOSTRA Gioielli Moghul a Venezia, L’Assunta di Daddi a Prato, Le Secessioni a Rovigo, Capa a Bassano. RESTAURI Van Eyck ritrovato.Direttore: Philippe Daverio