Grandi mostre. 3
Da Caravaggio a Bernini a Roma

BAROCCO
MI AMOR

Durante la dominazione spagnola, forte fu l’interesse dei sovrani per la pittura e la scultura italiana del Seicento. Tra commissioni, acquisizioni e donazioni il patrimonio delle Collezioni reali crebbe a dismisura. Caravaggio, Reni, Guercino, Bernini sono alcune tra le presenze più prestigiose, insieme agli spagnoli Ribera e Velázquez, che nel nostro paese trovarono una fonte di ispirazione irrinunciabile.

Maurizia Tazartes

Italia e Spagna, due paesi legati dall’arte. Non solo per gli scambi e le influenze tra gli artisti che per secoli viaggiarono da un’area geografica all’altra, ma anche per le opere che passarono tra le due terre. La dominazione spagnola favorì le commissioni e le acquisizioni di opere italiane da parte dei reali di Spagna, Filippo II, Filippo III, Filippo IV, Carlo II e i Borboni. Opere ordinate in Italia mediante viceré, ambasciatori, diplomatici, o donate dai principi italiani. Molte di esse, non confluite nel Museo Real de Pinturas, poi Museo Nacional del Prado, istituito nel 1819 da Ferdinando VII, e rimaste nelle loro sedi (Reales Sitios), furono ereditate dalla regina Isabella II, figlia di Ferdinando VII, che nel 1865 le diede in gestione allo Stato spagnolo, contribuendo a creare il Patrimonio Nacional.

Un ricco fondo collezionistico, da cui provengono i circa sessanta tra dipinti, sculture, bronzi esposti nella mostra romana Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni reali di Spagna (fino al 30 luglio alle Scuderie del Quirinale). La rassegna, a cura di Gonzalo Redín Michaus, presenta opere raramente viste, altre celeberrime, dal tardo Cinquecento alla fine del XVIII secolo, con la loro storia, dalla commissione alla destinazione finale in Spagna.

Emerge un panorama molto interessante, che rivela il gusto dei diversi re e degli aristocratici spagnoli, che non si lasciavano sfuggire le novità italiane ed erano molto attenti agli sviluppi artistici del nostro paese. Le opere si snodano secondo linee cronologiche e di tendenza, da Caravaggio ai pittori napoletani del Settecento, secondo un filo che gioca tra “maniera e natura”, “natura e ideale”, “ideale e accademia”.

Da Caravaggio ai pittori napoletani del Settecento tra “maniera e natura”, “natura e ideale”, “ideale e accademia”


A segnare il passaggio tra la maniera cinquecentesca e il naturalismo caravaggesco c’è una tela di Federico Barocci con la Vocazione di sant’Andrea e san Pietro del 1584-1588, che Giovanni Pietro Bellori nel 1674 ricordava donata a Filippo II dall’ultimo duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere. Un dipinto che, pur essendo stato eseguito a fine Cinquecento, con i forti contrasti di luce ha caratteri prebarocchi, tra maniera e natura.

Caravaggio, con la sua decisa svolta verso il naturale, è rappresentato dalla tela Salomè con la testa del Battista, del 1607, documentata “ab antiquo” come opera del pittore.


Caravaggio, Salomè con la testa del Battista (1607), Madrid, Patrimonio Nacional, Palacio Real de Madrid.

Uno dei fiori all’occhiello della mostra, citato nel 1666 nell’inventario dell’Alcázar di Madrid, con la valutazione di settantotto scudi, piuttosto riduttiva ma rialzata in seguito. Restaurato di recente, il dipinto ha svelato inaspettate bellezze che hanno fatto risaltare la composizione come lo sfondo verdastro e la posizione della spada del boia. Gli studi ne hanno accertato la provenienza dalla collezione del conte di Castrillo, Garcia de Avellaneda y Haro, viceré di Napoli dal 1653 al 1659.

Quasi a contrasto con il naturalismo del lombardo, la Giuditta con la testa di Oloferne della pittrice milanese Fede Galizia mostra un interesse diverso. Punta infatti sulla bellezza di tessuti e gioielli, sete e damaschi. L’eroina, probabile autoritratto, appare lontana e indifferente all’atto truce. L’opera figurava nel 1746 nell’inventario della collezione della regina Elisabetta Farnese nel Palazzo reale della Granja di San Ildefonso. Considerata copia, è presentata ora come originale.

Le sorprese sono molte come un piccolo Crocifisso di bronzo realizzato da Antonio Susini su disegno di Giambologna e donato da Ferdinando I, granduca di Toscana, a Catalina de Zúñiga Sandoval y Rojas, dama di compagnia della regina, per ingraziarsi la corte madrilena e di conseguenza Filippo III che, salito al trono nel 1598, doveva ratificare il dominio dei Medici su Siena e Portoferraio.


Guercino, Lot e le sue figlie (1617), San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional, Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.

A raccontare le oscillazioni tra natura e ideale ci sono alcuni capolavori di Guido Reni, come la splendida Santa Caterina, del 1606 circa, acquistata nel 1723 da Filippo V dalla collezione di Carlo Maratta per il Palazzo reale della Granja di San Ildefonso. O la grande, violenta, spettacolare Conversione di Saulo del 1621 circa, uscita dalla collezione romana Ludovisi per entrare dopo il 1665 nel Real Monastero di San Lorenzo dell’Escorial. A ritirare il dipinto era stato nel maggio di quell’anno l’ambasciatore spagnolo a Roma Pedro Antonio de Aragón. Il diplomatico doveva selezionare i sei quadri che il principe di Piombino, Niccolò Ludovisi, aveva lasciato per testamento nella disponibilità di Filippo IV.

In Spagna era arrivato nel 1681 anche un magnifico Lot e le figlie di Guercino, citato insieme a una Susanna e i vecchioni dello stesso pittore (oggi al Prado) nel Real Monastero di San Lorenzo dell’Escorial. Il dipinto si trovava in origine, cioè prima del 1623, nella Villa Ludovisi a Roma. Malvasia racconta che venne eseguito nel 1617 dal pittore di Cento (Ferrara), insieme ad altri due quadri, per l’arcivescovo cardinale Alessandro Ludovisi, legato pontificio a Bologna. A valutarli settanta scudi l’uno era stato Ludovico Carracci. Ma gli avari Ludovisi non avevano sborsato più di settantacinque scudi per tutti e tre. Il ventiseienne Guercino, giovane e poco agguerrito, si era accontentato.


Grande attrazione della mostra La tunica di Giuseppe di Velázquez


Di capolavoro in capolavoro ci imbattiamo in Simone Cantarini, Emilio Savonanzi, Giovanni Lanfranco sino alla “Roma di Bernini”. Lì a spiccare è Velázquez, con la celebre tela La tunica di Giuseppe, l’altra grande attrazione della mostra. Filippo IV l’aveva acquistata nel 1634 insieme ad altri diciassette dipinti, alcuni dei quali italiani, proposti da Velázquez a Jerónimo de Villanueva, segretario e consigliere del re tra il 1628 e il 1635. Il sovrano pagò per le tele mille e undici reali. Di mano del sivigliano erano appunto La tunica di Giuseppe e La fucina di Vulcano, entrambe degli anni Trenta, che secondo Antonio Palomino erano state dipinte a Roma. Da qui poi furono trasferite in Spagna nel 1634 nel guardaroba del palazzo del Buen Retiro.


Gian Lorenzo Bernini, Fontana dei quattro fiumi (1651-1665), Madrid, Patrimonio Nacional, Palacio Real de Madrid.

Non poteva mancare l’altro grande spagnolo attivo in Italia, Ribera, presente a Roma quindicenne nel 1606 e a Napoli dal 1616. Sei dipinti, freschi di restauro, San Francesco d’Assisi si getta in un roveto, San Girolamo in meditazione, San Girolamo penitente, Giacobbe e il gregge di Labano, San Francesco d’Assisi riceve le stimmate, Ritratto equestre di don Giovanni d’Austria confermano l’altissima qualità del pittore di Xàtiva (Valencia). Opere realizzate a Napoli tra il 1630 e il 1640, ciascuna con la sua storia, che da collezioni private nobiliari spagnole in Italia erano giunte in Spagna.


Diego Velázquez, La tunica di Giuseppe (1630-1634), San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional, Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.


Jusepe de Ribera, San Girolamo penitente (1638), San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional, Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.


Guido Reni, Conversione di Saulo (1621 circa), Madrid, Patrimonio Nacional, Palacio Real de Madrid.

Da Caravaggio a Bernini.
Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni reali di Spagna

a cura di Gonzalo Redín Michaus
Roma, Scuderie del Quirinale
fino al 30 luglio
orario 10-20, venerdì e sabato 10-22.30
catalogo Skira
www.scuderiequirinale.it

ART E DOSSIER N. 345
ART E DOSSIER N. 345
LUGLIO-AGOSTO 2017
In questo numero: ESSERE AVANGUARDIA Cattelan: Permanent Food; MUVE Contemporaneo; Agit'Art in Senegal; Giacometti e Merleau-Ponty. XVII SECOLO La guerra dei tre Caravaggio; Tiziano nel Seicento Europeo. IN MOSTRA Rosenberg a Parigi, Da Caravaggio a Bernini a Roma, Rinascimento segreto nelle Marche, La Menorà a Roma e in Vaticano. Direttore: Philippe Daverio