Luoghi da conoscere. 1
L’edificio Feltrinelli-Microsoft a Milano

QUESTA NON È
UNA PIRAMIDE

Dallo scorso dicembre la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha inaugurato la nuova sede firmata da Herzog & de Meuron, condivisa con Microsoft. Un’architettura che rappresenta l’attitudine a fare delle contraddizioni e difficoltà del nostro tempo il punto di partenza per un’utopia possibile.

Irene Guida

A chi adesso cammini a porta Volta, a ridosso della Chinatown milanese, appare fuori scala una teoria di portali in parallasse come ossa di case abitate da giganti, attraversata da una serie di strutture orizzontali sostenute da pilastri che ricordano le proporzioni monumentali del duomo, la cui verticalità è affondata nel sottosuolo per una porzione quasi uguale a quella fuori terra. L’edificio è occupato su circa 2700 metri quadrati dalla Fondazione Feltrinelli, su 7500 metri quadrati dalla nuova sede italiana di Microsoft. L’edificio appare esattamente come nello schizzo dello

studio Herzog & de Meuron, una struttura a pettine, come una scultura di Donald Judd, progettata a partire dal 2009, ma sognata da almeno dieci anni prima. Nonostante non sia un grattacielo, è un’architettura dalla verticalità potente, giocata sulla forza di contrasti non mediati. Da un lato gli architetti hanno reinterpretato la forma urbana ricostruendola, dall’altro hanno cercato un edificio radicato quanto aereo. La ricostruzione della forma urbana consiste nell’allineamento della teoria di portali alla sede delle mura seicentesche, e nella rievocazione della passeggiata pubblica sopra le mura, come era prima della trasformazione risorgimentale dell’area in un grande vuoto, sede dei magazzini della Feltrinelli Legnami. L’intervento di Herzog & de Meuron è una messa in questione del significato di monumento in architettura, proprio come appare nelle riflessioni dell’ultimo libro del loro maestro Aldo Rossi, Autobiografia scientifica(1). Nelle intenzioni del committente la nuova sede è un sogno realizzato, il segno dell’utopia possibile. Jacques Herzog e Pierre de Meuron da un lato hanno voluto uno spazio trasparente, pubblico, aperto, in cui esterno e interno, struttura e funzione, uso e forma coincidono del tutto, dall’altro hanno mantenuto fede a un impegno pragmatico, immaginando, con il committente Carlo Feltrinelli, uno spazio fisico che incarnasse l’idea di felicità pubblica del XXI secolo. Anche Microsoft - che con i suoi spazi di lavoro abita e usa una superficie maggiore di quella della fondazione - mutua però, dal suo programma, una forte attenzione per lo sviluppo sostenibile, per l’uso della tecnologia al servizio del bene comune.

Per capire meglio la portata e le ambizioni del progetto, è bene ricordare quale ne sia il contesto. È il 1880, quando l’Italia è fatta ma gli italiani no. Cesare Beruto, ingegnere milanese nato nel 1835, disegna i nuovi marciapiedi di Milano, sono grandi blocchi di granito; alti come una sedia, quasi due volte l’altezza di un normale gradino, devono tenere l’altezza del passo dei predellini del tram.


Una struttura a pettine, come una scultura di Donald Judd


Insieme con i marciapiedi, Beruto cambia anche le soglie di ingresso della città che non saranno più le porte delle mura spagnole, ma i nuovi capolinea delle stazioni tranviarie e delle centrali elettriche.


Una veduta dall’alto dell’area dove si trovano le nuove sedi di Feltrinelli e Microsoft.

Giacomo Feltrinelli - prozio dell’editore - è il più grande fornitore, trasportatore e venditore non solo in Lombardia di legno di abete, legname che proviene da vivai spesso di sua proprietà. Egli si spenderà perché le mura siano abbattute e il tram abbia il suo capolinea di fronte al nuovo ingresso del cimitero monumentale. Feltrinelli Legnami ha i suoi depositi a ridosso delle mura, in corrispondenza dell’attuale porta Volta. Cesare Beruto ridisegna i nuovi caselli daziari attraverso i bastioni di porta Tenaglia e prolunga via Alessandro Volta fino a porta Volta. La passeggiata pittoresca del boulevard sopra le mura cede il posto alla corsa di tram su traversine in legno di abete che, sostenuta da una nuova rete di energia elettrica, porterà gli operai e gli impiegati più in fretta al lavoro e prima a casa, rendendo la città più efficiente e liberando suolo urbano.

Giangiacomo Feltrinelli, futuro editore, fonda la Biblioteca poco più che ventenne nel 1949. Gli interessa cambiare la condizione di ineguaglianza per cui chi lavora e produce ricchezza, per quanto si sforzi, è escluso dalla fruizione della medesima. Giangiacomo ha materialmente collezionato tutte le pubblicazioni reperibili del movimento operaio, costituendo il vero patrimonio archivistico che ha originato la casa editrice(2). All’inizio la sede sarà vicino alla Stazione centrale, per poi trovare spazio nella casa paterna dell’editore, in via Romagnosi 3, vicino al duomo.


Alcuni ambienti della Fondazione Feltrinelli: sala di consultazione della biblioteca

Un dettaglio della scala a chiocciola.


Biblioteca.

Herzog e de Meuron hanno elaborato un “modus operandi” basato sull’assoluta aderenza della struttura e dei materiali al loro uso


Del Bo, Procacci, Veca sono le personalità che influiranno di più sull’attività di ricerca di quello che nel frattempo è diventato l’Istituto Feltrinelli. Dal 1974 l’istituto diventa Fondazione, come Giangiacomo Feltrinelli aveva già deciso nel 1972, anno della sua morte(3).
Carlo Feltrinelli, figlio di Giangiacomo, diventa il presidente della Fondazione nel 2009 e i suoi interessi ruotano attorno alle nuove forme del lavoro, ai conflitti globali generati dai problemi ambientali, all’informatizzazione e automazione. Con il nuovo presidente cambia anche la sede, che si decide di costruire proprio sul sedime dei vecchi magazzini dell’azienda di legnami tardo-ottocentesca, nel frattempo abbandonata ai margini della fermata del tram di porta Volta, chiudendo il ciclo di trasformazione delle aree tra il quartiere Isola e corso Como. Microsoft occupa anche una parte consistente dell’edificio, spostando in città dalla periferia milanese la sua sede rappresentativa italiana.


Il dettaglio dell’esterno.

Come Joseph Kosuth - presente nel giorno dell’inaugurazione fino al mese successivo di aprile 2016 con l’installazione Nineteen Locations of meaning - ha lavorato durante tutta la sua carriera per liberare l’arte dalla sua dipendenza dal giudizio estetico, così in tutto il loro lavoro hanno fatto i due architetti svizzeri Herzog e de Meuron. Hanno reso le proprie architetture indipendenti dalla funzione, dal programma, dalla retorica modernista dell’aderenza della forma alla funzione. Hanno elaborato un “modus operandi” basato sull’assoluta aderenza della struttura e dei materiali al loro uso. Per esempio, nell’edificio, l’uso del basamento cambia dall’interno all’esterno, nonostante la forma resti uguale. All’interno diventa sedile coperto dai cuscini per il bar, all’esterno è un basamento che può diventare panca e lo sbalzo dei solai offre protezione dal sole e dalla pioggia. Allo stesso modo, la funzione dei piani dell’edificio cambia, ma la forma no. I materiali sono ripetitivi fino alla noia, ma non genera noia la versatilità funzionale permessa dalla semplicità degli elementi che essi compongono. Dissociando la forma dalla funzione - ma mantenendo la stretta aderenza fra materiale, uso ed evocazione simbolica - questa architettura rappresenta l’attitudine a fare dei conflitti del proprio tempo e luogo un’occasione di ricerca per un’utopia possibile.


Un interno della sede di Microsoft.

(1) Alla ricostruzione filologica del paradosso di un monumento della domesticità - ovvero di un monumento che celebra la vita quotidiana e il lavoro che ha dato forma civile e fisica allo spazio urbano di Milano, insieme all’evocazione della personalità del fondatore in cui vita pubblica e privata hanno perso distinzione - è dedicato il saggio di Luca Molinari nella monografia di presentazione edita dalla Fondazione in occasione dell’inaugurazione.

(2) I primi attriti con Togliatti arrivano con la pubblicazione del Dottor Živago di Boris Pasternak. L’uso che Feltrinelli fa del suo potere di editore, il suo senso illuminista della ricerca, insieme con la critica allo stalinismo implicita nel romanzo e con la parallela accumulazione di materiali di denuncia della repressione bolscevica, renderanno questo libro uno scandalo, restituendo al romanzo la forza politica che aveva avuto alla sua apparizione come forma letteraria.

(3) Vittorio Maggioni è il nome scritto su una carta di identità trovata nella tasca di un cadavere dilaniato da un’esplosione nelle campagne di Segrate (Milano), avvistato da un contadino a passeggio con il suo cane nel marzo del 1972. Si capirà dopo, anche dal pacchetto di sigarette Senior Service sul cruscotto di un furgone Volkswagen poco distante, che quel cadavere appartiene a Giangiacomo Feltrinelli.

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Microsoft Italia

Milano, viale Pasubio 5
www.fondazionefeltrinelli.it
www.microsofthouse.it

ART E DOSSIER N. 346
ART E DOSSIER N. 346
Settembre 2017
In questo numero: GRAFICA ITALIANA La collezione Salce di Treviso; Lanerossi 1817-2017. NUOVI MUSEI Trieste: la fotografia; Messina: il Museo interdisciplinare. IN MOSTRA Intuition a Venezia, Ytalia a Firenze.Direttore: Philippe Daverio