Nei secoli successivi alla sua introduzione, lo zen avrebbe profondamente influenzato la cultura giapponese, permeando molte forme d’arte. I teorici dello zen erano infatti convinti che l’Illuminazione improvvisa (“satori”), quell’intuizione estemporanea che genera la suprema conoscenza, potesse essere raggiunta anche praticando un’arte. Molti tra i maggiori intellettuali e artisti giapponesi - filosofi, esteti, poeti, pittori, scultori attivi dopo il XIII secolo - furono in qualche modo legati allo zen.
Il Nō, per esempio, la più sofisticata forma di teatro giapponese, messa a punto da Kan’ami (1333-1384) e da suo figlio Zeami (1363-1443) mentre erano al servizio dello “shōgun” Yoshimitsu (1358-1408), è imbevuto di concezioni vicine allo zen. E così la pittura a inchiostro monocromo (“sumi-e”), la brevissima poesia “haiku”, la Cerimonia del tè (“chanoyu”), l’arte di predisporre i giardini, l’“ikebana”, e infine gran parte delle arti marziali tradizionali.
Tuttavia, nel XIII-XIV secolo le teorie dello zen erano ancora in fase gestazionale. La pittura di quel periodo è piuttosto una miscela di quanto elaborato nella seconda fase del periodo Heian con soluzioni inedite scaturite dalla riapertura del paese alla Cina. Il rotolo orizzontale da svolgere (“emaki”) e quello verticale da appendere (“kakejiku”) rimasero i formati più diffusi, così come continuarono a essere prediletti i canoni stilistici della “Yamato-e”. L’arrivo dal continente di numerosi dipinti di epoca Song (960-1279) non lasciò indifferente gli artisti giapponesi, che maggior peso attribuirono nella costruzione della composizione alla monumentalità del paesaggio e alla suggestione degli effetti atmosferici.
Naturalmente, i temi non potevano più riguardare le abitudini di corte e maggiore spazio ebbero soggetti come le vite dei monaci e l’illustrazione dei maggiori eventi storici del passato più prossimo. A quest’ultimo genere appartiene l’Heiji monogatari emaki, dedicato a narrare gli eventi della Ribellione di Heiji che ebbero luogo nel 1159-1160, già tramandati per via orale e quindi raccontati in un’opera letteraria omonima, e che videro protagonisti gli eserciti di Taira e Minamoto. Paragonata al Genji monogatari emaki, quest’opera rivela chiaramente l’evoluzione della “Yamatoe” intrapresa nel XIII secolo. Le scene di battaglia sono popolate da una miriade di personaggi descritti in maniera realistica. Analogo trattamento anche per le opere pittoriche di ambito buddhista, come i rotoli del Jigoku zōshi (“Rotoli dell’inferno”), nei quali sono descritte le terrifiche pene riservate ai peccatori, oppure i rotoli dello Ippen shōnin eden (“Vita illustrata del monaco Ippen), opera del pittore En’i del 1299, nella quale si racconta la vita di Ippen, un monaco che viaggiò in tutto il Giappone per diffondere la pratica del “nenbutsu odori”, la recitazione del nome del Buddha Amida accompagnata alla danza allo scopo di ottenere la salvezza.