CATALOGHI E LIBRI

LUGLIO-AGOSTO 2017

CASA MANZONI

Vanta molti meriti la collana “Musei e Gallerie di Milano”, ideata nel 1973 da Carlo Pirovano, che tuttora ne è direttore editoriale ed è coadiuvato, di volta in volta, da studiosi di primo piano (si è invece conclusa nel 1980, con il catalogo della Fondazione Longhi, la corrispettiva serie “fiorentina”, sempre voluta dall’infaticabile Pirovano e diretta da Ugo Procacci). Le riunioni si svolgevano nella “vecchia” sede milanese dell ’Electa, in un loft in pieno centro di Milano, nel quale si entrava da un ingresso simile a un garage. Le due collane hanno costituito negli anni la catalogazione di musei più o meno famosi, con una schedatura delle opere che resta ancora oggi, perfino nel caso dei libri “più antichi”, per così dire, uno strumento imprescindibile per l’avvio a ulteriori studi e approfondimenti. Ecco dunque, in quest’ottica, l ’uscita del libro-catalogo dedicato alla casa milanese di Alessandro Manzoni sotto la direzione scientifica di Fernando Mazzocca, con cui hanno collaborato Mariella Goffredo, Elena Lissoni, Jone Riva, Alessia Schiavi. Divenuta museo nel 1937 sotto l’egida del Centro nazionale studi manzoniani, la casa in via Gerolamo Morone fu abitata dal celebre scrittore a partire dal 1814 fino alla morte, avvenuta nel 1873. L’edificio era stato già trasformato in modo abbastanza robusto dal figlio Pietro Manzoni, che vi era andato ad abitare nel 1861, dopo che il padre era rimasto vedovo. In seguito, scomparsi in gran parte gli arredi originari, l’edificio è rimasto fedele all ’aspetto iniziale solo nella camera da letto e nel suggestivo studio dello scrittore, verso il giardino, mentre l ’originaria biblioteca s’è arricchita col tempo di nuove acquisizioni. Oggi la casa, oltre a essere sede di studi e ricerche, offre un percorso museale che illustra la vita e le opere di Manzoni attraverso dieci ambienti ristrutturati. La documentazione fotografica e le schede del libro rendono conto di un ricco patrimonio legato alla figura dello scrittore: incisioni, abiti, disegni, oggetti di varia natura, tutti studiati e catalogati.

A cura di Fernando Mazzocca saggi di vari autori Electa, Milano 2017 228 pp., 240 ill. b.n. e colore € 110

SENZA UTOPIA NON SI FA LA REALTÀ

Fa piacere che Franco Russoli non sia dimenticato. Nato a Firenze nel 1923, scomparve nel 1977 per infarto. A Milano da vent’anni dirigeva la Pinacoteca di Brera, dove poco prima della sua morte era stato inaugurato un epocale laboratorio con Bruno Munari. Russoli si era formato a Pisa con Sanpaolesi, Marangoni e Ragghianti, e prima ancora della militanza politica e museale (dal 1973 era anche soprintendente della Lombardia) fu docente universitario e studioso, nonché cofondatore dell’innovativa collana “I maestri del colore”. Contribuì, anche, a fondare il Fai e il Ministero dei beni culturali. D’inaudita attualità i suoi scritti sui musei (1952-1977), qui raccolti da Erica Bernardi, cui Sandra Russoli ha affidato gli archivi del padre. Le sue idee potrebbero sintetizzarsi con il motto: museo come scuola e laboratorio, e non miracoloso contenitore di feticci.


Franco Russoli a cura di Erica Bernardi 280 pp., 26 ill. b.n. Skira, Ginevra-Milano 2017 € 38

LA MIA ARTE, LA MIA VITA

La figura umana di Rivera non si discosta dal cliché di persistente traditore, incapace di amare perfino la madre, privo di moralità per propria ammissione. È la prima considerazione che mi viene, da donna, dopo aver letto questo libro ben strutturato e notevole per la messe di notizie sull’artista messicano (1886-1957), che con Orozco e Siqueiros rese celebre nel mondo l’arte dei murales del suo paese. Uscito in inglese nel 1960, il libro è l’unica biografia approvata da Rivera. Lo costruì, ricucendo duemila pagine di appunti, Gladys March, di cui non abbiamo trovato tracce biografiche (tranne un ritratto del 1946 realizzato da Rivera, passato a un’asta). Come racconta Gladys stessa nella prefazione, si era interessata all’acclamato pittore messicano nella primavera del 1944, in occasione di un’intervista. Lui aveva cinquantotto anni, lei non sappiamo, e non sembra sia nato fra loro altro che un duraturo sodalizio che portò la giornalista a raggiungerlo in Messico ogni estate, per registrare ricordi e vita vissuta, conoscere la genesi delle sue opere, dei suoi incontri, dei suoi amori. Lui poi correggeva, precisava, aggiungeva. Le interviste terminarono poco prima della scomparsa di Rivera. La biografia è concepita a due mani e rievoca episodi dall’infanzia alla vecchiaia: racconti, quasi frammenti sull’arte e gli incontri di una vita. L’io narrante è Rivera, e diverse notizie che sempre si leggono su di lui e la sua discussa personalità vengono da questi ricordi. C’è chi, come Elie Faure, lo considerò un mitomane, chi un uomo senza morale (la madre), chi un artista originale (Picasso). Chi lo amò fin quasi ad annientarsi, come Angelina Beloff, autrice dell’intenso ritratto della pluripremiata scrittrice Elena Poniatowska (Caro Diego, ti abbraccia Quiela, Giunti 1993). Chi lo avversò anche politicamente (Siqueiros); chi, dapprima amico, se ne discostò (Trockij); chi distrusse opere che gli aveva commissionato (Rockefeller). E molto altro. Una figura e una vita controversa, come ancora si dice.


Diego Rivera a cura di Gladys March Johann & Levi, Milano 2017 204 pp., XXVI tavv. e 1 ill. b.n € 23

FRIDA KAHLO

Difficile, per una mente femminile, immaginare che un’artista dotata di saldo senso d’identità possa resistere ad amare incondizionatamente o quasi un uomo infedele, concentrato su se stesso e la sua arte. Eppure è accaduto spesso, nel secolo scorso, nonostante l’incipiente emancipazione della donna. Basti pensare a Olga Chochlova, Dora Maar, Jacqueline Roque, rispettivamente ballerina, pittrice, ceramista, ma soprattutto mogli e amanti di Picasso (l’unica a lasciarlo, Françoise Gilot, tuttora dipinge). O alla pittrice Jeanne Hébuterne, che più non dipinse dopo l’incontro con Modigliani, e si suicidò dopo la morte dell’amante, che in qualche modo la istigò al folle gesto di non sopravvivergli. Eppure non ci si sogna di discutere l’ingegno immenso di Picasso o il talento figurativo di Modigliani. Resta nei misteri femminili come Frida Kahlo abbia potuto annientare la propria dignità di donna - e che donna - sposando due volte Diego Rivera, che pure diceva di amarla in modo infinito e di tenere in alta considerazione la sua arte così originale. Frida però ha sempre continuato a dipingere, per fortuna, forse anche, com’è emerso di recente, ad avere altri amanti. Questa bella monografia illustrata, come infinite altre iniziative degli ultimi decenni (mostre, cataloghi, film) rende conto della vita coraggiosa dell’artista indomabile, nonostante le avversità e un fisico minato da un giovanile, devastante incidente. Frida dipinse circa duecento opere che rievocano la genealogia della propria famiglia, l’incidente, l’infanzia, l’amore precoce per Rivera (sposato nel 1929 e risposato dopo il divorzio), i dolorosi aborti indesiderati, il Messico popolare e gioioso, onirico e surreale. Forse il sodalizio con Rivera le dette anche linfa vitale per la sua pittura inconfondibile. Barbezat, antropologa e viaggiatrice canadese, segue le tracce di Frida illustrandone le radici, la casa blu cobalto nella natìa Coyoacán (ora museo), le influenze della cultura messicana. Un approccio intelligente e originale, documentato da belle fotografie dei luoghi di Frida Kahlo, in relazione con la sua arte e al rapporto con Rivera.


Suzanne Barbezat Electa, Milano 2017 178 pp., ill. 120 colore e b.n. € 29,90

ART E DOSSIER N. 345
ART E DOSSIER N. 345
LUGLIO-AGOSTO 2017
In questo numero: ESSERE AVANGUARDIA Cattelan: Permanent Food; MUVE Contemporaneo; Agit'Art in Senegal; Giacometti e Merleau-Ponty. XVII SECOLO La guerra dei tre Caravaggio; Tiziano nel Seicento Europeo. IN MOSTRA Rosenberg a Parigi, Da Caravaggio a Bernini a Roma, Rinascimento segreto nelle Marche, La Menorà a Roma e in Vaticano. Direttore: Philippe Daverio