La pagina nera

CHE DIO CI AIUTI
é GUERRA TRA I LIUTI

Quante sono le versioni del Suonatore di liuto di Caravaggio? Fino agli anni Ottanta si credeva solo una: quella realizzata per il marchese Giustiniani. Poi eccone un’altra ritenuta già del cardinale Del Monte e infine una terza, ora in mostra al Museo del violino di Cremona. Il dibattito è acceso anche tra i musicologi, attenti osservatori dei più sofisticati dettagli tecnici.


di Fabio Isman

In principio era uno, e stava a San Pietroburgo, ancora chiamata Leningrado (in “limine vitae”, Giulio Carlo Argan celiava, o forse non troppo: «Ma ha cambiato nome? L’avessero chiesto a me, avrei proposto San Leninburgo »): venduto a Parigi nel 1808, dagli eredi del marchese Vincenzo e del cardinal Benedetto Giustiniani, ad Alessandro I, zar di tutte le Russie, che per il museo dell’Ermitage acquista anche un centinaio di quadri dalla moglie di Napoleone, Giuseppina. Era l’unico Suonatore di liuto esistente (così, almeno, si pensava) di Michelangelo Merisi detto Caravaggio (1571-1610); media la cessione del dipinto Dominique Vivant barone Denon, primo direttore del Louvre, che anzi quasi fonda. L’opera era mitica: il «più bel quadro che fece mai», scrive Giovanni Baglione già nel 1642, lodando «il giovane che sonava il lauto, che vivo e vero il tutto parea», e «una caraffa di fiori piena d’acqua», in cui il riflesso «di una finestra eccellentemente si scorgeva, e sopra quei fiori eravi una viva rugiada». I Giustiniani abitavano a Roma il palazzo omonimo, vicino a piazza Navona, ora dimora del presidente del Senato. Di fronte, a palazzo Madama (oggi la sede del Senato), in affitto dai Medici viveva il cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte Santa Maria, potente capo della fazione filofrancese della curia però mai candidato al papato - forse per la sua omosessualità - e primo mecenate dell’artista.

«Faccenda complessa, da studiare a fondo»
(Rossella Vodret)


Ed ecco che, nel 1990, salta fuori anche la versione del Suonatore di liuto eseguita da Caravaggio per il prelato. La individua sir Denis Mahon. Era dei Wildenstein: tra i maggiori mercanti al mondo, dal 1928 editori della “Gazette des Beaux-Arts”, ma poi imputati in Francia per una frode fiscale milionaria, «la più lunga e sofisticata dal 1960 in poi», dice l’accusa chiedendo quattro anni di carcere e duecentocinquanta milioni di ammenda; a gennaio 2017, il processo è però archiviato per motivi procedurali.

I dipinti hanno scarse differenze: l’esemplare Del Monte, invece dei fiori, a sinistra ha una piccola spinetta, di una sola ottava, presente negli inventari del porporato; il giovane musico è sempre lo stesso: forse Pedro de Montoya, uno dei ventotto castrati della Cappella sistina, “famiglio” di Del Monte e che dimorava da lui. Nella versione Giustiniani intona il madrigale di Jacques Arcadelt Voi sapete ch’io v’amo, la cui prima lettera è l’iniziale di Vincenzo, nome del committente.

Nell’altra, spiegava Mahon, la partitura raffigura un componimento di Francesco de Layolle, autore omonimo del porporato: due dediche trasparenti. E, tra l’altro, il suonatore lo ritroviamo anche, mentre imbraccia il suo strumento, nel Concerto (I musici) del Metropolitan Museum of Art di New York, esso pure commissionato da Del Monte, passato ai Barberini con un’asta “pilotata” e acquistato nel 1952 dal museo americano: l’anno dopo la famosa mostra con cui, a Milano, Roberto Longhi rivalutò il maestro. Prima, apparteneva a un capitano medico inglese: lo aveva rilevato da un connazionale nel 1947, per la cifra, quasi ridicola, di cento sterline.


Caravaggio, Suonatore di liuto (1597-1598), San Pietroburgo, Ermitage.

Per anni, il secondo Suonatore di liuto è stato esposto al Met, in prestito; forse, fino ai timori legati al processo; ora, potrebbe essere in Svizzera. Pareva che non vi fossero dubbi d’autenticità: i maggiori studiosi dell’artista erano tutti d’accordo; per sdebitarsi e ringraziare, su suggerimento di Mahon, Daniel Wildenstein offrì mezzo milione di dollari per restaurare i cartoni degli affreschi Carracci nel romano palazzo Farnese, esposti alla National Gallery di Londra. E invece no: perché la “guerra dei liutisti” stava appena per cominciare. È infatti venuto a galla un terzo Suonatore di liuto, già noto in passato ma poco visto: restaurato, ha trovato svariati “supporters” pronti a detronizzare, a suo favore, il Suonatore ritenuto già di Del Monte. Infatti, quello ex Giustiniani, cui il nuovo arrivato è molto simile (a sinistra, fiori in una brocca, e nessuna spinetta), non è minimamente in discussione, anche visto il “pedigree” e la vendita diretta.

Fino alla pulitura, questo “nuovo” quadro era ritenuto una copia. Apparteneva a Henry Somerset, III duca di Beaufort, che lo compera in Italia nel 1726 da Antonio Vaini, gran priore dei cavalieri di Malta; e fino al 1960 stava in Inghilterra, a Badminton House. Poi, passa un paio di volte all’asta, a Londra e a New York, nel 1969 e nel 2001. Dello stesso soggetto ci sono anche altre versioni: in una collezione di Parigi (già di una catanese), per esempio; ma sono ritenute copie; la più prestigiosa sappiamo che fu eseguita da Carlo Magnoni per i Barberini: gli fu pagata nel 1642. Per alcuni, l’esemplare Wildenstein potrebbe essere proprio questo, adesso che non pochi si sono convertiti al nuovo arrivato: da Mina Gregori a Claudio Strinati, da Martin Kemp a Clovis Whitfield. Rossella Vodret non s’impegna: «Faccenda complessa, da studiare a fondo; ma l’ex Badminton è un bel quadro». Gregori spiega: «Dopo, anche sir Denis Mahon l’ha ritenuta [questa terza versione] autografa»; e Strinati: «È l’unica versione che risponda appieno a quanto scrivono le fonti più antiche»; nella caraffa, al contrario del quadro Giustiniani, si specchia perfettamente la finestra, di cui parla Bellori; e sui fiori si leggono perfino le gocce di rugiada.


Caravaggio, Suonatore di liuto (1597 circa), Wildenstein Collection, in prestito per anni al Metropolitan Museum of Art di New York.

Di recente, Riccardo Gandolfi ha rintracciato la prima biografia italiana del pittore lombardo, scritta da Gaspare Celio entro il 1614. Ci fa sapere che aveva creato il Suonatore di liuto in casa di Prospero Orsi: verosimilmente, la prima versione, quella per i Giustiniani. Ma quella per Del Monte, qual è? Il musicologo David van Edwards, celebre liutaio inglese, ha esaminato lo strumento nelle varie stesure, e propende per quella “nuova” appartenuta a Henry Somerset, III duca di Beaufort, esposta fino al 23 luglio a Cremona (Museo del violino), nella mostra Monteverdi e Caravaggio. Per lui, l’ex Wildenstein (la seconda tela del Suonatore tra quelle emerse) «è una versione» di quelle dell’Ermitage ed ex Badminton (rispettivamente, la prima e la terza): «Il liuto è stato sostituito » con uno tratto dal Concerto (I musici) del Metropolitan; e giù con una serie di dettagli tecnici: un elemento tipico, il “ponticello” è, per esempio, «simile a un modello del Settecento»; e questo strumento, al contrario di quelli a San Pietroburgo ed ex Badminton, è stato anche «accordato in una maniera del tutto sbagliata».

Più interessante, tuttavia, quanto osserva un altro liutista che si dedica anche all’arte, Giorgio Ferraris. Per lui, l’ex Badminton è una copia, a causa di una serie non breve di “distinguo” e di errori tecnici. In particolare, un elemento dello strumento, la “rosetta”, al contrario degli altri esemplari «sembra intagliata da un liutaio dilettante e alle prime armi»; assomiglia ai liuti «arabi che si trovano sul mercato a Marrakech». Per Ferraris, inoltre, tutti i dipinti in esame sono «una finzione: dalla postura, si vede che il modello non sapeva suonare, né avrebbe potuto farlo». Eppure, Caravaggio «è di una precisione assoluta, quasi fotografica; invece, i suoi dipinti con strumenti ce li mostrano sempre silenziosi; non sono quadri musicali»; nel Concerto (I musici), in alcuni strumenti mancano perfino delle corde. Insomma, è la “guerra dei liuti”; e la si combatte anche a furia di sottigliezze musicologiche e strumentali.


Caravaggio, Concerto (I musici) (1595-1596), New York, Metropolitan Museum of Art.

Monteverdi e Caravaggio

Cremona, Museo del violino
a cura di Fausto Cacciatori, Virginia Villa, Lorenzo Girodo
e Massimiliano Guido
orario 10-18
catalogo Museo del violino
www.museodelviolino.org

ART E DOSSIER N. 345
ART E DOSSIER N. 345
LUGLIO-AGOSTO 2017
In questo numero: ESSERE AVANGUARDIA Cattelan: Permanent Food; MUVE Contemporaneo; Agit'Art in Senegal; Giacometti e Merleau-Ponty. XVII SECOLO La guerra dei tre Caravaggio; Tiziano nel Seicento Europeo. IN MOSTRA Rosenberg a Parigi, Da Caravaggio a Bernini a Roma, Rinascimento segreto nelle Marche, La Menorà a Roma e in Vaticano. Direttore: Philippe Daverio