Grandi mostre. 3 
De Stijl e Dutch Design in Olanda

UNICO OBIETTIVO:
(RI)DISEGNARE IL MONDO

Nasce come rivista nel 1917 ma diviene ben presto, nei Paesi Bassi, un movimento d’avanguardia senza precedenti. Stiamo parlando di De Stijl, o neoplasticismo, celebrato in tutta l’Olanda per i cento anni dalla sua comparsa e veicolato fino ai giorni nostri dal Dutch Design, corrente altrettanto innovativa e diffusa ovunque negli ultimi venticinque anni.

Paola Testoni de Beaufort

Senza dubbio De Stijl è considerato il più importante contributo dei Paesi Bassi alla cultura del XX secolo. Quello che era iniziato come il titolo di una semplice rivista crebbe fino a trasformarsi in un’icona globale della modernità, non è quindi un caso che siano così estese, in Olanda, le celebrazioni per il centenario di questo movimento artistico d’avanguardia i cui temi portanti come speranza in un futuro migliore, fede nel progresso, ottimismo e umorismo sono stati traghettati, sempre attualissimi, fino ai nostri giorni, da quel movimento che, dagli anni Novanta, fu definito il Dutch Design. Hella Jongerius, Maarten Baas, Richard Hutten, Marcel Wanders e Piet Hein Eek sono solo alcuni dei designer olandesi divenuti famosi ben oltre i confini dei Paesi Bassi. E quest’anno il De Stijl (o neoplasticismo) e il Dutch Design hanno letteralmente invaso i Paesi Bassi: Leida, L’Aja, Drachten, Utrecht, Amersfoort e Eindhoven sono alcune delle città che hanno celebrato il movimento che voleva (ri) disegnare il mondo. Un movimento nato, come anticipato, con una rivista fondata dall’artista Theo van Doesburg a Leida nel 1917 e che ha poi visto unirsi membri importanti come Piet Mondrian, Bart van der Leck e Gerrit Rietveld. Ma De Stijl era molto di più: un movimento, una corrente, una scuola di pensiero che emerge dalle rovine della prima guerra mondiale che con la sua forza distruttiva provocherà come reazione non solo l’esigenza di innovazioni tecniche e industriali, ma anche nuove idee e una nuova visione sull’arte e il design. La copertina della rivista menziona il fatto che De Stijl vuole contribuire «allo sviluppo della nuova coscienza della bellezza», con l’obiettivo di «rendere l’uomo moderno più ricettivo alle Arti Grafiche». Si propaga così un nuovo stile universale che dovrebbe soddisfare le esigenze di una società moderna. Uno stile in cui l’architettura è il corrispondente della pittura, dove il design diventa l’alleato dell’arte. Ma gli artisti del neoplasticismo non considerano solo la pittura, la scultura e l’architettura come loro campi di azione, ma arrivano a espandere la loro visione artistica anche sul design di interni, sull’abbigliamento, la pubblicità, il packaging, le case, le strade e persino intere città. La ferma convinzione che la progettazione dell’ambiente influisca direttamente sul comportamento dell’essere umano porta artisti, designer e architetti a riunirsi e a cominciare a collaborare con l’intento di esercitare un’influenza ottimistica ed “espressiva” sulla società e sulla vita di tutti i giorni. Una visione innovativa che tradotta in metodologia diviene capace di sviluppare ulteriormente la tradizione dell’arte collettiva attraverso un linguaggio visivo completamente nuovo, e non è quindi un caso che l’attuale Dutch Design abbia un’impronta sociale così forte.


Theo van Doesburg, Arciere (1921), Drachten, Museo Dr8888.

Theo van Doesburg, Maison particuliere (1923) (ricostruzione di Tjarda Mees 1982), L’Aja, Gemeentemuseum.


Marcel Wanders, Knotted Chair (1995), New York, MoMA - Museum of Modern Art.

Il neoplasticismo arriva a estendere la propria influenza addirittura sui costruttivisti russi ma è la collaborazione con il movimento tedesco del Bauhaus che porta alla nascita di una vera e propria scuola per le arti visive, l’artigianato e l’architettura. Sotto l’egida di Theo van Doesburg, il Bauhaus si evolve verso il modernismo: tutto doveva diventare più semplice e funzionale, e socialmente più rilevante. Nasce in questo momento il desiderio di progettare forme innovative modellate per la società di domani: questo sarà il vero lascito al Dutch Design che, dal concetto di semplicità, giungerà pian piano a elaborare quello di diversità. La stessa definizione di Dutch Design sarà coniata nel 1993 con la partecipazione della piattaforma Droog al Salone del mobile di Milano. Furono i giornalisti a parlare per primi di una nuova corrente che, partendo dal concetto di forme innovative accessibili a tutti di Gerrit Rietveld, cominciava a contraddistinguersi per uno stile minimalista dove si fondevano vecchi e nuovi temi come sperimentazione, innovazione, anticonformismo e un ludico senso dell’umorismo. E proprio come per Rietveld, anche per la successiva generazione di designer, formatasi nelle accademie di Arnhem e Eindhoven, sarà di vitale importanza unire l’arte e la produzione industriale. Come l’architettura moderna, che nei Paesi Bassi trova il suo polo a Rotterdam, il design olandese che nasce nel Brabante, soprattutto nella zona di Eindhoven, Tilburg e Helmond, si diffonde, in particolar modo negli ultimi venticinque anni, in tutto il mondo, non più riservato esclusivamente ai progettisti olandesi.

Piet Mondrian, La chiesa del villaggio (1898);


Jean Arp, Il pastore di nuvole (1953) Otterlo, Kröller-Müller Museum.


Maarten Baas, Smoke Rietveld Redblue, dalla serie Where There’s Smoke (2004), Utrecht, Centraal Museum.

A Taiwan, il designer Gijs Bakker forma nuovi talenti ispirandosi, a livello concettuale, al design olandese, come pure in Giappone e in Italia, dove alcuni designer si identificano con questa corrente visto che le loro opere minimaliste rientrano perfettamente nel quadro delle caratteristiche primarie del Dutch Design. Utilizzato all’inizio nel settore dei mobili, questo modello progettuale nato in Olanda è ora presente in svariate discipline, come per esempio la moda, dove i fashion designer Viktor & Rolf da Arnhem sono arrivati in tutto il mondo e i loro modelli surreali e ricchi di autoironia sono oggi indossati da personaggi di calibro internazionale. Anche Rem Koolhaas, in particolar modo conosciuto in Italia come direttore del settore Architettura della Biennale di Venezia del 2014, pur avendo la sua sede storica a Rotterdam, è un architetto olandese di questa corrente ormai divenuto famoso a livello planetario. I suoi edifici hanno travalicato da decenni i confini nazionali e sono presenti in tutto il mondo: dalla Cina agli Emirati Arabi. Oltre alla progettazione di edifici in tutto il mondo con lo studio Oma, Koolhaas lavora a discipline non architettoniche - politica, editoria, media, moda e sociologia - attraverso il suo think tank e la sua unità di ricerca, Amo, e in questo senso rappresenta perfettamente l’eredità culturale dello spirito interdisciplinare del neoplasticismo. Al design 36 vengono dedicati in Olanda diversi eventi, il principale è sicuramente l’annuale DDW Dutch Design Week (settimana del design) a Eindhoven durante la quale vengono esposti duemilacinquecento lavori in cento diverse location attirando centinaia di migliaia di visitatori da tutto il mondo. Un evento che rappresenta l’occasione ideale non solo per approfondire la conoscenza dei pionieri come Gerrit Rietveld, ma anche per incontrare i maggiori esponenti di oggi e scoprire nuovi giovani talenti.

Moti Barzilay, Poly Lampper D-VISION (2010).


Veduta della mostra Thought Collider The Rythm of Life (Eindhoven, Strijp-S, STRP Biënnale 2017,24 marzo - 2 aprile 2017);


Nacho Carbonell, Skin Collection (2009).

ART E DOSSIER N. 348
ART E DOSSIER N. 348
Novembre 2017
In questo numero: PICASSO E TOULOUSE-LAUTREC tra Madrid e Milano. VISIONE E INGANNO Escher e Cartier-Bresson. IN MOSTRA: Arte ribelle a Milano, De Stijl, Dutch Design e Dutch Masters in Olanda, Cuno Amiet a Mendrisio, Peyton e Claudel a Roma, Van Gogh a Vicenza, Rinascimento giapponese a Firenze.Direttore: Philippe Daverio