Il gusto dell'arte 


DALL’ULTIMA CENA
ALL’OSTERIA

di Ludovica Sebregondi

Un viaggio nel Bel paese alla scoperta delle tradizioni culturali e sociali che legano arte e cucina regionale. Ottava tappa: Trentino

Il rosso dei gamberi e del vino segnano la tavola dell’Ultima cena dipinta a fianco dell’altare nella chiesa di Sant’Antonio Abate di Pelugo (Trento) probabilmente da Cristoforo II Baschenis (1472- 1520), collaboratore del cugino Dionisio che nel 1493 firma e data altre opere nell’edificio. I Baschenis si firmavano “de Averara”, dalla frazione del Bergamasco da cui provenivano, ma lavorarono itineranti per più secoli e furono attivi anche in Trentino: il più famoso della famiglia sarebbe stato Evaristo, nel Seicento, con le sue nature morte di soggetto musicale.

I gamberi, che diventano rossi dopo la cottura, sono elemento ricorrente nelle Ultime cene delle chiese dei territori a nord del Po, già visti nella cappella del Sacro Monte di Varallo (Vercelli), e diffusi dal Piemonte al Friuli: vermigli come il sangue che Cristo verserà e simbolo, col carapace che si rinnova a ogni stagione, di morte e resurrezione. Diffusi nei corsi d’acqua, erano consueti sulle tavole delle zone ricche di fiumi e considerati cibo quaresimale ricercato per le mense signorili. Sul piatto di portata quadrato appaiono trote grigie che ciascun commensale ha anche sul proprio tagliere di legno e che uno degli apostoli sta per tagliare col coltello.

Naturalmente compare anche il pane, immancabile e necessario, insieme al vino, al compiersi dell’atto fondante dell’eucarestia. Le grandi mani che sottolineano la gestualità, la pittura di gusto popolare, la forzatura prospettica del tavolo, fanno di questo affresco esempio interessante di una pittura che doveva parlare a un mondo - seppur posto su una strada di comunicazione - tuttavia appartato e fortemente segnato dalle tradizioni locali.

Rosso il vino, sebbene «rosso chiaro […] con trasparenza di rubino […] sanguinello di fragola filtrata con vene azzurrine di aria purissima prealpina» quello desiderato da Fortunato Depero (Fondo, Val di Non 1892 - Rovereto 1960), artista eclettico, pittore, disegnatore, pubblicitario ante litteram, ma anche poeta e autore di un saggio di gastronomia. Evoca il vino, ma non lo raffigura, nel grande dipinto su tavola in cui uomini seduti all’osteria bevono da bicchieri o tracannano direttamente dalla bottiglia. Brindisi, chiacchiere ma anche lampioni di città che illuminano la strada fuori dalla porta di quel mondo ristretto dove ci si ritrova sera dopo sera. Tema, quello del vino, promosso durante il fascismo perché si trattava di una bevanda autoctona, di un prodotto che non risentiva della sanzioni che colpivano i prodotti stranieri. Depero tuttavia, come si è detto, lo lascia solo immaginare.

Le lunghe serate attorno a un tavolo dove bere in compagnia e inaffiare col vino carne affumicata e crauti in salamoia cotti nel lardo hanno caratterizzato nei secoli la vita dei montanari nel Trentino. L’affumicatura è tipica di queste terre, dove nei camini, negli alti solai o in edifici appositi si affumicavano carni di maiale, manzo, oca, cavallo, asino, trote. Pane di segale, burro sapido e cetriolini sottaceto completavano spesso un pasto, insieme a patate e rape.

La storia del Trentino, principato vescovile già dall’XI secolo, e le complesse vicende che hanno portato alla compresenza dell’italiano e del tedesco nella stessa regione sono meno evidenti in cucina, dove le contaminazioni hanno condotto a una diffusione degli stessi piatti: canederli (italianizzazione dei “knödel” austriaci) e gulasch sono transitati nelle cucine trentine; il minestrone con brodo di patate e fagioli ha risalito la strada verso il Brennero. Allo stesso modo i ricchissimi dolci - conforto calorico, insieme al vino, al freddo pungente - non trovano distinzioni: se più tipici del Trentino sono la ciambella detta fugazza o i fiadoni, la contaminazione ha portato ad apprezzare ovunque lo strudel di mele, le alte torte accompagnate da panna montata, i “krapfen”, lo “schmarrn” e lo “zelten” natalizio di tradizione asburgica.


Fortunato Depero, Riti e splendori d'osteria (1944), Rovereto, Cassa rurale di Rovereto.

ART E DOSSIER N. 346
ART E DOSSIER N. 346
Settembre 2017
In questo numero: GRAFICA ITALIANA La collezione Salce di Treviso; Lanerossi 1817-2017. NUOVI MUSEI Trieste: la fotografia; Messina: il Museo interdisciplinare. IN MOSTRA Intuition a Venezia, Ytalia a Firenze.Direttore: Philippe Daverio