La pagina nera

LE STRANEZZE DEL VENDUTO,
PATRIMONIO MAL TENUTO

Arte che viene, arte che va, soprattutto. La mole di opere finite all’estero è davvero esagerata. Certo, molto, per fortuna, è rimasto da noi ma quanti intrighi, passaggi di mano, milioni spesi hanno provocato un vero e proprio depauperamento del nostro patrimonio artistico? La trama è fitta e spesso accompagnata da incredibili peripezie.

Fabio Isman

Peter Arrell Brown Widener era uno «squilionario»: riecheggiando Paperon de’ Paperoni, Bernard Berenson lo chiamava così. Macellaio di Filadelfia, si arricchisce vendendo carne di montone all’esercito unionista nella guerra di Secessione americana; poi, con l’industria: treni, petrolio, tabacco. Muore nel 1915: era tra i trenta più ricchi negli Stati Uniti. Il figlio Joseph eredita le centodieci camere della villa georgiana. Si vota alle corse dei cavalli, ne diventa grande imprenditore. Implementa la raccolta d’arte del padre, che toccherà i duemila pezzi: quattordici Rembrandt e due Vermeer, tanti capolavori italiani, come la Piccola Madonna Cowper di Raffaello pagata 836mila dollari e partita da Firenze nel 1780, decine d’impressionisti. Per Kenneth Clark era un «collezionista all’antica, così gentile da essere praticamente indistinguibile dal suo maggiordomo». Si calcola che i Widener avessero speso 25 milioni di dollari in arte; e lasciano seicento dipinti alla National Gallery of Art di Washington, quando sorge, nel 1937.
Tra essi, anche sei grandi ritratti della famiglia Cattaneo dipinti da Antoon van Dyck nei fortunati anni genovesi, tra cui quello celebre di Elena Grimaldi, con il servo di colore e l’ombrellino rosso. È esposto la prima volta sulla Fifth Avenue dall’antiquario Knoedler il 21 novembre del 1909 e merita l’onore di uno tra i cinque titoli in prima pagina sul “New York Times”. La storia è questa: in Europa, Widener padre si era fatto precedere dall’automobile. Una di quelle d’allora: quattro cromati tubi di scarico esterni. Ne aveva fatto aggiungere due, posticci. E così, i Van Dyck raggiungono gli Stati Uniti arrotolati là dentro. Lui non era nuovo a imprese di questo genere: nel 1908 gli scaricano in cortile una cassa tanto grande, che non entra in casa. Sballata, contiene «un enorme busto in gesso», dice un testimone: un ritratto dello «squilionario» grande quattro volte il naturale. Widener lo fa spaccare a metà; dentro, c’era una figurina in terracotta, acquistata in Italia come di Michelangelo (ma non lo era). Ovviamente, aveva viaggiato senza controlli di sorta.
L’“Italia dell’arte venduta”, che ho raccontato in un librino, è piena di curiosità e di stranezze. La famiglia di Dario ai piedi di Alessandro di Paolo Veronese, nel 1857 va alla National Gallery di Londra per 13.650 sterline: 17.445 napoleoni d’oro, o 354.900 lire del tempo; oggi, 1 milione e mezzo di euro. 


Paolo Veronese, La famiglia di Dario ai piedi di Alessandro (1565-1570), Londra, National Gallery. Acquisita dal museo inglese nel 1857 per 13.650 sterline, oggi un milione e mezzo di euro.

Una veduta della Venice Court dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston con i balconi fatti prelevare dalla collezionista americana nel 1882 da palazzo Cavalli-Franchetti.


E, per la prima e penso unica volta, ai custodi del palazzo in cui si trovava l’opera, spetta, nel contratto, il dodici per cento della somma, per compensarli delle mancate mance dei visitatori, che non sarebbero più accorsi ad ammirarne una copia (pur se del 1656) di tal Francesco Minorello, il cui cognome ne indica la fama. Si vede ancora a palazzo Pisani Moretta, sul Canal grande; e l’erede del casato, Vettor Zusto conte (austriaco) di Bagnolo, chissà quanto “zusto” era: cede un capolavoro assoluto, lungo quasi cinque metri, solo perché le «tre figlie maritate», non «abbiano a quistionare sopra un quadro indivisibile». Due dei tre pannelli della Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, già di Lorenzo il Magnifico, vanno invece alla National Gallery di Londra e al Louvre (il terzo, per fortuna, è agli Uffizi) soltanto perché, nel XIX secolo, creduti stoltamente dei doppioni: come si fa con le figurine dei calciatori.

Insipienze e raggiri. Nel 1882 Isabella Stewart Gardner fa prelevare da palazzo Cavalli Franchetti, a Venezia, i balconi



Insipienze e raggiri. Nel 1882 Isabella Stewart Gardner fa prelevare da palazzo Cavalli Franchetti vicino al ponte dell’Accademia, di fronte alle Gallerie, sempre sul Canal Grande, i balconi. Si ammirano nella Venice Court del museo a lei intestato a Boston; propugna il restauro dell’immobile, eseguito da Camillo Boito, fratello di Arrigo, il librettista di Giuseppe Verdi, forse proprio per comprarli. A inizio Novecento, Firenze vantava cinquantadue Cézanne: agli eredi di uno dei due collezionisti, Alexander Loeser ed Egisto Fabbri, ne resta uno. Mentre due Prigioni, sbozzati da Michelangelo per la tomba di Giulio II, stavano a Roma: donati dall’autore in cambio dell’ospitalità. Regalati a Francesco I di Francia (sono al Louvre), perché Roberto Strozzi sperava di ricevere da lui un aiuto militare con cui abbattere i Medici, di cui era fiero avversario. Il Beato Angelico esegue tre pale per la “sua” chiesa di San Domenico di Fiesole (Firenze); ne resta una; le altre sono una al Prado, venduta dai frati nel 1611 per rifarsi il campanile, e l’altra al Louvre, portatavi da Napoleone nel 1812 e ricongiunta ai sette scomparti della predella, passati per antiquari di Firenze e Londra.
Il baccanale degli Andrii di Tiziano, già nel Camerino di alabastro di Alfonso I d’Este a Ferrara da cui lo sottrae il cardinal legato Pietro Aldobrandini, è regalato nel 1633 da Nicolò Ludovisi a Filippo IV di Spagna, che gli ha permesso di acquistare, a caro prezzo dagli Altieri, il principato di Piombino, e oggi si trova al Prado. La visione di san Giovanni a Patmos, un altro Tiziano, era, in laguna, il dipinto realizzato per il soffitto della Scuola grande di San Giovanni evangelista, due metri e mezzo per tre: dopo le soppressioni napoleoniche, il singolare e dotto Pietro Edwards, responsabile della burocrazia dell’arte veneziana, che mantiene il potere sotto cinque diversi governi e per quarantacinque anni e, per esempio, imballa di persona Le nozze di Cana di Veronese quando partono per la Francia, aliena il dipinto perché «corroso dal tempo». Figurarsi: va a un antiquario; al conte Giuseppe Bertalazone d’Arache; finché viaggia, nel 1954, dalla collezione fiorentina Contini Bonacossi alla National Gallery di Washington, attraverso la Fondazione Kress.
Sono soltanto alcune delle opere le cui fughe all’estero hanno conosciuto vicissitudini più singolari di tante altre. La più recente è, forse, il Nudo sdraiato a braccia aperte, largo quasi un metro, dipinto da Amedeo Modigliani nel 1917: a trentaquattro anni, due prima di morire. Era del suo mercante, Léopold Zborowski. Dal 1928, di Riccardo Gualino, l’imprenditore e collezionista produttore del cinema, cui il duce fa la guerra. Nel 1935, il piemontese soccombe alle mene di Mussolini: deve vendere; il capolavoro passa all’avvocato bresciano Pietro Feroldi e poi al grande collezionista milanese Gianni Mattioli. Dal 1967 al 1971, la sua raccolta viaggia in Europa, Giappone, Stati Uniti: nei maggiori musei. Era ritenuta una delle più importanti al mondo. Poi, si inabissa. Poche opere vincolate dallo Stato; ventisei in prestito al Guggenheim di Venezia. Ma non il Nudo sdraiato, che resta in Svizzera. A fine 2015, bastano dieci minuti di un’asta a New York, perché diventi del miliardario cinese Liu Yiqian. Uno che ha fatto fortuna con i taxi, la chimica, la farmaceutica; e creato, a Shanghai, il «Nuovo museo dell’imperatore», come l’ha definito il “New Yorker”, dedicato all’arte cinese tradizionale, contemporanea e della rivoluzione. Ma il “Modì” è nel suo salotto: l’ha rilevato per 170 milioni di dollari, il doppio della stima iniziale. In Italia, sovente ci si gloria del moltissimo d’arte e cultura che il paese possiede; ma perché si pensa così poco al tantissimo che invece se n’è andato, e spesso anche in modo assai rocambolesco?


Raffaello Sanzio, Piccola Madonna Cowper (1504-1505 circa), Washington, National Gallery of Art. Acquisita per 836mila dollari e partita da Firenze nel 1780.

Amedeo Modigliani, Nudo sdraiato a braccia aperte (1917). Acquistato dal miliardario cinese Liu Yiqian nel 2015;

Tiziano Vecellio, Il baccanale degli Andrii (1523-1524), Madrid, Museo del Prado. Commissionato da Alfonso I d’Este, terzo duca di Ferrara, e giunto dopo vari passaggi nel museo spagnolo.

ART E DOSSIER N. 348
ART E DOSSIER N. 348
Novembre 2017
In questo numero: PICASSO E TOULOUSE-LAUTREC tra Madrid e Milano. VISIONE E INGANNO Escher e Cartier-Bresson. IN MOSTRA: Arte ribelle a Milano, De Stijl, Dutch Design e Dutch Masters in Olanda, Cuno Amiet a Mendrisio, Peyton e Claudel a Roma, Van Gogh a Vicenza, Rinascimento giapponese a Firenze.Direttore: Philippe Daverio