DALLA PREISTORIA ALLA FINEDEL PERIODO NARA (784)

La storia della cultura e dell’arte del Giappone è il frutto dell’alternarsi di periodi di isolamento

a momenti di apertura dell’arcipelago al mondo esterno. La sua particolare posizione geografica, ai confini del mondo, ha molto inciso sugli eventi della storia del Paese del Sol Levante, affacciato a est verso l’insondabile immensità dell’oceano, e diviso dal continente a ovest da uno stretto di mare che nel passato non fu sempre agevole percorrere.


“Dogu‐” (I millennio a.C.); Fort Worth, Kimbell Art Museum. Non è ancora chiaro a quale culto fossero associate queste sculture antropomorfe in terracotta, ma le accentuate caratteristiche femminili farebbero supporre a rituali connessi con la fertilità.


“Do‐taku” (III secolo a.C. - III secolo d.C.); Parigi, Musée Guimet. Prive di batacchio, le campane “do‐taku” sono tra i manufatti più tipici del periodo Yayoi, l’Età del bronzo giapponese.

I periodi Jōmon (circa 10.000 - 300 a.C.), Yayoi (circa 300 a.C. - 300 d.C.) e Kofun (300 circa - 552)

L’arte giapponese è dunque straordinaria miscela di influenze esterne e spunti del tutto autonomi. Tale caratteristica si percepisce fin dagli albori della storia della cultura materiale nipponica. Nonostante la più recente glaciazione separasse l’arcipelago dalla Corea “solo” dodici millenni prima dell’anno Domini, mettendo fine al flusso di genti che dall’Asia migravano verso quell’estremo lembo di terra, le popolazioni giapponesi furono in grado di produrre una tra le più antiche e affascinanti culture ceramiche del mondo. 

Il vasellame e la piccola statuaria (“dogu‐ ”) in terracotta di epoca Jo‐ mon (“decorazione a corda”, in riferimento alla tecnica di realizzazione delle ceramiche) sono espressione di grande intensità emotiva per le forme esuberanti, e insieme memoria di culti ancora misteriosi che scandivano il mutare delle stagioni di una società dedita alla caccia e alla raccolta. 

Solo intorno all’anno 300 a.C. si formarono comunità sedentarie e si diffuse l’agricoltura. Dalla Cina, per tramite della Corea, giunsero anche le conoscenze per la lavorazione dei metalli. Le campane in bronzo (“do‐ taku”) sono tra i manufatti più significativi realizzati in epoca Yayoi: mostrano chiare influenze della metallurgia cinese ma, soprattutto nel decoro stilizzato, manifestano un’attitudine per le geometrie lineari, quasi fossero la preistoria del moderno design nipponico. 

Il periodo Kofun (“tomba”) vide il consolidarsi del potere dello stato di Yamato, ubicato nella regione di Nara. Agli occhi del popolo l’imperatore era considerato una divinità, e le sepolture dei sovrani si adeguarono a questa inedita grandezza. Il mausoleo di Nintoku a Sakai, nei pressi di Osaka, è un’opera colossale che si distende per quasi cinquecento metri sull’asse principale, la più vasta delle tombe realizzate in questo periodo. I cilindri in terracotta (“haniwa”) sistemati sul tumulo sono tra le creazioni più originali del periodo. Modellati in una moltitudine di forme, essi descrivono molti aspetti della società giapponese del tempo, e costituiscono una documentazione imprescindibile per capirne certe dinamiche.


Mausoleo dell’imperatore Nintoku (V secolo); Sakai, Prefettura di Osaka.


“Haniwa” (IV-VI secolo); Parigi, Musée Guimet. Questa scultura in terracotta raffigura un guerriero, l’antenato del “samurai”. La sproporzione tra torso e gambe si spiega con l’utilizzo che si faceva di queste statue, interrate parzialmente all’esterno dei tumuli funerari.

Dall’introduzione del buddhismo al periodo Nara (552-784)

L’anno 552 segna un momento cruciale nella storia del Giappone. Fu allora che il sovrano del regno coreano di Paekche inviò all’imperatore giapponese icone e documenti buddhisti. L’élite politica non solo assimilò in breve i complessi precetti della dottrina di origini indiane ma impose anche che il buddhismo diventasse religione di Stato. 

Non fu difficile per la regola del Buddha soppiantare in questo ruolo lo shintoismo, la dottrina indigena del Giappone, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. La “via degli dei” (“shintō”), un insieme non codificato di credenze animistiche, non aveva in partenza questo genere di ambizioni, nonostante il santuario di Ise fungesse da tempio della famiglia imperiale già da tempo, così che, nel corso dei secoli, il suo vastissimo pantheon di divinità (fenomeni della natura, esseri sovrannaturali, antenati e uomini di valore) sarebbe stato assimilato da quello buddhista, generando un curioso sincretismo religioso. 

Il buddhismo arrivò in Giappone al culmine del suo sviluppo, organizzato in una gerarchia di monaci ai quali lo Stato concedeva l’uso di terre per ospitare templi. Il principe Sho‐toku (574-622) fu il maggior promotore del buddhismo, e a lui si deve l’adozione di molti princìpi confuciani di origine cinese per regolamentare la macchina burocratica. Egli impose inoltre l’uso del sistema di scrittura cinese, il quale fu progressivamente adattato alla fonetica giapponese con l’ausilio di due sistemi sillabici che consentivano una completa traduzione della lingua nipponica. I primi testi scritti sono il Kojiki (“Un racconto di antichi eventi”, 712) e il Nihonshoki (“Annali del Giappone”, 720), nei quali si dà conto della storia dell’arcipelago, dalle sue origini mitiche fino agli eventi più recenti. 

Alla Cina, Shōtoku e i suoi successori si ispirarono per dare una struttura urbanistica alla capitale che per tutto il VII secolo avrebbe continuato a essere spostata ogni qualvolta il sovrano moriva per evitare le influenze maligne. Tuttavia, la città di Asuka, nella piana di Nara, ospitò spesso l’imperatore e il suo seguito, ed è per questo che il periodo tra il 552 e il 645 è conosciuto come epoca Asuka. I decenni successivi, fino al 710, sono noti come periodo Hakuhō , al quale seguì il cosiddetto periodo Nara (710-784), con il quale si decise infine di fondare una capitale stabile. Dal punto di vista storicoartistico il VII e l’VIII secolo costituiscono un momento omogeneo, caratterizzato da una consapevole sinizzazione. 

L’architettura buddhista fiorì rapidamente. Furono costruiti numerosi templi, tra i quali l’Ho‐ ryūji nei pressi di Nara, uno dei capolavori in quest’ambito di ogni tempo e di ogni luogo nel mondo. Concepito come un insieme di edifici all’interno di un recinto sacro, questo santuario esprime al meglio i canoni dell’architettura buddhista della Cina di epoca Tang (618-907), notevole prima di tutto per l’utilizzo di sofisticati sistemi di assemblaggio degli elementi lignei portanti delle strutture. All’interno della sua pagoda, del suo Padiglione d’oro (“kondō”), nella sala Yumedono e negli altri edifici del complesso, sono conservate alcune delle opere più importanti del Giappone, punti di riferimento imprescindibili anche per comprendere l’evoluzione stilistica dell’arte buddhista internazionale. 

La triade in bronzo dorato con il Buddha affiancato da due “bodhisattva” (divinità che pur avendo raggiunto l’Illuminazione come il Buddha non si ergono a trascendenza ma interagiscono con la mondanità) è opera del 623 di Tori Busshi, scultore proveniente da una famiglia di origini cinesi. La radicale frontalità di questa icona riecheggia i modi della statuaria buddhista coreana del VI secolo. Confrontandola con opere di appena mezzo secolo successive, come l’analoga triade ancora nell’Ho‐ryūji o i dipinti murali che ornano le pareti del “kondo‐ ”, si percepisce lo sforzo degli artisti giapponesi di conferire maggiore realismo e plasticità alle raffigurazioni, secondo soluzioni già sperimentate in Cina. Un’evoluzione che porterà verso la metà dell’VIII secolo alla realizzazione dei più antichi ritratti scultorei, tra i quali la drammatica effige del monaco Ganjin conservata nel tempio Tōshōdaiji di Nara. 

Al vertice di tale progresso stilistico si situa l’erezione del Tōdaiji di Nara per volere dell’imperatore Shōmu (701-756) e inaugurato nel 752. Le proporzioni degli edifici di questo tempio si adeguano alla scala vertiginosa del Grande Buddha in bronzo, oggi alto sedici metri ma in origine ancora più colossale. La sala che l’ospita è ancora oggi uno degli edifici in legno più grandi del mondo, pura espressione di quel potere senza limiti che il clero buddhista aveva raggiunto.


Hōryūji (fine del VII secolo); Ikaruga, Prefettura di Nara. Gli edifici del tempio di Hōryūji sono le più antiche costruzioni in legno del mondo. Al loro interno si conservano alcune delle opere d’arte più significative della storia del Giappone.


Tori Busshi, Triade con Buddha e due bodhisattva (623); Ikaruga, Hōryūji, Padiglione d’oro.


Il Buddha Amida tra due bodhisattva (inizio dell’VIII secolo); Ikaruga, Hōryūji, Padiglione d’oro. La decorazione pittorica del Padiglione d’oro dell’Hōryūji fu irrimediabilmente danneggiata nel 1949 a causa di un grave incendio.


Grande Buddha (752); Nara, Tōdaiji. L’enorme scultura del Buddha Vairocana che possiamo ammirare oggi nel Tōdaiji è il risultato di numerosi interventi, l’ultimo dei quali nel 1692. In origine era ancora più imponente.

All’interno del recinto del Tōdaiji si trova lo Shōsō in, un edificio realizzato secondo uno stile architettonico che richiama i granai di epoca Yayoi. Al suo interno si trova il tesoro donato nel 756 dall’imperatrice Kōmyō (701-760) alla morte di Shōmu. Si compone di centinaia di manufatti preziosi di ogni genere, dai dipinti alle ceramiche, dalle lacche agli strumenti musicali, dai tessuti ai vetri, in parte realizzati in Giappone e in parte ricevuti in dono da delegati di paesi anche molto lontani, come la Persia. Si tratta di una sorta di “camera delle meraviglie”, nella quale si concentra il meglio della produzione artistica di tutto il continente asiatico.


Shōsōin (756 circa); Nara, Tōdaiji.


Retro di specchio (prima del 756); Nara, Tōdaiji, Shōsōin. Pur ricordando per forma e tecnica di decorazione analoghi manufatti cinesi, questo specchio è opera raffinatissima di artisti giapponesi attivi a corte.

ARTE GIAPPONESE
ARTE GIAPPONESE
Francesco Morena
Più di duemila anni di civiltà, svoltasi perlopiù lontano dagli sguardi e dalla “contaminazione” occidentali, fra il IV secolo a.C. e l’età moderna, hanno plasmato una cultura artistica complessa e affascinante. Vasi in ceramica, utensili metallici, sculture e opere pittoriche, grandi templi e monasteri; la presa del potere da parte dei samurai, con la conseguente enfasi sui temi della guerra e della forza; l’arte della calligrafia e quella della pittura a inchiostro su carta; fino alla fioritura di Ukyo-e, alla rivelazione reciproca fra Oriente e Occidente nell’Ottocento quando tutto ciò che era giapponese divenne simbolo e modello di gusto per impressionisti e avanguardie.