TRA LE DUE GUERRE:
AGENZIE, IMPRESE,
RIVISTE, ESPOSIZIONI

Presto, come auspicato, in effetti si ripartì; e quelli tra le due guerre si rivelarono, per la grafica, anni importanti; contraddistinti da trasformazioni linguistiche e, soprattutto, da consapevolezze nuove.

Consapevolezza propagandistica, evidentemente, per l’espressione di istanze celebrative e politiche decisamente forti; e commerciale, anche, con uno slittamento dell’attenzione pubblicitaria dal soggetto fruitore - di cui si era tentato fin lì di intercettare umori, stupori e sogni - all’oggetto proposto, di nuovo protagonista; e auto-cosciente, infine, ovvero finalizzata a una riflessione su se stessa, sui modi del progettare e produrre pubblicità, sull’elaborazione di strumenti critici e valutativi.

Nell’ambito delle Biennali d’arte decorativa di Monza del 1923, del 1925 e del 1927 furono previste sezioni dedicate alle “arti grafiche” e, insieme a libri, giornali, stampe, rilegature, anche i manifesti murali trovarono il loro spazio. La scelta dei pezzi non era forse impeccabile, e l’emulo Mauzan finiva per ricavarne più gloria del maestro Cappiello; ma si andavano comunque fissando i nomi dei protagonisti e, grazie all’elaborazione critica sollecitata dagli eventi espositivi, anche gli argomenti identitari per l’affermazione teorica di questa attualissima, ormai imprescindibile arte.

Quando, nel 1936, si inaugurò a Roma, nel Palazzo delle esposizioni, la Prima mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria, il passato e il presente della pubblicità illustrata furono squadernati con chiarezza.

Sul fronte degli artisti, innanzitutto, con gli ormai classici Mataloni e Metlicovitz e poi con Dudovich - membro anche della giuria di accettazione - e Cappiello, Carboni, Diulgheroff, Nizzoli ma anche Adolfo Busi, Giulio Cisari, Ferruccio Ferrazzi, Giacinto (Giaci) Mondaini, Giuseppe Riccobaldi, Severo Pozzati (Sepo) e, addirittura, Mario Sironi. E sul fronte degli stampatori, con la sopravvissuta Ricordi e con, tra gli altri, Pizzi e Pizio di Milano, Gros Monti di Torino, Modiano di Trieste. E delle industrie, anche, così da focalizzare gli episodi imprenditoriali allora più forti e impegnati in senso autarchico: Fiat, naturalmente; e Cosulich Lloyd triestino, Snia Viscosa, Ital Raion, Motta, La Rinascente.

Quello che ne emergeva era un mondo figurativo ricco e strutturato, dove l’impegno creativo episodico o casuale era stato definitivamente soppiantato da un lavoro organizzato, di tipo imprenditoriale. Dopo aver fondato la società editrice Star, lo stesso Dudovich era diventato nel 1922 direttore artistico dell’Impresa generale d’affissioni e pubblicità (IGAP) che, con sede a Milano, Roma, Genova, Venezia, si presentava come una vera e propria agenzia pubblicitaria vocata alla cura dell’intera filiera, dalla creazione alla stampa all’affissione. 

Sul modello delle americane Advertising Agency, anche Giuseppe Magagnoli aveva fondato a Parigi, nel 1920, la sua Maga, che aveva una filiale a Milano e offriva ai clienti campagne comunicative preconfezionate, indifferentemente identificate dal marchio aziendale seppur create individualmente dal titolare o da Mauzan, Terzi, Nizzoli, Sepo.
Achille Luciano Mauzan, Hydra crema sovrana per calzature (1922). Mauzan realizza questo manifesto per l’agenzia Maga nel 1922.

Maga, Spumanti Ferrero Torino (1928).

Attivi, questi due ultimi, anche per la ACME-Dalmonte, fondata, sempre a Milano nel 1922, da Luigi Casoni Dalmonte, già direttore artistico a Londra, in Canada e negli Stati Uniti nonché ideatore del primo concorso pubblicitario italiano, per lo slogan del dentifricio Kaliklor.

A dimostrazione dell’impegno metalinguistico, le nuove aziende stampavano riviste proprie a fini commerciali; ma riviste specializzate a carattere più genericamente tecnico-critico erano già nate (nel 1902 “Risorgimento Grafico”, nel 1912 “L’Impresa moderna”) o stavano per nascere: nel 1926, in particolare, “L’Ufficio Moderno”, l’importante periodico nel quale crebbe - fino a diventarne direttore nel 1939 - il pubblicitario e teorico Dino Villani, grande protagonista e mentore di una comunicazione di massa sistematizzata e compiutamente attualizzata.

GRAFICA ITALIANA (1850-1950)
GRAFICA ITALIANA (1850-1950)
Marta Mazza
Un dossier dedicato alla grafica italiana dal 1850 al 1950. In sommario: Il modo italiano: primi passi e sviluppi tra accademia e innovazione; Nando Salce: dalla collezione al museo; La rivoluzione Cappiello e la stagione d'oro di Marcello Dudovich; La Grande guerra; Tra le due guerre: agenzie, imprese, riviste, esposizioni; Comunicazione d'azienda; Verso il graphic design. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.