Studi e riscoperte
Lanerossi, l’identità visiva in duecento anni di storia

UNO STILE
ALL’AVANGUARDIA

Lanerossi - che nel 2017 festeggia il suo bicentenario - è stata tra le prime realtà industriali italiane a capire la necessità di una comunicazione visiva dinamica e innovativa: dalla pubblicità sui giornali alle vetrine, dal marchio agli spot televisivi, con il supporto di grandi artisti, graphic designer, illustratori e fotografi.

Alessandra Bosco, Fiorella Bulegato

«Le nuove formule pubblicitarie rese necessariamente secondo modi espressivi d’avanguardia […] hanno dato il segno di un nuovo coraggioso dinamismo anche nella nostra azienda che non può restare ancorata a formule inerti e improduttive»(1), riporta nel 1958 l’“house organ” aziendale appena riedito. Certamente la comunicazione visiva del Lanificio Rossi, impresa nata nel 1817(2) e denominata definitivamente Lanerossi nei primi anni Cinquanta, può essere accostata a quella delle più studiate grandi industrie italiane come Olivetti, Pirelli, La Rinascente o Italsider, accomunate dalla ricerca della definizione di uno “stile” capace, in ultima istanza, di far accettare l’ottica del grande numero nonché di mitigare l’impatto, anche sociale, delle loro attività.

E non è un caso che questa affermazione sia comparsa nel periodo probabilmente più “sperimentale” della produzione visiva dell’azienda, quando è diretta da Giuseppe Luraghi - già in Pirelli e in Finmeccanica dove aveva partecipato alla fondazione nel 1953 della rivista “Civiltà delle macchine” - e quando gli strumenti comunicativi sono progettati da grafici come Pino Tovaglia e illustratori come Riccardo Manzi, coadiuvati da fotografi come Mauro Masera e Ugo Mulas, assistiti dall’ufficio Propaganda Lanerossi.

Innanzitutto, la storia degli artefatti visivi con cui Lanerossi ha comunicato nel tempo non è scindibile da quella dell’azienda che, oltre a distinguersi per innovazione industriale e di prodotto, dipende dal contesto imprenditoriale, economico, politico, tecnologico, del lavoro, sociale e culturale in cui è inserita.

La molteplicità degli strumenti comunicativi necessari nel tempo a rappresentare la sfaccettata e complessa realtà aziendale


In estrema sintesi, protagonista indiscusso della prima rivoluzione industriale, il Lanificio Rossi nasce a Schio, località a nord di Vicenza già sede di attività laniere, e ben presto diviene la più importante industria tessile europea. L’ascesa è diretta da Alessandro Rossi, subentrato nel 1842, che modernizza l’impresa sul piano energetico, tecnologico, amministrativo e commerciale, potenzia il sistema infrastrutturale e idrogeologico della zona e trasforma, fra l’altro, l’insediamento cittadino con la costruzione della Fabbrica Alta, vero monumento architettonico, di residenze e attrezzature sociali. Nello stesso periodo, inizia l’ampliamento degli stabilimenti nel circondario polarizzando la lavorazione della lana su tre produzioni principali: filati, tessuti e coperte. La società nel 1962, dopo varie traversie finanziarie, passa sotto il controllo di Eni, azienda retta da Enrico Mattei, decisa a incrementare le produzioni delle fibre sintetiche che, dopo una fase di ammodernamenti, nel 1987 la cede al gruppo Marzotto.

Seppur sommariamente riassunta, la vicenda storica ci fa intuire la molteplicità degli strumenti comunicativi necessari nel tempo a rappresentare la sfaccettata e complessa realtà aziendale che dall’inizio degli anni Quaranta, resasi riconoscibile per lo sviluppo del nuovo prodotto Thermocoperta, era in grado di garantire una produzione dalla materia prima alla confezione e si era estesa ai tessili per l’arredamento.


Montaggio di Etichette per filati, tipi correnti, tipi dei clienti, tipi vecchi per Lana Rossi e Lanificio Rossi (1920-1930).

Andiamo però con ordine. Nella fase ottocentesca prevale la comunicazione istituzionale - come gli avvisi tipografici affissi in fabbrica sulle prescrizioni antinfortunistiche o le iniziative sociali - ma non mancano già stampati rivolti al grande pubblico, come il manifesto Novità delle stoffe per pantaloni d’inverno 1853 che anticipa l’ingresso nel mondo della moda, ben rappresentato dalla promozione degli anni fra le due guerre mondiali. L’azienda si affida allora alle nascenti realtà professionali come al prolifico cartellonista Adolfo Busi per illustrare vari artefatti - dalle pubblicazioni aziendali come “La moda della lana” alle etichette per i filati agli imballi per le coperte, fra gli strumenti più specifici dell’azienda -, all’agenzia milanese Acme Dalmonte per annunci dal sapore futurista e, sul finire del decennio Trenta, fra gli altri, al duo modernista Bruno Munari e Riccardo Ricas, nel momento che segna anche l’introduzione delle immagini fotografiche. È invece depositato nel 1947 il marchio concepito da Enrico Ciuti, il filo rosso tuttora utilizzato che si annoda a formare una R sempre presente assieme al logotipo nei diversi artefatti. A partire dagli stessi anni divengono straordinari veicoli di promozione anche le vetrine dei negozi di tutta Italia che partecipano ai concorsi a premi indetti dall’azienda ridondando i medesimi annunci pubblicati sulle riviste femminili o affissi sui muri cittadini.

Pochi anni dopo, le collaborazioni con gli interpreti aggiornati della tradizione cartellonistica portano a realizzare veri e propri personaggi-icona destinati ad affiancare i prodotti Lanerossi nell’immaginario del dirompente sviluppo consumistico, sia illustrati - le soluzioni di Armando Testa o dello Studio Stile per i tessuti - sia animati, con le pubblicità su Carosello, iniziate nel 1958 associate col Signor Bonaventura di Sergio Tofano e terminate nel 1967 con Baldo e Poldo di Pier Luigi De Mas. Una scelta comunicativa che in primis Tovaglia e Manzi, come accennato, trasformano in progetti di speciale riconoscibilità, in cui slogan immediati sono espressi mediante efficaci sperimentazioni tipografiche coniugate con segni, immagini elaborate e campiture, spesso collage di tessuti, nei differenti strumenti di cui si occupano, che siano affissioni urbane, annunci su quotidiani, calendari o stand fieristici.

In seguito, per effetto della progressiva importanza assunta dalla cultura dell’immagine televisiva, si ricorre maggiormente allo scatto fotografico e si interpretano i cambiamenti dei comportamenti sociali avvenuti fra gli anni Sessanta e Settanta. Come documentano, per esempio, le campagne pubblicitarie dedicate al Thermoplaid o al filato acrilico Rossilon, realizzate al tempo di Eni. Alla nuova compagine societaria si deve anche nel 1977 la nuova immagine istituzionale, declinazione progettata da Unimark International di quella nota concepita per il gruppo.

Merita infine evidenziare il rilevante ruolo assunto nella trasmissione dei codici comunicativi dell’azienda dalle attività calcistiche del Lanerossi Vicenza, squadra così denominata ufficialmente dal 1953, ma soprattutto va sottolineato che senza i materiali dell’Archivio storico Lanerossi a Schio questa rapida ricostruzione sarebbe stata impossibile, un patrimonio certo del passato ma «la memoria degli archivi è la memoria del futuro»(3).


In ogni bella vacanza Thermoplaid Lanerossi (1965), espositore pubblicitario.

(1) La nostra pubblicità, in “Notiziario Lanerossi”, 1, gennaio 1958, p. 10.

(2) Con la costituzione della Società Francesco Rossi & C. fra Rossi ed Eleonoro Pasini.

(3) G. Baule, Archivi della memoria e del futuro, in "Linea grafica", 356, marzo-aprile 2005, p. 13.

ART E DOSSIER N. 346
ART E DOSSIER N. 346
Settembre 2017
In questo numero: GRAFICA ITALIANA La collezione Salce di Treviso; Lanerossi 1817-2017. NUOVI MUSEI Trieste: la fotografia; Messina: il Museo interdisciplinare. IN MOSTRA Intuition a Venezia, Ytalia a Firenze.Direttore: Philippe Daverio